La pubblicità social e il selfie senza verginità
Undici premi Oscar undici. In una sola foto. Il selfie passa da manifestazione spontanea (?) di adolescenti con labbra prominenti a un livello ulteriore, professionale. Tutto ha un prima e un dopo: da oggi frotte di bimbiminchia dovranno sopportare il confronto impietoso con le star di Hollywood. Belle e talentuose. E le starlette di bassa lega, che non risparmiano ettari di pelle agli allupati follower, dovranno ricordare la grazia di Julia Roberts e l'eleganza di Meryl Streep. E quel numero: 3 milioni di retweet. Un numero cui si deve inchianare anche mr Obama.
Ma l'immagine da Oscar fa di più: toglie il velo a un'ipocrisia. Con lo scatto, lautamente pagato da Samsung, il selfie ha perso la sua (dichiarata) verginità. Addio (finto) spontaneismo di gruppo e pose maliziose "casuali" assunte in nome del dialogo con gli amici social. Trasparenza? Tutt'altro. L'autoscatto a pagamento ha sveltato quello che il selfie è: uno strumento di pubblicità. Non importa se usato per dare in pasto ai fan l'ultima impresa del chirurgo o per mostrare agli amici del paese l'ultimo look. Sempre di pubblicità si tratta, anche se solo di se stessi.
@paolofiore