Linkedin disponibile anche in cinese. Il social s'inchina alla censura
Milioni di utenti valgono una censura. Linkedin sarà disponibile in Cina anche in mandrino. Ma come già accaduto a Google e Yahoo!, il social network ha accettato di sottostare alla censura di Pechino. Gli utenti potranno iscriversi ma non creare gruppi di discussione.
Linkedin è partito dagli alti principi per poi perdere quota: il gruppo "sostiene fortemente la libertà di espressione e disapprova ogni forma di limitazione". Ha spiegato che "le restrizioni saranno attuate solo quando necessarie". Ma non ha potuto fare a meno di ammettere che la censura "è una condizione per poter operare nel Paese". In altre parole: il social network accetta le condizioni di Pechino pur di accedere a un mercato enorme. Fanno troppa gola quei 618 milioni di cinesi che navigano in internet. Un numero monstre, ancor di più se confrontato a quello degli utenti di Linkedin: 270 milioni.
Davanti a cifre come queste, i colossi del web abdicano. Yahoo! ha chinato la testa da oltre un decennio. Anzi, di più, ha fornito informazioni grazie alle quali sono stati arrestati alcuni cyberdissidenti.
Anche Google ha accettato di tacere sulle chiavi di ricerca sgradite al governo. E se fino all’inizio di dicembre, chi digitava uno dei termini proibiti veniva almeno avvisato da un popup in cui si avvisava che il blocco non derivava da Mountain View, ora è scomparso ogni messaggio. Chi, dalla Cina, cercasse "democrazia" o "libertà" verrebbe stoppato senza alcun avviso.
E gli altri social network? L'apertura di una zona franca a Shangai si è rivelata una bufala. Twitter e Facebook sono ancora fuorilegge.