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Rai, interviene il Collegio sindacale. Erano in 600 al Festival di Sanremo

Il collegio sindacale della Rai vuole vederci chiaro sulla trasferta dei dirigenti dell’azienda a Sanremo, finita al centro di un’interrogazione parlamentare del Pd. Per questo - scrive il Corriere della Sera - avrebbe chiesto al consiglio di amministrazione dell’emittente pubblica, in particolare all’ad Fabrizio Salini, di conoscerne i particolari. Il collegio guidato da Carmine Di Nuzzo, ispettore generale della Ragioneria dello Stato, e composto da due dirigenti del ministero dell’Economia, Giovanni Ciuffarella e Maria Teresa Mazzitelli, si sarebbero mossi sulla scorta dell’interrogazione parlamentare.

Rai, interviene il Collegio sindacale. Erano in 600 al Festival di Sanremo


Una decisione che in azienda qualcuno definisce «atto dovuto» poiché si tratta di dubbi sulla buona gestione dell’azienda che il collegio non potrebbe ignorare. I tre membri avrebbero chiesto conto del numero dei dirigenti in trasferta, del loro ruolo e incarico durante la manifestazione e, naturalmente, in presenza di familiari e componenti dello staff, di chi ne abbia coperto le spese. Le informazioni dovranno essere presentate nel consiglio di amministrazione del 21 febbraio. Sul punto ci sono state nei giorni scorsi alcune repliche informali dell’azienda, secondo cui tutti i dirigenti eidipendenti presenti avrebbero avuto un compito da svolgere nella settimana sanremese.

Quanto ai parenti, avrebbero coperto in autonomia le proprie spese. La pattuglia dei presenti alla manifestazione canora supererebbe le 600 unità, circa un centinaio più dell’anno scorso A propria difesa, sempre informalmente, l’azienda aveva spiegato che quest’anno il perimetro della manifestazione si è molto allargato, andando a coinvolgere settori prima mai toccati dall’evento. Basti pensare al ruolo primario assunto da RaiPlay che ha trasmesso per la prima volta il Dopofestival. Ma anche alla presenza «diffusa» della manifestazione sul territorio cittadino. Certo, qualcuno avrebbe fatto notare l’insolita presenza del responsabile dell’Audit, del direttore dei Diritti sportivi o di Rai Parlamento, come anche l’ampiezza dello staff del presidente Marcello Foa, tra capostaff, consigliere della comunicazione, addetta stampa e segreteria di Governance. La polemica si incrocia con la tensione che ancora regna in azienda, malgrado il successo di Sanremo, collegata alle prossime nomine, all’ordine del giorno proprio nel cda del 21 febbraio. In quella sede si vedrà se Salini saprà recuperare la fiducia del Pd che lo accusa di aver rinviato le nomine per troppo tempo. Nel mirino in particolare c’è il Tg1, oggi guidato da Giuseppe Carboni sul quale il M5S ancora non prende una posizione univoca.
 

Rai, interviene il Collegio sindacale. Erano in 600 al Festival di Sanremo

Stavolta non sono un centinaio - si legge su Il Messaggero - ma sei volte di più - almeno 634 secondo i calcoli che girano - i protagonisti Rai dell’assalto al festival di Sanremo. Vado all’Ariston perché sono fratello di, sorella di, cognato e genero o generone di, ma anche moglie o ex moglie o nonna di, cliente di, vassallo o valvassore o valvassino del sottocapo tal de’ tali, dell’amico dell’amico dell’ad o del dg o del galoppino Usigrai o di chiunque abbia uno strapuntino o abbia avuto uno antenato o vanta un discendente tra Viale Mazzini e Saxa Rubra.


La carica dei 600 è una commedia all’italianissima. Che era molto semplice da spoilerare guardando il festival degli sprechi. Con le telecamere aziendali impazzite e più concentrate sulla folla di famiglie e famigli che sui cantati in gara. Più vogliose di glorificare l’apparato dirigenzial-amicale di potere sotto il palco, sicuro della propria impunità come è tipico di ogni nomenklatura, che attente a ciò che accadeva sulla presunta scena principale. E comunque: è sceso ora in campo il collegio sindacale della Rai - composto da un ispettore capo della Ragioneria generale come presidente e da due alti funzionari del ministero del Tesoro - e ha deciso di fare le pulci all’amministratore delegato Salini per l’esorbitante partecipazione dei 600. Risultati in eccesso perfino in un festival monstre dove tutto s’è gonfiato anche con qualche trucchetto (l’interminabile ultima serata in favore del picco di share) e in cui la lievitazione dei partecipanti extra cerimoniale ha raggiunto il record storico: mai così tanti e oltre 100 in più rispetto allo scorso anno. Ma chi ha pagato? Perché famiglie e famigli e staff e sotto staff o pseudostaff erano lì nelle poltronissime? E a fare che cosa oltre che a pavoneggiarsi in un status indebito o farlocco?


Il Tesoro vuole vederci chiaro. Non gli basta la risposta arrivata dal Settimo Piano giorni fa, quando gli spettatori più attenti e più sensibili ai soldi pubblici e alla decenza nazionale avevano avanzato dei dubbi: non è che avete esagerato imbarcando tutti all’Ariston? Macché, paga ognuno di tasca propria: questa la replica di Viale Mazzini. Lacunosa o depistante, evidentemente. I fari contabili adesso si sono accesi, e già l’ad Rai è nel mirino del ministro Gualtieri - i due si sono visti di recente e Salini deve elargire qualche poltrona importante al Pd, sennò rischia - e questa ennesima tegola se la sarebbe volentieri risparmiata. Ma la gestione del festival è stata come minimo pasticciata e gli ascolti non bastano a ricoprire di zucchero un evento le cui criticità in pochi hanno avuto voglia di vedere perché - ma basta con questa litania! - Sanremo è Sanremo.

La carica dei 600 è avvenuta oltretutto a scapito di un’azienda che già non se la passa bene, considerando i 65 milioni di perdite previste nel 2020. Il 21 febbraio, nel prossimo Cda, quello delle nomine importanti, all’ad toccherà dimostrare che gli imbucati non sono imbucati. Un problemaccio quasi più difficile che scegliere il prossimo direttore lottizzato del Tg1 e certamente più a rischio impopolarità. 
 

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