Rcs, Sole, Segrate: nella vecchia editoria ia-ia-o...

@andreadeugeni
Poteri forti? Sempre più morti, a dir la verità... Sì perché un'epoca sembra davvero finita.
E' infatti giunto il tempo della resa dei conti: quelli in corso sono i giorni della rivoluzione per l'editoria italiana, che per anni ha nascosto i problemi e ormai non può più permettersi di farlo. Rcs, Il Sole 24 Ore e Mondadori: il business dell'editoria cartacea è arrivato al capolinea e il pesante crollo della pubblicità ha accelerato la morte di un modo di fare impresa regolato da vecchie logiche di potere e di lobbying. Tutto fuorché industriali. Strategie che, come dimostra invece la lettera inviata nei giorni scorsi dal direttore del Financial Times ai propri giornalisti, saranno d'ora in poi preminentemente online. La carta, sempre che resista, sarà marginale. Un'appendice. Chi non lo capisce è finito. Fuori dal mercato. Figuriamoci, poi, chi esce pure dal dualismo carta-web nel gestire l'intrapresa editoriale con logiche che agli occhi degli investitori anglosassoni appaiono perlopiù da pollaio, con tanto di porte sbattute in faccia nei ristretti club di controllo e interviste di reazione che lanciano strali verso gli schieramenti opposti.
Oggi, in particolare, a scolpire la parola RIP (acronimo che sta per rest in peace, riposa in pace) sulla lapide dell'editoria cartacea sono state tre novità significative. La prima: lo scioglimento anticipato del patto di sindacato Rcs entro la fine di ottobre, senza aspettare la scadenza ufficiale fissata a marzo 2014 (e pensare che per anni i grandi gruppi finanziari hanno fatto a gara per entrare nel salotto buono di Via Rizzoli. Ingresso che dava prestigio a chi si accomodava, ma che restituiva ben poco però in termini di Roi, return on investment. Senza citare le meteore alla Stefano Ricucci, giovane immobiliarista accecato da sogni di gloria post-scalata all'empireo della finanza tricolore e caduto in disgrazia per aver provato a spodestare i poteri forti).
La seconda è la mossa del Gruppo Sole 24Ore, holding che, secondo le indiscrezioni raccolte da Affaritaliani.it, intende fare cassa vendendo 24 Ore Software, la controllata del gruppo nata dalla fusione delle software house acquisite tra il 2007 e il 2012 e riunite poi sotto un unico marchio. Il motivo? Mettere una pezza alla pericolosa deriva che hanno preso i conti del gruppo di via Monte Rosa che dal 2010 non fa altro che bruciare liquidità.
La terza notizia significativa è quello che sta avvenendo a Segrate grazie alla spinta di Ernesto Mauri: il consiglio di amministrazione di Mondadori Pubblicità ha attribuito le cariche di presidente e di amministratore delegato a Mauri. Come anticipato da Affaritaliani.it, l'ex numero uno dell'advertising Angelo Sajeva ha rassegnato infatti oggi le dimissioni.
Infine, l'aggregazione fra Publikompass e Rcs Pubblicità, sempre più in sintonia, consentirà agli Agnelli, la famiglia che controlla la Stampa e che è anche azionista forte di Via Rizzoli con oltre il 20%, di realizzare importanti sinergie in un comparto, quello della raccolta pubblicitaria, che langue e di dare senso al rilancio dell'investimento in Rcs da parte dei proprietari della Fiat (che c'azzeccano infatti i motori con i giornali?).
Se nel Palazzo romano con la caduta di Berlusconi si è appena chiuso un ventennio di scontro fra poteri politici, nell'editoria, allo stesso modo, si è chiuso un trentennio, sempre di scontro ma fra potentati economico-finanziari, iniziato negli anni '80 con lo scandalo P2 al CorSera e la battaglia di Segrate fra il Cavaliere e Carlo De Benedetti. Per almeno trent'anni, però, i giornali si sono trasformati in luoghi di lobby del potere. Per nulla liberi.
Ora, grazie alla crisi, i nodi sono venuti al pettine e i potentati finanziari sono dovuti tornare al loro core business, preservando i loro denari per rilanciare le loro imprese, sciogliendo anche i patti e i contropatti. Così, adesso che la recessione ha messo a dura prova i bilanci dei gruppi editoriali tricolori, l'Italia forse riuscirà a scoprire la libertà di stampa nei media. Santa crisi. Una catarsi. L'anno zero dell'editoria.