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Usa 2020: Trump, 4 anni di guerre contro i media: giornali, tv, colossi social

Dalla polemica sulla cerimonia di insediamento ai media ‘nemici del popolo americano’
Usa 2020: presidenziali in dirittura di arrivo, o quasi…
Con il 3 novembre ormai alle porte, lo scontro tra il presidente in carica Donald Trump e il candidato democratico Joe Biden, per l’elezione del 46esimo presidente degli Stati Uniti, è in dirittura di arrivo. Ma “Sleepy Joe”, come lo chiama lui, non è l'unico rivale del tycoon statunitense che dal 2016 siede alla Casa Bianca.
Trump si difende sul Covid contro i media: "Cospirazione"
Di recente Trump si è difeso dalle accuse di cattiva gestione dell'epidemia di Coronavirus, definendole una "cospirazione dei media corrotti". "I Fake News Media stanno cavalcando Covid, Covid, Covid fino alle elezioni. Perdenti!" ha twittato. "Ci sono molti giovani che guariscono molto velocemente. La cospirazione dei media corrotti è al massimo. Ma il 4 novembre il tema cambierà totalmente. Votate!".
Quella volta che Trump fece guerra alla stampa americana
Ma non è stata la prima volta, né l’ultima, che Trump ha attaccato i mass media. Sin dall’anno del suo insediamento alla Casa Bianca, di accuse contro i colossi dell’informazione e i grandi gruppi tecnologici ne sono volate tante. Già nei primissimi giorni lo staff si scagliò contro la stampa americana che, dopo aver confrontato la sua cerimonia di inaugurazione presidenziale con quella di Obama nel 2009, smentì la “partecipazione più grande di sempre” da lui decantata. Trump rispose definendo i media “disonesti”, “fuori controllo” e al servizio di "interessi speciali", e twittando un duro messaggio contro il New York Times, la Nbc, la Abc, la Cbs e la Cnn che li chiamava “nemici del popolo americano”.
Trump all'attacco dei media che "diffondono fake news"
Nell’ennesimo attacco, dal podio della Conservative Political Action Conference (Cpac), il più grande raduno annuale degli attivisti conservatori, Trump accusò la stampa di essere responsabile della diffusione di fake news tramite fonti anonime. “’Io amo il primo emendamento’ sulla libertà di espressione: ‘Chi lo utilizza più di me?’ – dichiarò (Corriere, febbraio 2017) – ‘Noi lottiamo contro le fake news...loro (i giornalisti) non hanno fonti. Semplicemente le inventano quando non ne possiedono’”, suggerendo che alla stampa ‘non dovrebbe essere consentito’ utilizzare fonti anonime.
Le stesse che avevano diffuso notizie di contatti tra il suo entourage e l'intelligence russa durante la campagna elettorale, che in seguito la Casa Bianca, tramite Priebus, chiese all'Fbi di smentire pubblicamente ma che il Federal Bureau of Investigation non smentì. Non si fece attendere nemmeno il tweet del presidente: "L'Fbi è totalmente incapace di fermare gli autori delle fughe di notizie, riguardanti la sicurezza nazionale, che hanno permeato a lungo il nostro governo. Non riescono a trovare una talpa neppure all'interno della stessa Fbi. Ai media sono date informazioni classificate che potrebbero avere un effetto devastante sugli Usa”.
Cnn e Nyt cacciati dal briefing alla Casa Bianca
Sempre nello stesso periodo del 2017, i corrispondenti del New York Times, della CNN, del Los Angeles Times e di Politico furono esclusi dal briefing ristretto alla Casa Bianca convocato dal portavoce del presidente, Sean Spicer. Con altre testate, come l'Associated Press e il Time, che in segno di solidarietà decisero di boicottarlo. Immediata fu la reazione di Dean Baquet, direttore esecutivo del Nyt, che commentò: "Nulla del genere è mai successo alla Casa Bianca nella nostra lunga storia della copertura di più amministrazioni di partiti diversi". E, tra le altre, della Cnn: "Uno sviluppo inaccettabile da parte della Casa Bianca di Trump”.
Trump cancella gli abbonamenti al Nyt e The Washington Post
Il rapporto turbolento con i media diventa una costante negli anni della sua presidenza. Nel giugno 2019, criticato dai media per il modo in cui aveva gestito l'accordo con il Messico, Trump si scaglia nuovamente contro il New York Times e la Cnn, e lo fa ancora una volta dal suo account Twitter: “Faranno tutto il possibile per vedere il nostro Paese fallire! Sono davvero i nemici del popolo”.
All’ottobre dello stesso anno, risale la notizia dell’interruzione degli abbonamenti della Casa Bianca a The New York Times e The Washington Post. La comunicazione viene data dalla portavoce Stephanie Grisham: "Si tratta di un risparmio considerevole per i contribuenti". "Sono convinto che i giornalisti del New York Times e del Washington Post continueranno a fare giornalismo di qualità senza preoccuparsi se il Presidente li legga" aggiunse, dall'associazione dei corrispondenti, Jonathan Karl.
L’uso di Twitter
Twitter entra in gioco in molti dei momenti più controversi della presidenza di Trump, utilizzato indiscriminatamente dal presidente nonostante dai più è stato ritenuto ‘poco convenzionale’ alla carica. Wired nel 2019 osservava che è abitudine del presidente twittare “una media di 9,3 volte al giorno”, anche su questioni di notevole importanza: “Il 20 maggio ha quasi dichiarato guerra all’Iran via Twitter”.
‘Fake News Awards’
E’ proprio un tweet ad annunciare, all’inizio del 2018, i "Fake News Awards”, inventati provocatoriamente da Trump e proposti con un elenco di 11 presunte notizie false seguito da un lista in 10 punti dei “risultati ottenuti dal presidente”. Fu ‘riconosciuto’ il primo premio a “Paul Krugman del NYT” per aver “affermato nel giorno della vittoria storica e schiacciante del presidente Trump che l’economia non si sarebbe mai ripresa”. Il secondo premio ad Abc News: “‘Brian Ross di ABC News con le notizie false soffoca i mercati e li manda in una spirale discendente’”. ”Al terzo posto la CCN” per aver “riferito falsamente che il candidato Donald Trump e suo figlio Donald J. Trump Jr. avevano accesso a documenti compromessi da Wikileaks” (Panorama, 19 gennaio 2018).
Ultimi contrasti con Facebook e Twitter
Non solo media tradizionali. Trump ha un rapporto bellicoso anche con i social media made in Usa. Uno degli episodi che ha ricevuto grande eco è quello che ha interessato Facebook e Twitter, dopo un post in cui Trump paragonava l'influenza stagionale al Covid-19, invitando gli americani a imparare a conviverci. In seguito alla censura del post da parte dei due social, 2 ore dopo Trump scrive su Twitter: "Abrogare la 230". “Una clausola – spiega l’Agi - del Communications Decency Act, inserita nel 1996, che permette ai social di non essere ritenuti responsabili, davanti alla legge, dei contenuti online pubblicati dai loro utenti”, e la cui abrogazione di fatto “intaserebbe gli uffici legali delle piattaforme, di cause e ricorsi di persone che si ritengono offese dai post di altre persone”. Ma il primo intervento diretto di Twitter su un suo post risale a 6 mesi prima, quando (in linea con le nuove politiche della piattaforma contro la disinformazione) il social oscurò un tweet che “paventava il rischio di brogli nelle votazioni via posta”.
Una cosa è certa: nella notte del 3 novembre, quando (forse) sapremo se resterà alla Casa Bianca oppure no anche nel 2021, Trump farà una cosa che ha sempre fatto: scrivere su Twitter.