MediaTech
Yahoo!, fuori dalla Cina solo le briciole: cosa farà da grande?

Questa è la storia di una nobile decaduta. Non sappiamo ancora come andrà a finire, ma una cosa è certa: Yahoo! dovrà abbandonare l'ambizione (che i fatti hanno già messo da parte) di essere un grande competitor di Google e fare una scelta: decidere che cosa farà da grande.
Yhaoo addio?
La bomba è stata sganciata dal Wall Street Journal: il cda guidato da Marissa Mayer sta valutando la possibilità di vendere le attività core, cioè le mail e le news. Sarebbero le sole attività proprie che valgono qualcosa (secondo gli analisti 3,9 miliardi di dollari). Il motore di ricerca è clinicamente morto. Nato tre anni prima di Google, è stato asfissiato da Mountain View e non ha spazi di manovra.
Di fatto, vendere le attività core significherebbe scomparire dal mercato di uno dei pionieri del web. Un'alternativa c'è e si chiama Alibaba. Il gigante cinese dell'e-commerce va a gonfie vele. E Yahoo! possiede 400 milioni di azioni. Un tesoretto che, però, nasconde alcune insidie.
Una bolla di presunzione
Ormai, lontano dalla Cina, restano solo le briciole. La capitalizzazione di Yahoo si aggira intorno ai 33 miliardi di dollari. Più o meno il valore della sua quota in Alibaba. Un'azione della piattaforma cinese vale più di 82 dollari. Una di Yhaoo meno di 35,5: da inizio anno ha perso un terzo del suo valore. Negli ultimi 3 anni ha licenziato 3 mila dipendenti e nel 2015 ha registrato un crollo degli utili del 90%.
Sono lontani i tempi delle quotazioni da bolla di fine '99, quando un'azione di Yhaoo! valeva più di 100 dollari. Ma non serve andare così indietro nel tempo per capire quante occasioni siano state perse. Nel 2008 il titolo era già sceso sotto quota 20 dollari. Steve Ballmer, ceo di Microsoft, si presentò di fronte al co-fondatore Jerry Yang con un'offerta da 44,6 miliardi di dollari e un premio superiore al 60% sul prezzo del titolo. Offerta rispedita al mittente dopo un lungo tira e molla.
Yang fu accusato di sopravvalutare il proprio gruppo e criticato dagli azionisti. A tal punto da abbandonare la poltrona di ceo. Da allora, Yang e compagna hanno avuto dalla loro solo argomento: Alibaba. Oggi, però, il valore delle attività core si è eroso a tal punto da rendere la valutazione di Yahoo inferiore al prezzo fatto da Microsoft. Nonostante il successo di Jack Ma.
La strada a ostacoli di Marissa Mayer
Yhaoo ha due risorse. Una molto ricca (la partecipazione cinese); l'altra più esigua (le attività core). Se cedesse queste ultime, diventerebbe una sorta di remora, aggrappata ad Alibaba. In questo caso, però, ci sarebbe il problema della remunerazione degli azionisti, che spingono per la liquidazione della partecipazione. Vendere a Jack Ma e ridare slancio al gruppo significherebbe però passare sotto la ghigliottina del fisco americano, che dimezzerebbe l'incasso.
A gennaio Marissa Mayer aveva tirato fuori dal cilindro l'opzione spin-off: una nuova società, quotata in borsa, nella quale travasare il tesoretto Alibaba. In questo caso, la nuova società sarebbe una società d'investimenti e ripagherebbe gli azionisti di Yahoo non liquidando ma con un dividendo. Anche qui, però, c'è un intoppo: il fisco americano non si è pronunciato sulla questione. E non è ancora chiaro se, anche con la creazione ad hoc di una NewCo, Yhaoo debba versare nelle casse pubbliche una parte sostanziosa del proprio tesoro. Massimo sforzo e minimo risultato. È possibile che Mayer temporeggi in attesa di capire se la soluzione spin-off sia davvero percorribile.
Yhaoo decida cosa fare da grande
La scelta dovrà essere dettata da una domanda: “Che cosa farò da grande?”. È questo che Yhaoo deve decidere. Non è più un grande motore di ricerca. Ha in pancia Tumblr ma non ha spazio e risorse sufficienti per trasformarsi in un grande player social. La sua primazia sul web è svanita da tempo. E allora: incasserà la quota di Alibaba e si scioglierà? Venderà mail e news e si trasformerà in una società d'investimento? C'è una terza opzione che consentirebbe di conservare le attività core: Yhaoo ha ancora un numero consistente di account e-mail e una solida rete di portali e siti d'informazione. Ecco allora che potrebbe diventare una media company. A patto di abdicare al trono del web e ridisegnare il proprio perimetro d'azione.