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Medicina
1 milione di valvole cardiache l'anno per aiutare i pazienti

Tra Nord America ed Europa vengono impiantate circa 450.000 protesi cardiache biologiche all’anno ed entro il 2050 è previsto che ne vengano impiantate circa un milione, per via dell’invecchiamento della popolazione e l'aumento delle patologie a causa dei cambiamenti dello stile di vita. 

Le infezioni batteriche sono una delle cause che contribuiscono alla degenerazione precoce dei sostituti valvolari cardiaci. L’incidenza dell’insorgenza di endocarditi nel mondo occidentale a carico di valvole biologiche è stimata essere del 5%-8% circa e risulta strettamente correlata ad episodi di embolia, ictus, batteriemia persistente e morte del paziente. La presenza conclamata di infezione batterica viene trattata con una terapia antibiotica mirata ma, quando un trattamento antibiotico prolungato non è sufficiente, è necessaria la sostituzione della valvola chirurgica colonizzata dai batteri.

La chirurgia viene attualmente eseguita nel 50-60% dei pazienti con tassi di sopravvivenza a 6 mesi dell’80%. Nonostante i notevoli miglioramenti nella diagnosi e i sempre più elevati standard di sicurezza degli interventi chirurgici la mortalità ad un anno è però rimasta pressoché inalterata nelle ultime due decadi (attorno al 10% dei casi di infezione conclamata). 

In Italia è stata sviluppata una soluzione biotecnologica che impedisce l’infezione delle valvole cardiache di tipo biologico. La scoperta è il risultato di uno studio condotto da BCI-Biocompatibility Innovation, un’azienda di giovani biologi e ricercatori nata ad Este, in provincia di Padova, che fa ricerca in Italia.

La “ricetta”, come amano definirla, considerando i numeri è destinata a incidere in maniera determinante sia dal punto di vista sanitario che economico-sociale. 

Il board scientifico del progetto è di primissimo livello ed è formato formato da cardiochirurghi di fama internazionale quali Massimo Massetti, Ivan Vesely, Piergiorgio Bruno, Sotirios Korossis, Michele Spina ed Enrico Pasquino.

“La nostra tecnologia – afferma Filippo Naso, Ctio di BCI – si è dimostrata efficace nel contrastare la capacità adesiva dei batteri sulla supecerficie della protesi, impedendone la colonizzazione e contrastando alla radice lo sviluppo di endocardite”. 

“Ma non solo – continua Naso – la nostra ricetta impedisce le calcificazioni delle valvole, calcificazioni che si presentano nel 50% delle protesi biologiche e portano alla sostituzione mediamente dopo 10/12 anni dall’impianto. Con la tecnologia di BCI la durata della protesi di fatto raddoppia, arrivando ai 20 anni”.

 

Sulla ricetta “Made in Italy” ora si sono posati gli occhi di grandi multinazionali americane e cinesi. “Come detto – spiega Alessandro Gandaglia, Ceo di BCI – in occidente i costi sociali rispetto al trattamento di queste patologie sono molto importanti per il sistema sanitario, circa 14 miliardi/anno e sono destinati ad incrementare ulteriormente. Con la nostra tecnologia, allungando il tempo di durata della valvola, abbiamo stimato che riusciremmo a ridurre di circa il 25% questi costi sociali, abbattendo la numerosità dei reinterventi di rimozione di una valvola già impiantata e diventata disfunzionale”.

 

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