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Medicina
Endometriosi: l’intervento chirurgico non è più l’unica soluzione possibile
Felice Petraglia

È in corso a Firenze il Congresso della Società di endometriosi e disturbi uterini (SEUD - Society of Endometriosis and Uterine Disorders), organizzato per fornire una piattaforma scientifica internazionale in grado di supportare una migliore gestione delle malattie ginecologiche benigne.

 

Nel corso del Congresso, Bayer Italia ha organizzato il simposio “Endometriosi: back to the future”, focalizzato sulla patologia che colpisce 3 milioni di donne e che registra un ritardo diagnostico tra i 5 e i 10 anni.

 

L’endometriosi è una malattia determinata dall’accumulo anomalo di cellule endometriali fuori dall’utero (invece che all’interno di esso). Quando si verifica questa anomalia, il corpo della paziente sviluppa infiammazione cronica dannosa per l’apparato femminile, che si manifesta tramite forti dolori e sofferenze intestinali.

 

Questi dolori si manifestano durante i rapporti sessuali, ma anche durante il periodo mestruale e premestruale e nel periodo dell’ovulazione: insieme a una condizione cronica di dolore pelvico e stanchezza fisica, tali manifestazioni rappresentano il quadro sintomatico tipico della patologia.

 

Tuttavia, una corretta diagnosi può essere effettuata solo da uno specialista, attraverso esami che possono variare in base al caso specifico: visite ginecologiche, esplorazioni rettali, diagnostica per immagini quale la risonanza magnetica, ecografie pelviche transvaginali ed esami del sangue specifici.

 

L’endometriosi, che dal 2017 rientra nei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) è una patologia invalidante, con costi in termini personali e sociali molto alti, tra rischio di infertilità e giornate di lavoro perse: a livello europeo si calcola che ammonti a 30 miliardi di euro la spesa per congedi lavorativi.

 

La cura tradizionale è di tipo chirurgico, con l’asportazione dell’endometrio in laparoscopia, senza intaccare l’apparato genitale.

 

Durante il simposio “Endometriosi: back to the future”, sono state prese in esame le nuove potenzialità terapeutiche connesse alla commercializzazione in Italia del progestinico dienogest. Ne abbiamo parlato con Felice Petraglia, professore ordinario dell’Università degli Studi di Firenze e uno dei massimi esperti in Ginecologia e Ostetricia, nonché Presidente del 4° Congresso e membro del Board SEUD di Firenze.

 

“Questo settore terapeutico è in fase di trasformazione”, ci ha spiegato. “La terapia chirurgica fino a qualche anno fa sembrava l’unica via, ma la pratica clinica ne ha dimostrato i limiti. In molti casi, ci sono state recidive che hanno portato alcune pazienti ad essere operate anche cinque volte, perché purtroppo la malattia ritorna”.

 

“Dall’inizio del millennio, sono allo studio soluzioni alternative e almeno sei o sette grosse aziende farmaceutiche attualmente stanno valutando terapie differenti. Bayer è stata la più rapida, visto che l’introduzione del dienogest, avvenuta 2/3 anni fa, ci sta dando veramente una grossa mano”.

 

“La cura farmacologica ha infatti una grossa efficacia nel placare quei dolori che altrimenti possono essere davvero invalidanti e danneggiare la qualità della vita delle pazienti. Una volta noi medici dovevamo essere più aggressivi e ricorrere subito all’intervento chirurgico. Adesso, grazie a questo ausilio, possiamo rimandare l’operazione e valutarla meglio nei tempi. In alcuni casi, non si rivela nemmeno necessario eseguirla, perché il problema si risolve. Questo è veramente un cambiamento epocale sia per le donne, sia per noi ginecologi, perché non è mai bello eseguire interventi che poi non risultano risolutivi”.

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