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Milano
Berlusconi riapre l’Università delle Libertà: ecco i casting e il progetto

di Paola Bacchiddu

La grande scommessa politica di Berlusconi - in attesa dell'esito del referendum costituzionale e in un momento di grande confusione generale - sembra puntare sul futuro e sulla rigenerazione dell'intera classe partitica, interna a Forza Italia.  Ecco perché, mentre si esercita nella sua strategia prediletta - tenere i piedi in più scarpe – il Cavaliere dialoga con tutti, ma al contempo prepara il suo personale piano politico che darà legittimazione alla sua storia nell'amministrazione di questo paese: secondo quanto può riferire Affaritaliani.it Milano riaprire l'ex Università delle Libertà, un suo vecchio sogno lanciato nel 2007 a Villa Gernetto, davanti a Bill Gates, Bill Clinton e George W. Bush.

Un progetto, questo,continuamente interrotto, ma che oggi sembra acquisire un senso ancora più urgente: creare un bacino che formi una nuova classe politica interna a Forza Italia, dopo le macerie fumanti lasciate a terra dalla disgregazione del partito. Ecco perché il Cavaliere, mentre invia lettere di sostegno alle piazze di Firenze (dove Salvini lancia la sua candidatura a leader, accanto a Toti ) e di Padova (dove Parisi ammonisce che si candiderà a capo di un'area riformista e moderata per arginare l'avanzata delle destre populiste), annuncia al contempo - negli incontri a porte chiuse di qualche settimana fa, a Villa Gernetto, per cercare nuovi volti televisivi e politici - l’intenzione di riavviare l'Accademia azzurra.

Incontri (prima uno ristretto di 25 persone, poi uno più ampio di circa 100 invitati), senza preclusioni: aperti in maniera trasversale ad amministratori locali, sindaci, giovani imprenditori, avvocati, professionisti, di Forza Italia, ma anche di destra e liberali. Tanto che nel parterre era facile incontrare il giovane sindaco di Rapallo, Carlo Bagnasco, in quota Toti, così come l'ex missino, poi in Pdl, Guido Castelli, sindaco di Ascoli. E insieme a loro anche il sindaco forzista di Pietrasanta, Massimo Mallegni, Stefano Mugnai (attuale consigliere della Regione Toscana, candidato lo scorso anno a presidente per Forza Italia, ma sostenuto anche dalla Lega), Pietro Tatarella (giovane recordman di preferenze alle ultime amministrative di Milano, e oggi consigliere in Comune), Gloria Zanardi (brillante avvocatessa di Piacenza, e coordinatrice cittadina del Pdl), Gianpiero Zinzi, ex Udc, e attuale consigliere regionale in Campania per Fi e Marco Bestetti, presidente del municipio 7 di Milano. 

Ma non sono mancati anche i giovani della squadra iniziale di Stefano Parisi, come la blogger e consulente Elisa Serafini, il giornalista Simone Bressan e l'ex parlamentare azzurro Andrea Orsini, oggi allontanatisi dall’uomo Chili, pur non chiudendogli del tutto la porta.

A loro Berlusconi ha raccontato di voler seriamente rifondare un partito di volti freschi, in grado di affrontare quella che qualcuno preannuncia già come la terza Repubblica. Gruppo che sarebbe affiancato da uno zoccolo duro di "senior" della vecchia politica, fidatissimi del Cavaliere, pronti a selezionare la nuova classe dirigente: da Licia Ronzulli (prezioso ponte con la Lega di Salvini), alla deputata Nunzia De Girolamo, la senatrice Anna Maria Bernini e Andrea Ruggeri, giornalista e nipote di Bruno Vespa, responsabile delle apparizioni in tv dei membri di Forza Italia.

Ma in questo quadro Stefano Parisi e Matteo Salvini come si muovono?  Su Parisi Berlusconi sembrerebbe aver espresso, durante gli incontri a Villa Gernetto, parecchie perplessità, dopo l'iniziale investitura, per le aspettative deluse (finora) dal progetto civico e liberale lanciato dall'ex manager a Milano, lo scorso settembre. Anche se qualcuno molto vicino all'ex premier racconta che il giudizio sul candidato sindaco di Milano è assai altalenante, quanto i chiari di luna e i repentini mutamenti di questa confusa fase politica.

Intanto però Stefano Parisi, così come sembrava promettere in campagna elettorale e anche dopo la sconfitta, non sembra aver rinunciato alla candidatura a leader, come ha ribadito nella recente intervista al Corriere della Sera. Impegnato nel suo progetto itinerante di MegaWatt, si sposta di tappa in tappa sul territorio nazionale, cercando di aggregare attorno a sé un'area progressista, liberale, riformista, e soprattutto moderata, che risponda all'avanzata europea, e non solo, delle destre populiste.

Ad aiutarlo nel percorso, per ora, la squadra sembra essersi ridotta, rispetto alla composizione iniziale. Persi dei pezzi che lo avevano accompagnato in campagna elettorale, il manager sembra ora fidarsi molto dei consigli di Raffaella Della Bianca, ex scajolana e pidiellina di ferro, e dell'area di Cl guidata dal direttore di tempi Luigi Amicone (candidato nella sua lista civica) e Antonio Pilati, ex membro del cda Rai. Insieme a loro anche Matteo Forte, consigliere comunale a Milano e Renato e Giacomo Mannheimer (padre sondaggista e figlio). Un inner circle, questo, profondamente antiforzista (i rapporti tra Della Bianca e Toti non sarebbero cordialissimi), e piuttosto determinato a non dialogare troppo col Cavaliere.

E Matteo Salvini? Dopo la giornata sul no a referendum a Firenze e la sua candidatura a leader dell'area di centro-destra (galvanizzato dalla recente vittoria elettorale di Trump e dallo scacchiere geopolitico europeo), qualcuno, malignamente, ha attribuito l'improvvisa intesa con Toti – collaudata ormai da mesi in un unisono di intenti e dichiarazioni pubbliche – non solo alla comune volontà di tagliare fuori Parisi, dall'eredità post-berlusconiana. Ma dopo il caso Bitonci, sembrerebbe che il governatore della Liguria stia temendo per la stabilità del suo governo locale: il consiglio regionale ligure, infatti, è a netta prevalenza di eletti nella Lega e nella Destra (FdI), rispetto ai consiglieri di Forza Italia. Non è che teme che gravi conseguenze per la sua amministrazione, qualora si mettesse contro il segretario della Lega? 

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