Milano
Don Mazzi: "Milano e i giovani, la città non può perdere i suoi figli"
Don Antonio Mazzi, fondatore di Exodus, analizza il delicato equilibrio tra la Milano internazionale e quella dei suoi giovani, specie nelle periferie. E sulle scuole: "Tirano a campare, non a far maturare". L'intervista

Don Antonio Mazzi
Don Mazzi: "Milano e i giovani, la città non può perdere i suoi figli"
In un momento storico in cui Milano difende il suo status di metropoli globale, emergono interrogativi sul futuro delle nuove generazioni in questa città in continua trasformazione. Don Antonio Mazzi, storico educatore e fondatore di Exodus, offre una riflessione profonda sul delicato equilibrio tra sviluppo e inclusione. L'INTERVISTA
Don Mazzi, Milano oggi è una città che attrae talenti da tutto il mondo ma sembra respingere proprio chi la sceglie per studiare e crescere. Come vede questa contraddizione?
Di Milano e delle sue contraddizioni si fa un gran parlare, ma c'è poca sintesi. I fatti sono che la Milano di oggi costa molto e finisce per essere respingente per gli stessi studenti che continuano a sceglierla. Io non so dire se chi la abita, ami Milano. Una Milano che rischia di perdere i suoi figli può essere contenta? Milano deve interrogarsi su questo, e per prima deve farlo la politica milanese.
Quali sono i bisogni reali dei giovani milanesi che incontra nel suo lavoro quotidiano?
La verità è che è diventato difficile dire di che cosa abbiano bisogno. Certamente non sono soddisfatti. Fuggono da loro stessi più che dai problemi della città. Non si sentono sempre accettati. Noi adulti, e loro siamo due mondi che devono conoscersi meglio. Dovremmo avere il coraggio di trovare quell'umiltà sufficiente per ascoltarci. Non per capirci subito, perché questo è il risultato finale non così semplice da ottenere, ma intanto per ascoltarci. Sarebbe un primo momento importante. Poi si spera che dall'ascolto arrivi la comprensione.
La Milano dello sviluppo urbano e dell'innovazione può coesistere con una dimensione educativa autentica?
La Milano dei grattacieli e dei nuovi quartieri non deve nascondersi i problemi. È giustamente una città contenta di essere stimata nel mondo. Ma non deve confondere le persone che la riempiono per i tanti eventi per le attrazioni, con quelle che la devono vivere. Milano può essere molto di più di ciò che oggi è.
E appena iniziato il nuovo anno scolastico. Milano si è sempre distinta per esempi di istruzione di eccellenza, non solo licei, ma anche scuole superiori che applicano metodi all’avanguardia. Il mondo della scuola come risponde alle sfide dell’inclusione, delle tensioni metropolitane? L'istituzione scolastica è pronta ad accompagnare i ragazzi in questo contesto complesso?
Il problema della scuola, prima di essere il problema dei ragazzi, è il problema della scuola stessa. Questa domanda ce l'hanno le insegnanti, in testa? Se la pone chi amministra? Perché se non è una domanda ben presente nella politica, in chi chi insegna, cosa vogliamo pretendere dai ragazzi? Manca non l’autorità, ma il fascino dell'adulto nella scuola. Forse c'è qualche tipo di scuola che tenta di trasformare l'eccellenza in qualcosa di autenticamente scolastico, ma le altre tirano a campare, tirano a "fare il programma". Se ci si accontenta di questo chiaro che non si aiuteranno mai i ragazzi a maturarsi.
In un'epoca dominata dal digitale e dalla performance, di cosa hanno veramente bisogno i ragazzi nel contesto scolastico?
Sarebbe opportuno parlare molto di relazioni. I nostri ragazzi hanno bisogno di relazioni autentiche, più che di informazioni. Le due strade sono molto diverse. Per impostare relazioni, l'insegnante deve essere molto preparato nel modo di parlare, nel modo di essere, nel modo di rapportarsi. Deve avere una grande maturità. Mi pare che la scuola italiana oggi sia incardinata su interrogazioni, verifiche, un sistema che lascia ben poco nel cuore dei ragazzi.
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