Milano
Expo 2015 dieci anni dopo: quell'indagine sul commissario Sala e i paralleli con Milano-Cortina
Prima di diventare sindaco, Beppe Sala garantì la riuscita di Expo 2015, ma dovette affrontare cinque anni di indagini per la retrodatazione di due verbali. Ora si parla di un possibile commissario anche per Milano-Cortina. E i riflettori della Magistrat

Expo 2015 dieci anni dopo: l'eredità per Milano
Era il 1° maggio 2015 quando Milano si apriva al mondo con Expo, sotto lo slogan “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. A dieci anni di distanza, molti giustamente sono stati i ricordi di un evento che ha messo in moto un processo di trasformazione urbana, economica e culturale di cui la città continua a raccogliere i frutti. Dove un tempo sorgevano i padiglioni dei Paesi partecipanti, oggi cresce MIND – Milano Innovation District: un milione di metri quadrati in lenta, ma costante evoluzione. Un distretto della conoscenza che ospita l’ospedale di ricerca Galeazzi, il centro scientifico Human Technopole, la Fondazione Triulza, e in futuro il nuovo campus dell’Università Statale. È una vera città nella città, dove ogni giorno gravitano già oltre 10 mila persone. Il masterplan che guida la rinascita dell’area è stato affidato alla partnership pubblico-privata tra Arexpo (che dal 2025 si chiamerà Principia) e il colosso australiano Lendlease, che gestirà per 99 anni una concessione mista da 475mila metri quadri. Ad oggi, circa il 30% del progetto è stato completato, e la scadenza finale è fissata al 2032. Sono in corso i cantieri per due grandi residenze studentesche (1.100 posti letto) e per l’università Statale, destinata a ospitare 23 mila persone a regime.
Ma l’eredità di Expo non è solo questione di cemento, gru e piani regolatori. È anche un cambiamento nella mentalità collettiva. Se nel 2015 Milano era una capitale economica con velleità internazionali, oggi è un punto fermo sulla mappa europea delle città globali. Il turismo è cresciuto esponenzialmente, la mobilità si è evoluta, l’urbanistica ha iniziato a parlare il linguaggio della sostenibilità. Expo è stato il volano che ha accelerato tutto questo, anche grazie al coinvolgimento di 20 mila lavoratori e 8mila volontari che hanno animato l’evento.
Beppe Sala: il commissario che salvò Expo e l'indagine per i due verbali retrodatati
Expo 2015 è stato anche l'evento che ha portato alla ribalta nazionale Beppe Sala: già direttore generale del Comune di Milano con Letizia Moratti dopo diversi anni di esperienza manageriale nel settore privato, fu il commissario che garantì di fatto la riuscita di Expo 2015. Impresa che appena due anni prima sembrava quasi impossibile. E nel 2016 sarebbe divenuto sindaco di Milano. I mesi che precedettero il taglio del nastro furono convulsi, frenetici, febbrili. E presentarono il conto, nelle forme di una (immancabile) indagine da parte della Magistratura.
Il nodo ruotava attorno alla retrodatazione di due verbali, relativi alla nomina della commissione di gara per l'appalto vinto dall’azienda Mantovani per la gestione della cosiddetta Piastra dei servizi — l'infrastruttura di base dell’intero sito espositivo. Secondo i giudici del Tribunale di Milano, che nel luglio 2019 condannarono Sala in primo grado a sei mesi di reclusione (pena poi convertita in 45mila euro di multa), l’allora commissario firmò consapevolmente quei documenti, posticipando formalmente la data della loro stesura per evitare il rischio di dover annullare l’intera gara. Una forzatura burocratica, secondo i giudici, ma priva di intento doloso o di vantaggi indebiti verso i concorrenti.
Nelle motivazioni della sentenza, depositate nel 2020, si legge infatti che Sala fu “pienamente consapevole” dell’irregolarità: il falso materiale e ideologico sussisteva sotto “entrambi i profili, oggettivo e soggettivo”. Tuttavia, i giudici riconobbero un’attenuante significativa: l’azione fu compiuta per evitare un fallimento operativo dell’Expo, considerato a rischio concreto. “Non è emersa – scrive la Corte – alcuna volontà di favorire o danneggiare soggetti partecipanti alla gara, ma solo quella di assicurare il completamento in tempo utile delle infrastrutture necessarie”.
Il procedimento giudiziario si è concluso nel 2020, quando la Corte d’Appello di Milano ha dichiarato il reato prescritto, rigettando però la richiesta di assoluzione: per i giudici, infatti, il falso “non può essere ritenuto innocuo e dunque privo di rilevanza penale”. La decisione di non andare avanti nel processo fu determinata dal decorso dei termini di legge, ma non ha cancellato l’impianto accusatorio condiviso anche in appello. La difesa di Sala ha sempre sostenuto che l’ex commissario agì in buona fede, senza piena consapevolezza della costruzione giuridica che comportava la retrodatazione. A confermare la sua linea arrivò, dopo la condanna di primo grado, non solo la fiducia del Consiglio comunale, ma anche un inatteso sostegno da parte del leader della Lega Matteo Salvini, che parlò di un clima in cui “di questo passo nessuno vorrà più firmare una riga”.
E adesso, con Milano-Cortina alle porte...
Vicende e parole che non hanno perso nulla della loro attualità. A dieci anni di distanza, Milano si appresta ad ospitare assieme a Cortina un altro grande evento, i Giochi Olimpici invernali del 2026. Occasione anche per ritrovare quello stesso slancio che dal 2015 proiettò la città in una nuova esaltante stagione. Corsi e ricorsi: anche oggi le difficoltà appaiono molteplici, quasi insormontabili. E si ragiona dell'eventualità di nominare un commissario. Questa volta nel tentativo di scongiurare un intervento della Magistratura, che ha già ampiamente acceso i propri riflettori sul percorso che sta conducendo all'inaugurazione.
Le cronache di questi giorni raccontano che chiudere in pareggio il bilancio di Milano-Cortina 2026 si sta rivelando un obiettivo sempre più difficile. I conti della Fondazione, comitato organizzatore di natura privata, mostrano una sproporzione evidente: le uscite superano di gran lunga le entrate. Di fronte a questa situazione, il governo starebbe valutando una mossa delicata ma strategica: nominare un commissario ad hoc, dotato di un ampio budget pubblico, per coprire le spese più critiche senza gravare formalmente sui conti della Fondazione. Il principio del pareggio è stato ufficialmente ribadito il 10 aprile scorso, con l’approvazione unanime dell’ultimo bilancio preventivo. Tuttavia, una nota a margine ha rivelato che le risorse attualmente disponibili non bastano. Per evitare l’allarme rosso, si è tentato di “aggiustare” i numeri: da un lato gonfiando le stime di ricavi, dall’altro comprimendo i costi. Il rischio, però, è quello di compromettere la qualità stessa dei Giochi.
Un disavanzo formale obbligherebbe lo Stato a intervenire in modo diretto, esponendosi al giudizio della Corte dei Conti. Al contrario, utilizzare fondi della Fondazione potrebbe legittimare le critiche già sollevate dalla magistratura, che in passato ha messo in discussione la natura realmente privata dell’organizzazione. La via di fuga individuata da Palazzo Chigi sarebbe quindi quella di istituire un commissariamento parallelo: un soggetto distinto, ma funzionale alla stessa macchina olimpica, che possa gestire spese pubbliche senza impattare sul bilancio ufficiale del comitato. Un escamotage che, più che risolvere il problema, rischia di spostarlo sul piano della trasparenza e della coerenza istituzionale. Insomma, una strada strettissima che l'eventuale commissario si troverebbe a dover percorrere per non esporre le Olimpiadi al vaglio della Magistratura. Una sfida che appare forse ancora più insidiosa di quella affrontata e vinta da Beppe Sala dieci anni fa.