Milano
Femminicidi, gli strumenti di tutela ci sono ma vanno usati in tempo
Cosa si può fare per fermare la violenza prima del punto di non ritorno? Rossella Pulci, avvocato familiarista: "Non serve attendere una condanna penale: la tutela può essere attivata subito, anche in sede civile"

Femminicidi, gli strumenti di tutela ci sono ma vanno usati in tempo
L’omicidio di Pamela Genini, uccisa a Milano dal compagno che poi ha tentato di togliersi la vita, riapre con drammatica urgenza una domanda che la cronaca ci costringe a ripetere troppo spesso: cosa possiamo fare, davvero, per fermare la violenza prima che si arrivi al punto di non ritorno?
Secondo Rossella Pulci, avvocato familiarista esperta in tutela contro la violenza domestica, «molti non sanno che la legge italiana mette già a disposizione strumenti concreti e rapidi per proteggere chi subisce maltrattamenti o vive in una relazione pericolosa. Non serve attendere una condanna penale: la tutela può essere attivata subito, anche in sede civile».
L’ordine di protezione civile: uno strumento immediato
«Il principale strumento è l’ordine di protezione contro gli abusi familiari, previsto dagli articoli 342 bis e ter del Codice civile», spiega Pulci. «Si tratta di una misura introdotta e rafforzata con la Riforma Cartabia, che consente al giudice civile di disporre l’allontanamento immediato del partner violento dalla casa familiare e di vietargli qualsiasi contatto – anche telefonico o tramite social – con la vittima o con i figli».
La richiesta, chiarisce l’avvocata, «si presenta con un ricorso urgente, e nei casi di pericolo attuale e grave il giudice può emettere il provvedimento entro 24 ore, anche senza ascoltare preventivamente l’altra parte. È una misura reale e concreta: la persona viene fisicamente allontanata dall’abitazione, e l’ordine viene eseguito immediatamente dalle Forze dell’Ordine».
Anche il penale interviene: ma serve agire in tempo
Accanto all’ordine di protezione civile, restano operative anche le misure cautelari penali, come il divieto di avvicinamento o l’allontanamento d’urgenza disposto dal Pubblico Ministero, e l’ammonimento del Questore.
«Questi strumenti possono essere attivati anche ai primi segnali di comportamenti molesti o minacciosi», sottolinea Pulci. «Il vero nodo, però, è la tempestività: troppo spesso chi subisce violenza resta paralizzato dalla paura o dalla speranza che “le cose migliorino”. Ma ogni giorno di attesa può trasformarsi in rischio».
Per questo l’avvocata invita a rompere il silenzio: «Parlare con un legale o rivolgersi a un centro antiviolenza può davvero salvare la vita. Non bisogna aspettare che la violenza esploda per cercare protezione».
Il rischio delle denunce strumentali
Pulci invita anche alla prudenza e alla responsabilità nell’uso delle misure di tutela: «La legge è nata per proteggere, non per colpire. Le denunce strumentali o le richieste di allontanamento usate come arma di conflitto familiare sono un fenomeno reale e pericoloso: tolgono credibilità alle vere vittime e rischiano di compromettere la fiducia nella giustizia».
“Saper usare la legge è la prima forma di responsabilità civile”
In conclusione, l’avvocata ricorda che la prevenzione passa anche da una corretta conoscenza dei propri diritti: «Serve più informazione e più fiducia nei meccanismi di tutela. Le norme ci sono, e funzionano. Ma vanno conosciute e usate in tempo. Saper usare la legge nel modo giusto – conclude Pulci – è la prima forma di responsabilità civile».