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Milano
Fertilio: “Dopo il Corsera, con Parisi contro il “cominformismo”"

Di Ernesto Vergani

Dario Fertilio, candidato con la lista civica Parisi “Io corro per Milano”, perché ha deciso di scendere in campo?
Anzitutto per motivi ideali. Non si può essere giornalisti, scrittori, uomini completi se non si esce dal proprio orticello e non ci si mette in gioco per qualcosa che riguarda tutti.  E poi perché sono convinto, sostenendo a Milano il candidato sindaco Parisi, di contribuire a cogliere un'occasione storica: quella di costruire in Italia un'alternativa maggioritaria al potere e al conformismo della sinistra. Infine, un grande peso nella mia decisione lo hanno avuto alcune figure di riferimento nella mia carriera giornalistica e letteraria.

Quali?
Enzo Bettiza e Vittorio Feltri, Francesco Forte e Arrigo Petacco, e poi ancora Livio Caputo, Oscar Giannino, Armando Torno e molti altri che mi hanno spronato ad andare avanti, perché oggi la politica, anche amministrativa, ha bisogno di recuperare un'anima e una visione del futuro. Il loro appoggio  pubblico, le loro firme di sostegno mi hanno davvero commosso.

E’ stato giornalista del Corriere della Sera dal 1978 al 2015, uno dei responsabili prima delle pagine politiche, poi di quelle culturali. Se sarà eletto, come tradurrà questa sua esperienza al Consiglio comunale di Milano?
I miei 43 anni in via Solferino in realtà sono cominciati già al Corriere d'Informazione, allora edizione pomeridiana del Corriere, come reporter di strada. Di Milano ho visto tutto: compresi i lati torbidi e le situazioni più disperate delle periferie. Credo fermamente che l'anima della città sia europea e inclusiva: milanesi  si diventa, ma si deve anche essere "liberi di essere milanesi" rispettando le regole e la cultura del luogo. Discende da qui il mio ideale liberale: i punti di partenza devono essere uguali per tutti indipendentemente dal luogo di provenienza, si deve dare priorità al merito, ma anche escludere chi non rispetta le regole, e i violenti. Perché la democrazia è al servizio dei democratici.

Con Vladimir Bukovskij ha fondato i Comitati per le libertà (oggi "Libertates"), movimento il cui scopo è l'affermazione dei principi liberali quali la diffusione della democrazia, il libero mercato, il federalismo e la sussidiarietà. Quanto pesano questi valori nella sua candidatura? Servono a Milano?
I milanesi ne hanno bisogno quanto dell'aria che respirano. Un rapido elenco? Democrazia diretta significa partecipazione: per questo occorrono il diritto di petizione individuale all'amministrazione, con diritto di risposta in tempi certi; i referendum consultivi; lo sportello del cittadino che aiuti i più anziani e deboli a risolvere le pratiche burocratiche. Libero mercato significa anche azione contro le mafie e i racket, oltre che sicurezza per tutti con l'aiuto di veri vigili di quartiere. Federalismo significa che le tasse dei milanesi devono restare a Milano, salvo gli obblighi di solidarietà generale allo Stato. Sussidiarietà significa che, dove i privati assicurano migliori rendimenti - agendo con regole di diritto privato - devono poter gestire i servizi pubblici. Pubblico non vuol dire municipalizzato - spesso fonte di corporativismo e corruzione - ma servizio migliore per il cittadino.

Tra le sue proposte c’è quella di portare l’Hermitage a Milano. In che senso?
Il grande museo di San Pietroburgo aspetta solo una chiamata da Milano per aprire una sua sede in città, esporre molti dei suoi capolavori, finanziare parallelamente iniziative umanitarie. Sono già in contatto con i suoi dirigenti, mi batterò perché la chiamata milanese arrivi presto. Sarebbe fantastico collocarne la sede sui Navigli, che richiamano proprio i canali di San Pietroburgo.

Il suo slogan “Con la cultura si mangia” è una provocazione o intende dire qualcosa di preciso?
Significa che i grandi eventi culturali creano un indotto imponente, di cui può beneficiare tutta la città, dagli alberghi ai ristoranti ai locali di divertimento. Meglio allora realizzare alcune  grandi cose piuttosto che, come è stato fatto finora, una miriade di piccoli eventi legati all'effimero, al divismo e alle mode passeggere, i quali non poi lasciano traccia.

Che sindaco è stato Giuliano Pisapia, come sarà ricordato dai milanesi?
Credo che i milanesi ne abbiano colto le buone intenzioni, ma abbiano compreso anche che i suoi compagni di strada lo hanno pesantemente condizionato, e alla fine è prevalso l'immobilismo. Ne è stato un tipico esempio l'Expo. Voluto da Albertini e dalla Moratti, all'inizio osteggiato e poi adottato da Pisapia, si è rivelato un successo di pubblico e un fallimento culturale: basti pensare che l'idea della alimentazione sostenibile è stata realizzata cementificando l'area espositiva.

Che cosa vi siete detti con Stefano Parisi, il candidato per il centrodestra cui fa riferimento la lista cui aderisce? Su quali punti c’è maggiore sintonia?
Entrambi proveniamo da un cultura riformista: che significa pragmatismo, politica dei piccoli passi ma capacità di pensare e programmare in grande. Ho colto la sua volontà di iniettare grandi dosi di liberalismo nell'amministrazione, ma anche l'esperienza di City Manager, che significa capacità di far funzionare la macchina comunale. Con lui Milano cambierà moltissimo, in meglio.

Che tipo di sinistra rappresenta Giuseppe Sala, candidato dello schieramento avverso?
E' un manager capace, ma a differenza di Parisi pesantemente condizionato dai partiti di sinistra che lo sostengono. Sono il suo piombo nelle ali, quello che gli impedirebbe di realizzare grandi innovazioni e quello, credo, che lo porterà alla sconfitta.

Come leggere la candidatura di Sala alla luce del Renzismo? Esisterebbe una simile candidatura senza Renzi?
Il capo del governo è un puro uomo di potere, abituato ad avvolgerne cinicamente il nocciolo duro in una carta dorata fatta di battute politicamente corrette. Ha ritenuto che Sala, dopo il bagno di folla dell'Expo, fosse l'uomo giusto per conquistare Milano alla sinistra, e così lo ha fatto incoronare dai suoi attraverso le primarie. Poi è saltato fuori Parisi e gli ha sconvolto i piani.  Non mi stupirei se, fiutando la sconfitta, limitasse le sue apparizioni a Milano durante la campagna elettorale.

Lei è stato l'ideatore, con gli stessi cofondatori dei Comitati per le Libertà, del “Memento Gulag”: la celebrazione della giornata in memoria delle vittime del comunismo, che si celebra ogni 7 novembre. Porterà un po’ di anticomunismo se sarà eletto? C’è ancora bisogno di anticomunismo?
Il comunismo storico è morto alla fine del secolo scorso. Lo ha sostituito un nuovo integralismo che io chiamo "cominformista", nel senso che ideologizza tutto: dall'ecologia ai ruoli sessuali, dal terzomondismo buonista alla bioetica. I comunisti di un tempo oggi hanno cambiato nome, ma si sentono ancora in marcia verso un "bel sol dell'avvenire" travestito in altre forme. Il Memento Gulag, tra le altre occasioni pubbliche, dovrà servire a denunciare che questa ideologia falsa ha fatto il suo tempo.

Il centrodestra è diviso a livello di politica nazionale, si guardi alla candidatura alle Amministrative Roma. La vostra coalizione può rappresentare qualcosa di nuovo?
Può essere l'inizio di una rinascita: quella di un partito liberale di massa promesso a suo tempo da Berlusconi e mai realizzato. Ma si deve partire da una vera politica culturale centrata sulla cultura delle libertà. E si deve puntare  ad un rassemblement dei partiti di centro-destra che, alle elezioni generali del 2018, conquisti la maggioranza degli italiani.

Perché i milanesi dovrebbero darle la preferenza, scrivendo il suo nome accanto alla Lista Civica Parisi?
Perché la mia carriera di giornalista al Corriere sta a dimostrare che non ho mai piegato la testa, anche quando mi è costato qualcosa nella carriera. Diverso da così io non posso essere: chi lo apprezza forse mi voterà.

 

BIOGRAFIA/ CHI E’ DARIO FERTILIO
Dario Fertilio è  nato nel 1949. E’ stato giornalista del Corriere della Sera dal 1978 al 2015, uno dei responsabili delle pagine prima politiche, poi culturali. Con Vladimir Bukovskij ha fondato i Comitati per le libertà (oggi "Libertates"), movimento il cui scopo è l'affermazione dei principi liberali: diffusione della democrazia, libero mercato, federalismo e sussidiarietà. E’stato l'ideatore del  “Memento Gulag”: la celebrazione della giornata in memoria delle vittime del comunismo, che avviene ogni 7 novembre. E’ direttore della rivista trimestrale “Il Dalmata”, e scrive su vari giornali. E’ autore di saggi e romanzi i cui temi conduttori sono la ribellione contro il potere ingiusto e l'autoritarismo, la libertà di comunicare, il coraggio di amare. Alcuni dei suoi libri sono dedicati al mondo degli intellettuali e alla comunicazione (“Il Grande Cervello”, “Le notizie del diavolo”), altri ai valori e agli ideali (“Il fantasma della libertà”), altri ancora al dibattito delle idee (“Arrembaggi e pensiericonversazione con Enzo Bettiza”). Nel romanzo surreale “Teste a pera e teste a mela” (Rubbettino, 2001) l'accento cade sugli aspetti assurdi e inumani insiti in ogni pretesa ideologica. Con Marsilio ha pubblicato “La morte rossa. Storie di italiani vittime del comunismo” (2004, due edizioni), “La via del Che. Il mito di Ernesto Guevara e la sua ombra” (2007), “Musica per lupi. Il racconto del più terribile atto carcerario nella Romania del dopoguerra” (2010), “L'ultima notte dei fratelli Cervi” (2013), premio Acqui Storia, “L’anima del Führer. Il vescovo Hudal e la fuga dei nazisti in Sud America” (2015).

 

GUARDA IL VIDEO: DARIO FERTILIO SPIEGA IL SUO PROGRAMMA

https://youtu.be/0TDDPtCZa3U

 


 

 

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