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Garlasco, i consulenti mettono le mani avanti: "Il dna sulle unghie di Chiara potrebbe aver subito contaminazioni"

Verso l'incidente probatorio di martedì: i consulenti della Procura di Pavia spiegano che il dna sulle unghie della vittima potrebbe aver subito contaminazioni con effetti "imponderabili" sui profili genetici

di redazione

Garlasco, i consulenti della Procura mettono le mani avanti: "Il dna sulle unghie di Chiara potrebbe aver subito contaminazioni"

Il Dna ritrovato sotto le unghie di Chiara Poggi potrebbe essere stato alterato da contaminazioni tali da rendere “imponderabile” l’effetto sui profili genetici rilevati. È quanto sostengono Carlo Previderè e Pierangela Grignani, consulenti tecnici della Procura di Pavia, nella relazione forense depositata in vista dell’incidente probatorio che si apre martedì 17 giugno a Milano, nell’ambito della nuova inchiesta che vede indagato Andrea Sempio per l’omicidio della 26enne, uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007.

Come riferisce LaPresse, secondo i due esperti, quella delle possibili contaminazioni è una delle “importanti precisazioni” da fare sui campioni biologici analizzati all’epoca, in particolare quelli prelevati dal quinto dito della mano destra e dal primo e quarto dito della mano sinistra della vittima. Proprio quei campioni, secondo la difesa di Alberto Stasi, conterrebbero un profilo genetico attribuibile ad Andrea Sempio, amico di Marco Poggi, fratello della vittima.

Nel dettaglio, uno dei cinque aplotipi del cromosoma Y – che identifica la linea paterna – sarebbe “perfettamente sovrapponibile” a quello ricavato da alcuni oggetti usati da Sempio, come una tazzina di caffè, un cucchiaino e una bottiglietta d’acqua, prelevati a suo tempo dall’agenzia investigativa SKP incaricata dalla difesa Stasi. Tuttavia, per Previderè e Grignani, questi elementi vanno trattati con estrema cautela.

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Il secondo round di analisi che nel 2014 portò all'isolamento di nuove tracce genetiche

La loro relazione, lunga 61 pagine, si basa su 37 screenshot di tracciati elettroforetici – i grafici utilizzati per l’identificazione dei frammenti di Dna – generati nel 2014 a Genova dal professor Francesco De Stefano, all’epoca perito della Corte d’Assise d’Appello di Milano nel processo bis che portò alla condanna definitiva di Stasi a 16 anni di carcere.

Proprio da quel “secondo round” di analisi, spiega la consulenza, De Stefano riuscì a isolare alcune tracce genetiche non emerse nei due tentativi precedenti, che avevano restituito risultati differenti. Sebbene i consulenti della Procura ritengano che tali tracce siano “utilizzabili a fini comparativi”, sottolineano anche che la “mancata replica dei profili” – dovuta alla scarsità del materiale biologico – espone le analisi al rischio di “fenomeni artefattuali di amplificazione”, ovvero anomalie tecniche e possibili micro-contaminazioni che renderebbero incerta l’affidabilità del risultato.

Una posizione che contrasta con quella della difesa di Stasi, secondo cui il Dna di Sempio sarebbe compatibile con quello rinvenuto sul corpo di Chiara, e quindi prova della sua presenza nella villetta il giorno dell’omicidio. Per i consulenti della Procura, invece, la fragilità di quelle evidenze genetiche impone la massima prudenza: l’ipotesi di una contaminazione non è affatto da escludere, soprattutto dopo quasi due decenni e diversi passaggi di mano dei reperti.

L’intero impianto probatorio sarà ora al centro delle nuove analisi disposte dal gip Daniela Garlaschelli, che coinvolgeranno esperti genetisti, dattiloscopisti e consulenti di parte. Una verifica che si preannuncia complessa e potenzialmente decisiva per il destino dell’indagine.

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