Milano
Gridò "Palestina libera" e fu licenziata, ma ora la Scala deve risarcire la sua ex maschera
La studentessa universitaria, maschera al teatro, ha diritto alle mensilità maturate dal momento del licenziamento. Gridò "Palestina libera" prima di un concerto alla presenza di Meloni e fu licenziata

Gridò "Palestina libera", il licenziamento della maschera fu illegittimo: la Scala deve risarcirla
Il licenziamento della maschera della Scala che lo scorso 4 maggio aveva gridato “Palestina libera” prima dell’inizio di un concerto alla presenza della premier Giorgia Meloni è stato illegittimo. Lo ha stabilito il Tribunale del Lavoro di Milano, che ha condannato il teatro a versare alla giovane universitaria le mensilità maturate dal momento del licenziamento fino alla scadenza del contratto, il 30 settembre, oltre alle spese legali.
"Per lei e per noi era soprattutto una questione di principio. Siamo molto soddisfatti, è una giustizia ristabilita. Non è possibile licenziare un lavoratore perché esprime il proprio pensiero, anche se in maniera plateale", ha commentato l’avvocato Alessandro Villari, legale della giovane.
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Il caso alla Scala e la mobilitazione dei sindacati
La Scala aveva motivato il provvedimento con il suo allontanamento dal posto di lavoro per salire nella prima galleria del loggione e gridare la frase, causando momenti di tensione. Il caso aveva subito generato una forte mobilitazione: la Cub e diverse associazioni pro Palestina avevano organizzato presìdi, scioperi e una raccolta firme contro il licenziamento. Il consigliere dei Verdi Carlo Monguzzi era arrivato a proporla per l’Ambrogino d’oro, mentre il deputato di Alleanza Verdi e Sinistra Nicola Fratoianni aveva presentato un’interrogazione al ministro della Cultura, Alessandro Giuli. "La cosa un po’ curiosa è che poi artisti, come Roberto Bolle, hanno fatto una cosa simile in teatro e sono stati portati in palmo di mano", ha osservato ancora Villari.
Per Roberto D’Ambrosio della Cub Scala, la sentenza conferma che "si è trattato di un licenziamento politico". "Lo abbiamo sostenuto fin dall’inizio: gridare 'Palestina libera' non è reato e i lavoratori non possono essere sanzionati per le loro opinioni politiche", ha affermato la confederazione, ringraziando chi si è mobilitato e rilanciando l’invito allo sciopero del 28 novembre e alla manifestazione nazionale pro Palestina del 29 novembre a Milano. Le motivazioni complete della decisione del Tribunale del Lavoro saranno depositate la prossima settimana. "Ora il teatro le rinnovi il contratto – ha concluso D’Ambrosio – per evitare altre cause".












