Milano
L’Italia è tutta un museo. Anche Milano
Dal secondo Dopoguerra a Milano si è doverosamente cercato di preservare tutto ciò che è storico, e monumentale. Ma va contrastata la tentazione di rendere tutto museo per un senso fine a se stesso di contrasto al cambiamento. Il commento

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L’Italia è tutta un museo. Anche Milano
Tempo fa un mio amico, che è stato per anni in una posizione decisamente importante nell’amministrazione milanese, chiacchierando mi disse che i centri storici italiani sempre di più si trasformeranno in musei a cielo aperto, e i residenti andranno fuori perché il business numero uno saranno i turisti. Io penso che abbia in parte ragione, e che non sia neppure troppo sbagliato. Vedendo Tokyo, dove mi trovo in questi giorni, anche le parti più antiche (ad esempio, Asakusa, il quartiere dell’intrattenimento durante il periodo Edo), o la zona intorno al Palazzo Imperiale, non c’è nessuna voglia di far diventare museo pezzi di città. Quel mettere in una teca qualunque cosa, dalla targa al busto, è roba lontana dal loro sentire. O le città vivono, o si distruggono e si cambiano.
In Italia abbiamo avuto più cura a preservare (per fortuna!). Certo, a Milano gli architetti degli anni ‘70 e ‘80 (e pure quelli che hanno progettato il nuovo villaggio olimpico) dovrebbero vergognarsi di quel che hanno fatto, ma la verità è che quello che è storico, e monumentale, abbiamo cercato di non tirarlo giù in tempo di pace dopo le bombe in tempo di guerra. A New York come a Tokyo invece semplicemente non hanno avuto nessun timore reverenziale. Quello che non serve si leva. E’ un principio che non approvo.
Milano e la tentazione di rendere tutto museo
Ma il fatto è che a Milano - e ritengo che su questo dobbiamo riflettere - stiamo portando all’eccesso la voglia di museo, mettendo sotto la teca anche vere e proprie schifezze (che facciamo, tuteliamo anche le torri bianche del Gratosoglio???). Esiste una politica del “no” che non vuol dire difendere la storicità dei nostri luoghi, ma il non cambiamento in senso globale. C’è addirittura chi rimpiange la Stecca degli Artigiani, un postaccio malgrado il nome romantico, fortunatamente diventato Porta Nuova district. C’è chi non vorrebbe cambiare niente, a San Siro. C’è chi mette davanti il consumo di suolo al motivo per cui lo si consuma: meglio nuovi palazzi, belli fuori e dentro, dignitosi e democratici (vuol dire accessibili alle varie fasce sociali), che certe schifezze che affollano le periferie e non solo a Milano.
Tra rispetto per la propria storia e coraggio per il proprio futuro
La verità è che guardando Tokyo penso che loro forse hanno avuto poco rispetto per la loro storia. Ma noi invece abbiamo decisamente poco coraggio per il nostro futuro. Se un tempo la provocazione era “costruiamo grattacieli in Piazza Duomo” (eccessivo, direi...), oggi sembra una provocazione addirittura la riqualificazione degli scali ferroviari dismessi. Roba che a spiegarla a un giapponese (complicato perché di inglese non capiscono una mazza, figurarci di italiano), sarebbe completamente incomprensibile.
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