Milano
L'elegante musicalità del Quartetto di Cremona e del Quartetto Goldberg
Il concerto al Conservatorio di Milano dell'11 novembre

Il Quartetto di Cremona (foto: Società del Quartetto)
L'elegante musicalità del Quartetto di Cremona e del Quartetto Goldberg
Se un neofita dovesse chiedere al vostro cronista un elenco di composizioni imprescindibili per avvicinarsi al repertorio cameristico, ne farebbero parte senza dubbio i due capolavori eseguiti ieri sera al Conservatorio di Milano – nell'ambito della stagione della Società del Quartetto – dal Quartetto di Cremona e dal Quartetto Goldberg: il quartetto n. 14 in re minore D 810 “La morte e la fanciulla” su Franz Schubert e l'ottetto in mi bemolle maggiore op 20 di Felix Mendelssohn. L'elenco degli imperdibili poi conterrebbe il quintetto per clarinetto e alcuni dei quartetti di Mozart dedicati ad Haydn, il quintetto “La trota” e il trio op. 100 di Schubert, il trio n. 1 op. 49 di Mendelssohn, il settimino e gli ultimi quartetti di Beethoven, il quintetto per clarinetto op. 115 di Brahms, il quartetto Americano di Dvorak, la versione cameristica di “Verklärte Nacht” di Schönberg, il trio op 67 di Shostakovich. Fino a giungere all'estremo dell'organico strumentale del genere (23 archi), cioè “Metamorphosen” di Richard Strauss del 1945. E mille altre composizioni, perché quello cameristico è lo scrigno più prezioso e intimo dell'intero patrimonio musicale dell'umanità.
Una lettura di Schubert più intima che energica
Tornando a ieri sera, il Quartetto di Cremona (Cristiano Gualco e Paolo Andreoli violini, Simone Gramaglia viola, Giovanni Scaglione violoncello), nato nel 2000, è una delle più “antiche” e consolidate realtà cameristiche italiane, conosciuta e apprezzata in tutto il mondo. La lettura di un brano arduo come “La morte e la fanciulla” è stata caratterizzata da una trasparenza intimistica di rara fattura: elegante, raccolta, asciutta senza alcuna concessione alla retorica sentimentale, severa ma al contempo emotivamente intensa. Il secondo movimento, l'Andante con moto basato sulla cellula musicale dell'omonimo lied, con le sue cinque variazioni ha toccato vertici interpretativi di assoluto livello. Da segnalare il tratto rarefatto e insieme nettissimo del violoncello.
Nella seconda parte il Quartetto di Cremona è stato integrato dai quattro giovani del Quartetto Goldberg (Jingzhi Zhange e Giacomo Lucato violini, Matilde Simionato viola, Martino Simionato violoncello), una sorta di loro spin off nato nel 2021, per l'esecuzione di quell'autentico inno alla gioia che è l'ottetto di Mendelssohn. Scritto da un compositore appena sedicenne, fa pensare a un'eterna giovinezza e ogni volta che lo ascoltiamo il nostro animo viene rapito dal turbine gentile dello Scherzo, un miracolo “su ali piumate” come scrisse lo stesso autore. Rispetto ad alcune interpretazioni recenti di altre celebri compagini, la lettura dei cremonesi privilegia il tratto intimistico piuttosto che quello energico (ad esempio nel primo e nell'ultimo movimento); è come se per tutta la durata della composizione gli strumentisti avessero usato una sorta di “sordina”, pulsante di elegante musicalità.
Grande lezione di classe interpretativa. Conservatorio quasi pieno (“Spalti gremiti” avrebbe detto Sandro Ciotti) con un pubblico rappresentativo di tutte le fasce d'età: molto anziani, anziani, mezza età, giovani, giovanissimi. Grandi applausi e come bis la ripetizione dell'ultima parte del Presto finale dell'ottetto.












