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Milano
Parisi ora punta “più in alto”. Addio Lega, arriva Mr. Chili
Stefano Parisi

di Paola Bacchiddu

Mister Chili tv, il volto fresco e per bene di un centrodestra che Milano aveva bocciato già cinque anni fa, non si risparmia, dopo la proclamazione della vittoria del suo competitor Beppe Sala, nuovo sindaco di Milano. Alle telecamere al Mariott Hotel – luogo simbolo in città del berlusconismo, ma anche sede di tante cene di finanziamento per Beppe Sala – Parisi non si sottrae. Col consueto temperamento, quello che ha dimostrato lungo l'intera corsa elettorale, mostra il volto visibilmente dispiaciuto, ma da lottatore, di chi era certo di afferrare anche l'ultimo miglio – 17mila voti – di questa strana campagna elettorale, che ha preso l'abbrivio vero (e soprattutto per il centrosinistra che ha pigiato l'acceleratore) solo negli ultimi 15 giorni dopo il primo turno.

Quando le telecamere scemano e i taccuini e pc dei cronisti si chiudono, Stefano Parisi, sempre affettuosamente attorniato dalla figlia e dalla moglie Anita, si ferma a chiacchierare nella hall dell'albergo, seduto sul divano di pelle verde con i suoi più stretti collaboratori, parte del suo staff (uno è Bruno Dapei, che Sala nell'ultimo confronto tv ha confessato di invidiargli), e alcuni rappresentanti politici di quel centrodestra che non sembra vivere giorni felici, dato i risultati nel resto del territorio nazionale.

C'è il consigliere uscente Pietro Tatarella, recordman di preferenze subito dopo la coordinatrice regionale Mariastella Gelmini; c'è Fabio Altitonante, coordinatore cittadino di Forza Italia, c'è Manfredi Palmeri, consigliere uscente e in corsa nelle liste di Corrado Passera alle primarie, prima che il banchiere si facesse da parte. Insieme, si tenta di tracciare un'analisi sui motivi della sconfitta e sulle ragioni della vittoria del centrosinistra.

Affaritaliani.it Milano rimane ad ascoltare questa conversazione tra intimi che però rivela che cosa ha davvero intenzione di fare in futuro Parisi. Già nel discorso ufficiale, davanti alle telecamere, Parisi aveva dichiarato: “Da Milano è nato un nuovo progetto politico e noi avremo un ruolo in coalizione su chi vuole costruire il futuro di Milano. Cambieremo la politica in Italia!”. E quando gli si chiede se fosse una frase formale, detta per congedarsi da una campagna elettorale finita con una sconfitta, Mister Chili rivela che no, che è serio.

Stanco e dispiaciuto, ma non abbastanza da non concedersi alla consueta autorironia (a chi gli fa i complimenti ricorda che ha perso) sembra essere consapevole che questa corsa elettorale, a cui forse neppure lui credeva davvero all'inizio, non è solo una parentesi nella sua vita. Perché – nonostante le rimostranze della famiglia che non è granché entusiasta di questo impegno così totalizzante – Parisi sembra ora pensare in grande. A un progetto concreto, nazionale. Alla conquista della leadership in ostaggio a troppe correnti di sangue, nel centrodestra, con un Berlusconi ancora convalescente in ospedale.

Del resto, con una Lega depotenziata proprio nel suo territorio (il segretario Salvini ha perso personalmente 1000 preferenze, rispetto alla precedente tornata elettorale, e la Lega è scesa al 10 per cento, nonostante le aspettative la dessero al 18) Parisi sa che il progetto del Cavaliere, per ricostruire un centrodestra liberale, riformista e moderato è cosa molto concreta, adesso che sembra essere spuntato un interprete credibile come lui. Davanti a uno spritz e a qualche battuta, analizza il voto: riconosce che parte dei 5stelle lo hanno votato, ma anche parte di un centrosinistra che in Beppe Sala non si identificava. Ma soprattutto lo ha votato una grossa quota di quel centro moderato – bottino appetitoso per molta politica – rimasto orfano a Milano dall'ultima sconfitta di Letizia Moratti, 5 anni fa. “Dobbiamo riconquistare l'elettorato che nella politica ha perso la fiducia: sono 500mila elettori. A loro occorre rivolgersi con un progetto serio e credibile”, aveva detto poche ore prima a telecamere accese. 

Pensa di aver perso soprattutto per un fattore: la paura. Quella agitata dalla coalizione di centrosinistra su spauracchi a lungo agitati: dal fascismo (con la campagna di Mein Kampf), all'estremismo (con le sparate rom della Lega, che riecheggiano i lepenismi in Francia e gli Hofer in Austria). "Mi hanno dipinto come l'interprete di questo sentimento, non come un leader moderato e liberale, presentabile". Del resto, sembrano non averlo aiutato - come lo staff ricorda più volte - le foto accanto a vecchi protagonisti della politica che non hanno lasciato un buon ricordo, evidentemente: i La Russa e i Lupi, i Salvini per primi.

In ogni caso, questo fulmineo "Modello Milano" che ha interpretato, sembra aver funzionato. Lo ha ricordato anche la stessa coordinatrice regionale di Forza Italia Mariastella Gelmini che a una domanda sulla leadership di Parisi aveva risposto che il “modello Milano” non ha fallito, anche se ha perso le elezioni e che di questo si dovrà in futuro tenere seriamente conto. Perché il modello Milano in fondo non è altro che Stefano Parisi, capace di compiere il miracolo che ad altri non è riuscito (come Bertolaso e Marchini a Roma): ricompattare anime troppo litigiose. E dal suo sorriso stanco ma furbo, s'intende che l'anima del maratoneta potrebbe calpestare Milano per arrivare ad altre latitudini. Prima passi prudenti, tra i banchi dell'opposizione (poiché giura che non scomparirà), poi una corsa più sostenuta verso qualcosa di più grande, capace di incidere sul destino dello scacchiere politico nazionale, dove Pd e 5stelle si contendono gran parte dell'elettorato, anche se l'astensionismo non è mai stato così alto. Ce la farà? Chissà. Ma mai come ora, in questa chiacchierata senza telecamere tra i piedi, pare chiaro che Mister Chili ci crede davvero.

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