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Milano
Tacchi a spillo e piazze deserte: ecco dove si balla il tango illegale
Tango illegal

di Ugo Poletti

Vi ricordate la pubblicità del brandy Vecchia Romagna? Un uomo e una donna (naturalmente belli e solitari) si incontrano di notte, incrociano lo sguardo, si stringono in un abbraccio, e senza parlare, improvvisano un tango sulle note di “Libertango” (Astor Piazzolla). Ebbene è una scena realistica, che si ripete spesso di notte a Milano. Avvocati, bancari, manager, impiegati, consulenti e artigiani dopo mezzanotte si trovano in una piazza deserta o una galleria poco battuta, indossano le scarpe adatte e iniziano a ballare. Si chiama “tango illegal” (alla spagnola, con l’accento sulla “a”). Perché sarebbe illegale? Perché è proibito ballare sul suolo pubblico senza l’autorizzazione del Comune. E non si può suonare musica in pubblico senza pagare la Siae. Quindi, per ballare in piazza di notte, occorre essere fuorilegge, un po’ come Robin Hood. Anche se, con la bella stagione, le notti di tango in piazza si moltiplicano. Naturalmente la polizia lo sa. Ogni tanto passa una macchina di servizio, si ferma e gli agenti scendono a guardare. Fanno due chiacchiere, fumano una sigaretta, salutano e se ne vanno. Non è il caso di rovinare la scena. La musica è bassa e non disturba. Inoltre, la tribù danzante è molto civile e non lascia rifiuti in giro. C’è criminalità peggiore da contrastare nella notte milanese.

Per organizzare queste notti trasgressive c’è una mailing list segreta che informa i tangueri (si legge “tangheri” con l’accento sulla “e”). Si sceglie il posto e parte la convocazione con poco preavviso. Così si evita di avere troppi spettatori che turbino l’atmosfera. Il tango illegal non è uno spettacolo. Però questo stratagemma non sempre ha funzionato. Una sera cercarono di ballare nell’Ottagono della Galleria Vittorio Emanuele. La soffiata fu immediata e due arcigni rappresentanti della Siae arrivarono in un quarto d’ora, cercando inutilmente un responsabile a cui imporre il dazio. Altri tangueri temerari provarono più volte a ballare di giorno in qualche galleria del centro, durante la pausa pranzo, ma furono cacciati via dal servizio di sicurezza di qualche banca. Una volta si mise di mezzo perfino la politica estera. Erano i giorni della prima visita di Putin a Milano. Il luogo prescelto era Piazza Affari, di solito deserta di notte, e i nostri ballerini la trovarono piena di blindati dei Carabinieri, pronti a intervenire al primo ordine in caso emergenza. Una ragazza si avvicinò a un graduato e disse: “noi vorremmo ballare il tango sotto i portici; a voi dà fastidio?” Il carabiniere allibito chiamò la Prefettura per chiedere istruzioni su come trattare l’insolita richiesta. Dalla Prefettura rispose una voce: “Sì, tranquilli, li conosciamo. Lasciateli pure ballare!”.

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Nonostante a Milano ci siano locali di tango argentino (che non è lo stesso tango di “ballando sotto le stelle”) aperti tutte le sere, il tango illegal rimane un’esperienza unica. Ci vuole qualcuno che si incarichi di portare casse e playing list, con la giusta sequenza dei diversi stili del tango. Ci vuole un pavimento liscio, perché non si può ballare con i tacchi alti su pavé o sampietrini. Anche in jeans la donna non rinuncia al gusto di indossare le scarpe da ballo con il tacco a spillo. E non può mancare il galateo del tango, che prevede l’invito della dama con un gioco di sguardi (mirada). Chiedere direttamente “vuoi ballare?” non è rispettoso. La dama ha il diritto di scegliere con un cenno della testa (cabeseo), senza essere obbligata a dire in faccia: “no, grazie”. Ma, soprattutto, c’è quell’abbraccio intimo, anche tra perfetti sconosciuti, che crea un dialogo senza parole tra due persone, fatto di movimenti del corpo in cerca di un’armonia condivisa, seguendo le note di una musica malinconica. Ci vuole coraggio ad abbracciarsi così, senza essersi mai incontrati. Ma nel fidarsi di un cavaliere ignoto o di una dama con cui si balla per la prima volta, si apre un mondo di emozioni intense. E in quel momento, che può durare fino all’alba, la città frenetica delle aziende e delle banche, della metropolitana e dei grattacieli, si trasforma in uno scenario da film. O da spot pubblicitario.

Quindi, quella pubblicità è tutta vera, eccetto due piccoli dettagli. I tangueri non sono una tribù che ama bere alcolici mentre si balla. Peggiora la stabilità delle gambe e rende il ballo meno piacevole per la partner. Ci dispiace per lo storico brandy italiano. E poi non si suona mai Piazzolla, perché non è una musica ballabile. I compositori del tango per ballare sono altri: Biagi, Di Sarli, D’Arienzo, Canaro, Troilo, Pugliese. Ed erano tutti di origine italiana.

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