Emissioni CO2, grane per Stellantis: Imparato “Chiuderemo fabbriche se l’UE non cambia rotta” - Affaritaliani.it

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Emissioni CO2, grane per Stellantis: Imparato “Chiuderemo fabbriche se l’UE non cambia rotta”

Il gruppo Stellantis rischia fino a 2,5 miliardi di euro di multe per mancato rispetto dei target ambientali UE. E l’ipotesi di chiusure è più concreta che mai.

L’industria automobilistica europea si trova davanti a un bivio, ma pochi lo dicono con la schiettezza di Jean-Philippe Imparato, capo europeo di Stellantis.

Come riporta Reuters, martedì scorso, durante una conferenza alla Camera dei Deputati a Roma, ha lanciato un allarme che ha immediatamente acceso le luci sul destino dell’industria dell’auto del vecchio continente. Se le attuali regole dell’Unione europea in materia di emissioni di CO2 non cambieranno entro la fine del 2025, Stellantis potrebbe essere costretta a prendere “decisioni difficili”. Decisioni che, tradotte in termini industriali, potrebbero significare la chiusura di fabbriche.

Il nodo è tutto nella transizione ecologica imposta da Bruxelles: le case automobilistiche devono ridurre drasticamente le emissioni medie della propria flotta vendendo più veicoli elettrici e limitando la produzione di auto termiche. Un obiettivo che si è fatto ancor più stringente con il nuovo meccanismo di calcolo delle multe previsto per il triennio 2025-2027. Per Stellantis, il rischio non è una sanzione simbolica, ma una multa potenziale fino a 2,5 miliardi di euro – pari a circa 2,95 miliardi di dollari – in appena due o tre anni. Numeri che bastano da soli a spiegare il senso d’urgenza con cui il gruppo si sta muovendo.

Secondo Imparato, la situazione attuale è paradossale: per evitare queste sanzioni, Stellantis dovrebbe raddoppiare le vendite di veicoli elettrici in Europa nel breve periodo, un traguardo definito “impossibile” ai ritmi di mercato attuali. In alternativa, dovrebbe ridurre in modo drastico la produzione di veicoli a motore termico – benzina e diesel – per correggere il bilancio ambientale complessivo. Il risultato? Una delle ipotesi sul tavolo è proprio quella che fa tremare il comparto produttivo: tagliare la produzione, anche a costo di chiudere gli stabilimenti meno in linea con la strategia a emissioni zero.

Nel suo intervento, il manager non ha usato mezzi termini: “O spingo come l’inferno sull’elettrico... o chiudo i veicoli ICE (Internal Combustion Engine). E quindi chiudo le fabbriche”, ha dichiarato con fermezza. Ha anche citato espressamente l’impianto di Atessa, in Abruzzo, dove Stellantis produce furgoni commerciali: una realtà industriale che occupa oltre 5.000 persone e che rischierebbe di diventare un bersaglio della transizione se i target UE non venissero rivisti.

La transizione elettrica: accelerazione o impasse industriale?

La crisi evocata da Stellantis non riguarda solo il colosso nato dalla fusione tra FCA e PSA, ma tutto il comparto europeo. Le normative UE, pensate per contrastare il cambiamento climatico, spingono verso un futuro a zero emissioni, ma l’industria fatica a tenere il passo. Infrastrutture di ricarica ancora insufficienti, domanda stagnante in molti Paesi, e costi di produzione degli EV ancora elevati, soprattutto in confronto alla concorrenza asiatica, sono solo alcuni degli ostacoli strutturali.

Eppure, mentre l’Unione europea insiste sulla necessità di ridurre le emissioni, Stellantis è chiamata a una difficile sintesi tra transizione ecologica e sostenibilità industriale. Il rischio, sottolineato anche da Imparato, è che il Green Deal si trasformi in un boomerang per l’occupazione. Chiudere fabbriche per rispettare limiti ambientali – e non per carenza di domanda – potrebbe diventare uno scenario più realistico di quanto si pensi.

Italia nel mirino: Atessa simbolo di un equilibrio fragile

La citazione dello stabilimento di Atessa ha avuto l’effetto di un sasso nello stagno. In un Paese dove l’industria dell’auto ha già vissuto anni di ridimensionamenti e incertezze, la possibilità che uno degli impianti più produttivi del centro-sud venga messo in discussione rappresenta un segnale allarmante. Atessa non è solo una fabbrica: è il cuore di un intero ecosistema produttivo, con centinaia di fornitori locali e una filiera che si intreccia profondamente con il territorio.

La preoccupazione è condivisa anche da ambienti istituzionali: se le regole europee non verranno allineate con una reale capacità di adeguamento del mercato, il rischio non sarà solo di perdere posti di lavoro, ma anche di indebolire strutturalmente il tessuto industriale del continente. Non è un caso che Stellantis, come altri grandi player, stia già cercando strategie ibride per garantire competitività: dalla delocalizzazione selettiva alla produzione in joint venture con realtà asiatiche, fino all’introduzione di modelli low-cost full electric in mercati strategici.

Corsa contro il tempo: politica, industria e ambiente alla resa dei conti

Il monito di Imparato arriva in un momento cruciale, a pochi mesi dall’entrata in vigore delle soglie vincolanti per le emissioni 2025-2027. Senza un allentamento delle normative o un piano di incentivi più aggressivo che stimoli la domanda di EV, Stellantis e con essa l’intero settore rischiano un cortocircuito. E se è vero che la sostenibilità è una necessità non più rinviabile, è altrettanto vero che la transizione non può passare sulla testa dei lavoratori.

Serve una regia politica chiara, che metta a sistema ambiente, competitività e occupazione. Serve soprattutto una revisione pragmatica delle tempistiche e dei meccanismi sanzionatori, che oggi sembrano più pensati per punire che per accompagnare il cambiamento.

Nel frattempo, Stellantis alza il volume del dibattito con una voce forte e diretta. Non si tratta di una provocazione, ma di un campanello d’allarme che chiama in causa Bruxelles, i governi nazionali, i sindacati e i consumatori. Il futuro dell’auto europea si gioca adesso. E il conto, se nessuno interverrà, potrebbe essere pagato nelle fabbriche, con le luci che si spengono non per crisi di mercato, ma per regole troppo strette da rispettare.