Miura 2026: Lamborghini celebra il mito nato da un’idea folle - Affaritaliani.it

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Ultimo aggiornamento: 17:08

Miura 2026: Lamborghini celebra il mito nato da un’idea folle

Torino, 1965: un telaio nudo svela l'anima della futura Miura. Storia della "rivoluzione" di Sant'Agata che nel 2026 festeggia 60 anni di mito.

di Giovanni Alessi

C'è un momento preciso in cui la storia dell'automobile cambia passo, e non succede su una pista rovente né durante una sfarzosa première mondana.

Accade in un padiglione fieristico, davanti a qualcosa che tecnicamente non è nemmeno un'automobile. Siamo a Torino, è il novembre del 1965, e allo stand del Salone dell'Automobile i visitatori non riescono a staccare gli occhi da un ammasso di metallo e ingranaggi. Non ha carrozzeria, non ha sedili, non ha volante. È un telaio nudo, essenziale, quasi sfrontato nella sua purezza meccanica. Quello "scheletro" in lamiera piegata e forata, con un imponente motore V12 montato in posizione posteriore trasversale, è la scintilla che darà vita alla Lamborghini Miura. In quel novembre di sessant'anni fa, la casa di Sant'Agata Bolognese non presentava solo un progetto tecnico, ma lanciava una dichiarazione di intenti destinata a stravolgere il concetto stesso di velocità. Oggi, mentre ci avviciniamo al 2026, Lamborghini si prepara a celebrare questo anniversario cruciale con un tour del Polo Storico e un anno di festeggiamenti dedicati a quella che il mondo avrebbe presto imparato a chiamare "supercar".

La scommessa dei ragazzi terribili di Sant’Agata

Dietro quella struttura rivoluzionaria non c'è solo l'ingegneria, c'è il sogno di tre ragazzi poco più che ventenni che volevano portare la pista sulla strada. L'idea nasce nell'estate del 1964 dalle menti brillanti di Giampaolo Dallara, Paolo Stanzani e del collaudatore Bob Wallace. Lavorano per Ferruccio Lamborghini, un uomo che ha vietato le corse per la sua azienda, convinto che le competizioni siano un inutile spreco di risorse. Ma i tre giovani visionari trovano una scappatoia geniale: se le Lamborghini non possono andare alle gare, sarà la tecnologia delle gare a finire dentro le Lamborghini. Nasce così il progetto L105. L'obiettivo è creare una granturismo estrema, diversa da qualsiasi cosa vista prima. Ferruccio, pur scettico, intuisce il potenziale e dà il via libera. Il risultato è il telaio P400: una struttura leggerissima, verniciata in nero satinato, che al Salone di Torino si mostra con quattro scarichi bianchi e una configurazione tecnica che sembra urlare potenza da ogni bullone.

Un capolavoro di ingegneria da 120 chili

Quello che il pubblico ammira a Torino è un concentrato di avanguardia. Realizzato dalla ditta Marchesi di Modena, il telaio è costruito con lamiera d'acciaio spessa appena 0,8 millimetri. La struttura è un gioco di piegature e forature studiate per garantire la massima rigidità con il minimo peso. Il risultato è sbalorditivo: l'intera ossatura pesa meno di 120 chilogrammi. Al centro, una vasca portante funge da ancoraggio; ai lati, due telaietti ausiliari sostengono le sospensioni indipendenti a triangoli sovrapposti e i freni a disco Girling. Ma il vero cuore pulsante è l'inedita fusione tra motore e cambio in un unico blocco compatto, posizionato proprio alle spalle dell'abitacolo per ottimizzare gli spazi. I dodici tromboncini verticali dei carburatori Weber svettano come un monumento alla combustione interna, catturando l'immaginazione di chiunque passi davanti allo stand. È la meccanica che si fa arte, un'opera priva di vestiti ma carica di promesse.

"La scarpa perfetta per questo piede meraviglioso"

Mentre il telaio incanta la stampa e i visitatori, dietro le quinte si gioca una partita decisiva per il futuro estetico della vettura. Il progetto, inizialmente noto con il codice "Tigre", era stato proposto alla Carrozzeria Touring, ma le difficoltà economiche dell'azienda milanese rendono impossibile la collaborazione. Pininfarina è blindato da altri contratti. Resta un nome: Nuccio Bertone. La leggenda narra di un incontro avvenuto proprio sullo stand, quasi alla chiusura del Salone. Ferruccio accoglie il carrozziere torinese con una battuta sul suo ritardo, ma Bertone, osservando rapito quel telaio nudo, risponde con una frase che segnerà la storia: «Io sono capace di fare la scarpa per questo piede meraviglioso». È l'inizio di un'intesa fulminea. Durante le vacanze di Natale del 1965, mentre la fabbrica è chiusa, Bertone lavora febbrilmente ai bozzetti. Le linee che ne escono sono così innovative, così sensuali e aggressive, che vengono approvate immediatamente senza modifiche sostanziali. È nato il design automobilistico che vestirà la meccanica dei sogni.

Verso il 2026: l'eredità di una rivoluzione

Pochi mesi dopo, nel marzo del 1966, il telaio P400 rivestito dalla carrozzeria Bertone debutta al Salone di Ginevra con il nome di Miura. Il resto è storia. Quell'auto non era solo veloce o bella: era qualcosa di mai visto prima, tanto da costringere un giornalista inglese a coniare un termine inedito per descriverla: "supercar". Sessant'anni dopo, quella magia è ancora intatta. Le celebrazioni previste per il 2026 non saranno solo un omaggio al passato, ma la celebrazione di un metodo: il coraggio di osare l'impossibile. Tutto è iniziato lì, da quel telaio nudo a Torino, da quei tromboncini verticali e da quella scommessa vinta contro le convenzioni. La Miura rimane la prova tangibile che, a volte, per vedere il futuro basta guardare sotto la superficie.