Politica
1° Maggio, il lavoro prima agli italiani
Il lavoro non è un diritto, ma un fattore dell’economia, un’opportunità che lo Stato deve favorire per i cittadini che lo devono conquistare, e che per questo vengono formati e istruiti, con riguardo prioritario alla meritocrazia: la democrazia - la cui caratteristica principale è l’individualismo, mentre l’uguaglianza è secondaria - ha nei suoi cittadini migliori il sale.
Così, nella giornata della Festa dei lavoratori, in cui nelle piazze si urla “Lavoro, lavoro!”, gli italiani e i loro rappresentanti (lo Stato) dovrebbero accordarsi: il lavoro prima agli italiani. Lo stanno facendo tutti. Il presidente USA Donald Trump ha imposto dazi, ha realizzato il più grande taglio di tasse alle imprese della storia, ha persino riaperto le miniere di carbone per dare lavoro agli americani. La prima ministra britannica Theresa May - che sa che gli UK si impoveriranno a seguito di Brexit perché non godranno più dei vantaggi del mercato unico e la sterlina si deprezzerà - sta facendo accordi con multinazionali straniere e vuole avere relazioni privilegiate con Stati Uniti e Cina per portare lavoro in patria.
Il Governo di Paolo Gentiloni faccia lo stesso, favorisca l’apertura di fabbriche nel Paese, conceda sgravi fiscali alle imprese (non importa se non sono italiane, conta che assumano italiani e che, raggiunto un grado di business, paghino tasse allo Stato… lo fa il Lussemburgo, il Paese del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker). Certo andrebbero congiuntamente riformate burocrazia e giustizia, due ambiti che oggi allontano le aziende straniere.
L’innovazione, l’industria 4.0, il nuovo a tutti i costi (temi cari a Matteo Renzi, neo rieletto segretario del Pd) sono apprezzabili, ma se Trump ha riaperto le miniere di carbone lo sono fino a un certo punto… e si guardi alle fabbriche cinesi la cui produzione è diventata leader in tutti i settori.
Il principio del lavoro agli italiani è ovviamente difficile da mettere in pratica se vengono indiscriminatamente accolti tutti questi migranti (con le navi di soccorso che li aspettano a tre miglia dalla partenza...) che costano allo Stato miliardi, sottratti agli investimenti in politiche industriali. È vero che la Germania spende di più per i migranti, ma l’economia tedesca è più forte dell’italiana e ha bisogno di lavoratori che svolgano quei lavori che i tedeschi non vogliono più fare… basta invece girare nelle città italiane per vedere quanti africani e asiatici che non fanno nulla, con evidenti conseguenze di indebolimento della democrazia e dello Stato.