Alla Leopolda bagno di folla per Renzi. "Legge elettorale? Sia quella dei sindaci"

Matteo Renzi detta dalla Lepolda una piattaforma congressuale che e' un programma di governo: mai piu' larghe intese, riforma della giustizia. Poi lavoro, istruzione, Europa. E riforme da fare in dodici mesi, con un 'patto' che sembra mettere in sicurezza Enrico Letta fino al 2015. E' una "rivoluzione della semplicita'" che Matteo Renzi promette, rivoluzione necessaria, a dispetto di quanti considera conservatori anche nel Pd, perche' "la sinistra che non cambia si chiama destra". Il sindaco di Firenze si gode l'abbraccio della 'sua' Leopolda, mai cosi' affollata: 16mila persone in tre giorni. E in platea anche tanti di quelli che fino a pochi mesi fa lo avevano osteggiato. Ma "niente steccati", ha ammonito Renzi, "guai a dire che chi e' arrivato prima e' meglio degli altri". "Noi siamo i custodi del bipolarismo e dell'alternanza. Mai piu' inciuci e larghe intese", scandisce Renzi. E dire questo, ha assicurato, "non e' contro il governo" perche' "il nostro obbiettivo non sono le elezioni".
Per garantire che le grandi coalizioni spariscano dall'orizzonte, serve una legge elettorale nuova. Niente tentazioni di tenere il Porcellum, ha assicurato Renzi, "la legge elettorale che funziona e' quella dei sindaci, dove dai a uno il compito di rappresentarti e se sbaglia va a casa. Ma non ci sono inciuci. Il giorno dopo si dice ho vinto io ma facciamo un po' per uno. E' una legge educativa".
Ed e' una legge che si puo' inserire nel cammino delle riforme costituzionali. "Facciamo un patto: tra un anno ci rivediamo e verifichiamo". Dodici mesi che garantiscono Letta, almeno per Dario Franceschini. "Il governo durera' fino al 2015. C'e' il tempo per fare le riforme", ha spiegato il ministro ospite alla Lepolda, "e Renzi nel suo discorso ha spazzato via tutti i sospetti su cosa vuole fare".
Per questo i saggi non servono, basta quella che Graziano Delrio ha chiamato la buona volonta. "Propongo la commissione dei 'bischeri'", ha scherzato. Duro Matteo Renzi diventa quando cita le critiche di tanti, come Gianni Cuperlo, gli hanno rimproverato l'assenza di simboli di quel Pd che pure si e' candidato a guidare. "L'obbiettivo non e' mettere bandierine ma cambiare il Paese", ha detto, "il problema non e' che ci sono le bandierine, il problema e' che non ci sono le croci sulla scheda".
Per far si' che quelle croci arrivino serve una sinistra che cambi rotta e la faccia cambiare all'Italia. "Mi dicono 'tu non sei di sinistra perche' non parli di lavoro'. No, sei tu che no sei di sinistra perche' non aiuti a creare lavoro. Questo e' un Paese fondato sul lavoro ma che campa di rendita" e allora "cambiamo i tabu' della sinistra sul lavoro".
Non entrano i tormenti del Pdl ne' la ventennale contrapposizione con Berlusconi nel discorso di Renzi. "Qui parliamo di futuro. Ed per questo che alla Leopolda non abbiamo parlato di Berlusconi". E non e' per il Cavaliere dunque quella riforna della giustizia che si deve fare. "La chiedono anche tanti magistrati e la storia di Silvio dice che dobbiamo farla". Gelo in sala. Ma quel Silvio non e' Berlusconi bensi' Scaglia: "Liberato dopo 12 mesi e giudicato innocente". Avanti dunque senza nemici da abbattere. E senza paura di mettersi in gioco come leader, a dispetto di chi lo accusa di avere una concezione personale del partito e nota nei suoi discorsi tante volte la parola "noi" ma molto, molto poche le parole partito democratico.
"Se qualcuno pensa che da solo possa risolvere i problemi, sta sbagliando. Ma non significa che questo qualcuno debba tirarsi indietro perche' ha paura della parola leadership. Leadership non e' una parolaccia", ha attaccato. Renzi cerca di moderare gli entusiasmi per la vittoria quando mancano ancora sette settimane alle primarie. "Vincere e' un'espressione da non usare in generale", ha ripetuto anhce oggi, e "occhio alla sindrome New Zealand che stava anvanti 8-1 e ha perso 9-8. Occhio a chi pensa di avere gia' vinto, se si vuol vincere si tira fuori l'entusiasmo personale".
L'entusiasmo personale e quello collettivo Renzi ha invocato spalancando le braccia ai tanti 'figliol prodighi' che stanno andando a lui. "Se il Pd e' un insieme di correnti non e' spendibile, non vince. Lo dico per la discussione tra i renziani della prima o dell'ultima ora, che e' una roba da ricovero. Siamo matti a mettere steccati, che chi arriva prima e' meglio degli altri", ha chiarito. E questo vale anche per chi il Pd non l'ha votato. "Vinciamo le elezioni se recuperiamo quelli che hanno votato Grillo, o i delusi del Pdl", ha ribadito.
Senza ambizioni personali. E qui bacchetta i giovani parlamentari Pd. "Anche tra noi c'e' un eccesso di attenzione all'ultima agenzia. Ricordatevi che vince solo chi si mantiene semplice, genuino, sincero", ha avvertito, "no all'autoreferenzialita' e lo dico anche a me. Mi attribuiscono un guru, guru Gori. Questo gruppo di persone non ha guru, siamo persone libere". Ora "viviamo in un tempo in cui siamo definiti dei barbari, degli incolti o dei semplici. Io dico che la vera strada e' la semplicita', e' parlare chiaro a tutti senza avere la puzza sotto il naso, serve una rivoluzione della semplicita'", ha esortato, "andiamo noi a prendere i nostri genitori come un bimbo che si e' perduto e costruiremo un'Italia diversa".