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Politica
Caso Open, astensione 5S-Pd diventa un caso. Renzi contro i Pm: “Errori gravi"

Caso Open, Matteo Renzi: "Voglio giusitizia e non scappo". Per la memoria difensiva i capi di imputazione poggiani su "tanti e gravi errori"  

Il leader di Italia Viva Matteo Renzi si è recato questa mattina, 15 dicembre, al Palazzo di Giustizia di Firenze, dove ha raggiunto gli uffici della procura dai pubblici ministeri che conducono l'inchiesta sulla Fondazione Open, il procuratore aggiunto Luca Turco e il sostituto Antonino Nastasi.

L'ex premier era accompagnato dai suoi legali, gli avvocati Federico Bagattini e Giandomenico Caiazza. Presente anche il procuratore capo Giuseppe Creazzo. Renzi, indagato per finanziamento illecito ai partiti nell'ambito dell'inchiesta sul caso Open - considerata la 'cassaforte' renziana per realizzare la scalata al Pd e organizzare la kermesse della Leopolda - ha depositato una memoria difensiva, come previsto dalla procedura all'esito della notifica della conclusione delle indagini da parte della Procura.

Nell'atto consegnato alla procura di Firenze, la difesa di Matteo Renzi "contesta interamente in fatto ed in diritto" la ricostruzione dell'imputazione provvisoria di finanziamento illecito ai partiti, "per essere la stessa fondata su premesse di fatto grossolanamente erronee ed arbitrarie, e su manifeste violazioni delle guarentigie costituzionali poste a tutela della funzione parlamentare assolta dal senatore Renzi".

La memoria difensiva di Matteo Renzi: "Gravi errori nell'attribuzione dei ruoli nel Pd"

I pm della procura di Firenze hanno attribuito "erronee qualifiche soggettive" a Matteo Renzi, "tutte rilevanti ai fini della plausibile formulazione della incolpazione provvisoria". E' quanto si legge nella memoria difensiva depositata oggi dagli avvocati Federico Bagattini e Giandomenico Caiazza per contestare l'accusa di finanziamento illecito ai partiti mossa nei confronti del leader di Italia Viva nell'ambito dell'inchiesta sulla Fondazione Open.

"La lettura degli atti del fascicolo delle indagini preliminari, così come il capo di incolpazione contenuto nell'avviso ex art. 415-bis c.p.p., evidenzia plurimi e gravi errori nell'individuazione - e conseguente indicazione - dei ruoli ricoperti all'interno del Pd dagli indagati Renzi, Lotti e Boschi. Da tali errori prende corpo l'altrettanto errata applicazione dell'art. 4 legge n. 659/1981.

Si tratta di ruoli, quelli ricoperti all'interno del Partito Democratico, formalizzati con decisioni assunte con metodo democratico come si conviene ai partiti politici ex art.49 Costituzione e di evidenza pubblica". In particolare, i pm avrebbero indicato il senatore Matteo Renzi come "segretario nazionale del Partito Democratico anche in un periodo in cui egli non lo era (dal mese di febbraio a quello di maggio del 2017)".

La deputata Maria Elena Boschi sarebbe stata indicata come "componente della segreteria nazionale del Partito Democratico' dal 15.12.2013 al 19.02.2017 quando in realtà ella lo è stata solo fino al mese di febbraio 2014 e come 'coordinatrice nazionale della segreteria nazionale' ruolo che ella non ha mai ricoperto".

Il deputato Luca Lotti viene indicato negli atti di indagine come "'componente della segreteria nazionale del Partito Democratico dal 15.12.2013 al 19.02.2017' quando in realtà lo è stato da una data precedente (segreteria Epifani nel 2013) e solo fino al momento in cui è stato chiamato ad esercitare la funzione di sottosegretario di Stato nel marzo 2014".

"I gravi e rilevanti errori nella definizione dei ruoli ricoperti all'interno del Partito Democratico non riguardano solamente gli indagati ma anche altri soggetti menzionati nelle indagini - scrivono i difensori di Renzi - In particolare, si segnala come al ministro della Repubblica Italiana, professoressa Elena Bonetti, sia stato erroneamente attribuito il ruolo di 'componente della segreteria nazionale del Pd' nel settembre 2019 periodo nel quale la suddetta professoressa Bonetti non faceva più parte della segreteria nazionale guidata allora da Nicola Zingaretti".

Di questi errori gli avvocati Bagattini e Caiazza chiedono ai pm "dunque di prenderne atto, ponendo immediato rimedio a quei gravi errori contenuti negli atti di indagine e riversatisi nel capo di imputazione provvisoria circa l'indicazione delle 'qualità' degli indagati. La rilevanza della obiezione è del tutto evidente, rilevato che si tratta di qualificazioni necessarie per ritenersi astrattamente integrato il delitto di cui agli artt. 7 legge 195/1974 e 4 legge n. 659/1981".

"Renzi direttore della Fondazione Open? Falso"

È "inesistente il ruolo di 'direttore di fatto' della Fondazione Open in capo al senatore Matteo Renzi". È quanto si legge nella memoria difensiva depositata oggi dagli avvocati Federico Bagattini e Giandomenico Caiazza per contestare l'accusa di finanziamento illecito ai partiti mossa nei confronti del leader di Italia Viva nell'ambito dell'inchiesta sulla Fondazione Open.

"Dagli atti di investigazione non emerge alcun comportamento gestorio, di amministrazione, di direzione tecnica, di controllo posto in essere dal senatore Matteo Renzi, il quale non ha mai neppure partecipato ad un Consiglio direttivo della Fondazione Open - si legge nella memoria difensiva - Affermare, dunque, che il senatore Matteo Renzi ha diretto la Fondazione Open risulta un modo surrettizio per inserire capziosamente il senatore Matteo Renzi nell'indagine e segnatamente nel perimetro della contestazione di cui agli artt. 7 legge n. 195/1974 e 4 legge n. 659/1981".

Caso Open, polemiche per l'astensione del Movimento 5 stelle in Senato

Non si placano le polemiche sul caso Open. "C'è stata una strumentalizzazione politica dei fatti della giunta", dice, interpellata dall'Adnkronos, la senatrice del M5S Elvira Evangelista, a proposito del voto con cui ieri la giunta per le immunità del Senato ha accolto la richiesta di Fiammetta Modena (Fi) di sollevare un conflitto di attribuzione contro l'acquisizione, da parte dei Pm fiorentini che indagano sul caso Open, di chat e mail di Matteo Renzi.

Votazione nella quale le tre componenti pentastellate della giunta (Grazia D'Angelo, Agnese Gallicchio ed Evangelista, appunto) si sono astenute, scatenando anche polemiche interne allo stesso Movimento.

"Chiariamo una cosa: ieri in giunta non c'era nessuna istanza della magistratura", precisa Evangelista, che ricopre il ruolo di capogruppo M5S in giunta. "La funzione di questo organismo è quella di rispondere alle richieste di autorizzazione a procedere della magistratura: bene, non c'era nessuna istanza in questo senso. Quindi noi non dovevamo decidere 'immunità sì, immunità no' a Renzi."

Ma perché le senatrici M5S si sono astenute? "Per decidere se mandare il caso alla Corte costituzionale" risponde Evangelista all'Adnkronos "al fine di risolvere queste questioni giuridiche, gli atti del fascicolo non erano sufficienti: mancavano i provvedimenti fondamentali dei Pm. Non c'era il decreto di perquisizione, non c'era il decreto di sequestro del telefonino da cui sono stati scaricati i WhatsApp di Renzi".

Dopo il vostro voto in giunta, il leader M5S ha annunciato che in Aula il Movimento voterà contro il rinvio alla Corte costituzionale. "E' una scelta del capo politico", aggiunge Evangelista. "Non giudico le scelte del mio capo politico. Si faranno i dovuti approfondimenti".

LEGGI ANCHE: Morte David Rossi, "i pm hanno inquinato le prove". Uno è lo stesso del caso Open

 

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