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Politica
Colao, Draghi, Cottarelli e Calenda: è il momento del "governo del fare"

Il compromesso fra rappresentanza e governabilità è sempre stato un tema molto dibattuto dalla scienza politica. Alcuni paesi, come UK, prediligono la governabilità grazie a sistemi elettorali dove chi prende più voti vince e governa, in altri invece prevale una più precisa trasformazione del numero di voti in rappresentanza politica.

Nel primo caso chi governa rappresenta, di solito, una maggioranza relativa di elettori (anche molto distante da quella assoluta) ma è più efficace nell’azione, nel secondo caso invece chi governa lo fa spesso con coalizioni che, da un lato sono una più fedele rappresentanza degli elettori, dall’altro incidono negativamente sulla velocità esecutiva di governo (poi ci sono le eccezioni come la Germania dove i governi di coalizione sono mediamente buoni governi).

In certi momenti storici sarebbe più opportuno avere un governo del primo tipo in altri del secondo. Tuttavia, le riforme istituzionali non sono mai così reattive ai tempi che cambiano, perciò per governare non resta che trovare compromessi politici in base a priorità condivise. In questo momento per l’Italia la priorità del fare, e del fare presto, dovrebbe prevalere su ideologie o retaggi del passato. Siamo di fronte infatti alla peggiore crisi di sempre con il peggiore governo per affrontarla. Sarà una crisi lunga che non si esaurirà prima delle prossime elezioni.

E’ il momento di un governo piú coerente con quel che serve ora (non fra due o cinque anni) all’Italia. Dobbiamo essere chiari nel dire che oggi va combattuto quel mix di classe politica fatta di ignoranza e superficialità, fatta di miti virali e non reali, fatta di parole non suffragate da numeri. Lasciamo perdere le affinità elettive, lasciamo perdere espressioni come “rappresentiamo lo stesso popolo” che è stato il leimotive per giustificare il governo giallo rosso che forse, dopo la folle estate del Papeete e durante la pandemia, ha avuto anche il suo senso ma ora non più.

Oggi più che mai ha ragione Carlo Calenda, non si può continuare a governare con chi ha promosso fra i provvedimenti più nefasti possibili, come il reddito di cittadinanza, con chi ha promosso battaglie di retroguardia su Alitalia, Ilva, Autostrade, Tav, Tap, con chi ha sostenuto quota cento e chiuso i porti, con chi ha confuso la Cina per una splendente democrazia (ricordate l’inutile Via della Seta?), con chi proclama spese senza un occhio al debito, insomma quel crogiolo di politiche urlate e virali che piacciono ai tifosi ma che servono poco al paese.

Ora, ad esempio, siamo di fronte alla scelta del Mes, la vecchia maggioranza giallo verde sembra trovare nuove convergenze mentre Conte rimanda ogni decisione, dimenticandosi che è suo dovere esprimere la linea che non può essere sempre la somma algebrica delle posizioni degli alleati. Ha senso continuare così? No, perché a farne le spese è questo sgangherato Paese che ha bisogno di poche linee chiare da perseguire subito.

Perché non fare un governo con quel minimo comune denominatore che ora serve all’Italia? Ovvero: nessun tentennamento sul ruolo dell’Europa, nessuna stupidaggine sul rischio Mes e sui Btp (costosi) patriottici, nessun pregiudizio su Merkel (avercene di capi di governo così), nessuna baggianata su clandestini e porti. In questo momento serve un briciolo di responsabilità e lo stesso Berlusconi (sarà la vecchiaia) ne ha più, molta di più, dei suoi attuali alleati, i quali hanno come unico modus operandi lisciare il pelo al malcontento con proposte che ci porterebbero ai tanto reclamati anni ‘80, con la differenza che nel frattempo il mondo è andato avanti, quindi chi auspica un ritorno a quegli anni non sa quel che dice.

Tiriamo dentro Draghi, richiamiamo Colao, lo stesso Calenda è una risorsa che ha fatto bene, Cottarelli non potrebbe stare fuori, teniamo Lamorgese, diamo la scuola a chi la conosce davvero, agli esteri mettiamo chi conosce il mondo e non chi si è formato sugli spalti del San Paolo, all’economia non servono storici ma esperti non compromessi.

Nessuna aggregazione sentimentale o ideologica, ma solo fra soggetti che abbiano una chiara visione Europa centrica, il solo appiglio che può tenerci a galla. Forse così non si accelererebbe il declino con politiche populiste che colpiscono solo coloro chi si prefiggono di tutelare, ovvero il popolo caricandolo di debiti con un conto salatissimo per i giovani.

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