Politica
Spese militari, no per recuperare Di Battista. Conte fa infuriare il Pd

Spese militari, il Pd a Conte: "Serve unità"
Spese militari, fanno discutere le parole dell'ex premier Conte
Fa rumore la presa di posizione di un ex presidente del Consiglio sul no all’aumento delle spese militari. Perché quando stava a Palazzo Chigi Giuseppe Conte (“Giuseppi” per un amico che era alla Casa Bianca) non si sarebbe mai sognato di prendere una strada del genere. Oggi lo fa, un po’ per indispettire Mario Draghi, che continua a considerare come un usurpatore; e un po’ per aprire la strada ad Alessandro Di Battista e ai suoi, per favorirne un rientro nei Cinque stelle. E' quanto scrive Francesco Storace su https://corrieredellumbria.corr.it.
La guerra russo-ucraina diventa così un pretesto per marcare un percorso politico “rivoluzionario”. Un “no” che serve come “arruolamento” di forze che si sono nel tempo allontanate da M5s. E poco importa se questo può fare arrabbiare Enrico Letta. Il ragionamento è: senza di noi dove vanno? E quindi facciamo come ci pare.L’impennata della spesa militare al 2 per cento del Pil è sollecitato dalla Nato, di cui l’Italia fa parte e non intende certo uscirne. Cominciare ad alzare la voce serve a Giuseppe Conte per marcare un’identità e riempire uno spazio pacifista che non può essere lasciato solo all’ultrasinistra. Al dibattito parlamentare la modalità di espressione del rifiuto delle armi, anche se non sarà facile conciliarlo con la posizione di sostegno al governo di Mario Draghi.
Ucraina: parole Conte preoccupano Pd, e' momento dell'unita' - Cresce il malumore fra i parlamentari del Partito Democratico per quanto sta avvenendo in seno ai Cinque Stelle: l'intervista in cui Giuseppe Conte mette in discussione il voto per l'aumento della spesa militare in Italia e' stata accolta fra le fila dem con un misto di disappunto e delusione. Si sperava che, dopo la presa di distanza del leader Cinque Stelle dalle posizioni del presidente della Commissione Esteri, si potesse riprendere quel clima di unita' piu' volte auspicato anche dal segretario Enrico Letta. Cosi' non e' stato. "Non potremmo assecondare un voto che individuasse come prioritario l'incremento delle spese militari a carico del nostro bilancio nazionale. In questo caso il Movimento non potrebbe fare altro che votare contro", dice Conte in una intervista a Repubblica. E se questo significasse far cadere il governo? "Ognuno fara' le sue scelte", risponde Conte. Nei conciliaboli di questa mattina di deputati e senatori e' tutto un "cascar di braccia". Perche', e' il ragionamento, in un momento che richiede grande unita' nazionale, i distinguo sono poco comprensibili. "Ne abbiamo visti tanti negli ultimi giorni", viene sottolineato ancora. Ma, a un mese dall'attacco della Russia, dire 'votiamo no all'aumento della spesa' non escludendo nemmeno di mettere in difficolta' il governo, "e' una cosa che fa cadere le braccia, prima ancora che generare disappunto".
Rimane la speranza che si tratti "solo di un modo per tenere insieme il Movimento che, da Petrocelli in giu', ha mostrato di essere percorso da sensibilita' molto diverse riguardo la vicenda ucraina: "Conte prova a tenere insieme il suo gruppo dirigente e a riprendersi una bandiera identitaria. Poi, siamo fiduciosi che ai passaggi formali le cose cambieranno". Una posizione ancor piu' incomprensibile in quanto durante il governo Conte le spese militare sono state al di sopra della media europea: secondo l'osservatorio SIPRI la spesa legata al settore militare nell'anno 2019 si attesta intorno ai 27,8 miliardi di dollari, pari all'1,3% del PIL nazionale. Un dato che colloca l'Italia all'undicesimo posto tra i paesi con la maggiore spesa militare nel mondo e al quinto posto tra i paesi NATO (dietro solo a USA, Francia, Regno Unito e Germania. Nel 2020, inoltre, l'Italia ha speso l'1,4% del PIL per la difesa, dato superiore sia alla media dell'Unione europea (1,3%) sia a quella della zona euro (1,3%). Dal Nazareno filtra, nonostante tutto, "fiducia sul fatto che, in questo momento di grande complessita', prevarra' il senso di responsabilita'. Siamo dentro a un passaggio d'epoca come mai ne avevamo vissuti ed e' importante e' importante mantenere salda la collocazione dell'Italia dentro il perimetro europeo e in quello della Nato". Un riferimento non casuale, visto che il No all'aumento della spesa militare, "rischierebbe di trascinare l'Italia fuori dalla Nato", come paventa un deputato. E' la Nato, infatti, ad aver indicato quota 2% del Pil come spesa minima per i Paesi che aderiscono all'Alleanza. Una richiesta rinnovata e sottoscritta anche dall'Italia durante il vertice di Cardiff, in Galles, nel 2014.