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Politica
Conte ha lanciato un’Opa sul Pd. Berlinguer la carta del leader del M5S
Giuseppe Conte e Enrico Letta

Giuseppe Conte e la conquista del Pd che passa per “Bianchina” Berlinguer

 

Giuseppe Conte è un uomo particolarmente abile e di questo gliene va dato pieno merito.

Preso come “testa di legno” da Di Maio e Salvini nel primo governo giallo - verde fece fuori tutti e due per installarsi tenacemente a Palazzo Chigi, resistendo ad un a pandemia e cedendo solo davanti a Matteo Renzi che lo fece cadere insieme a lui ed aprendo la strada al governo Draghi.

Dopo l’implosione dei Cinque Stelle - annunciata sia dai manuali di politica sia dal normale intuito - ha resistito allo tsunami in maniera più che decente e pur perdendo moltissimi voti non è scomparso politicamente.

Anzi, Conte ha lanciato un’Opa sul Pd, che stando a quanto diceva Renzi - sms alla mano - è sempre stato il suo partito di riferimento, prima della sua discesa in politica.

Conte è un ottimo avvocato civilista e ha fatto il “militare a Cuneo”, come direbbe Totò.

Cioè sa benissimo come gira il fumo e come ci si deve muovere in certi ambienti utilizzando il pugno di ferro in guanto di velluto.

Dopo le elezioni dello scorso settembre si è accorto – come tutti - che per il Partito democratico questa volta si era messa molto male.

Enrico Letta, “occhi di tigre”, aveva preso una sonora sberla elettorale e più che una tigre pareva un dimissionario gattino indifeso. Intorno a lui il marasma, il caos primigenio, la “guerra tra bande” da cui stanno solo emergendo papi e papesse senza tessera che promettono miracoli.

E a questo punto Conte si è messo in movimento cominciando ad erodere il lato più debole del Pd, e cioè quello identitario.

Il Partito democratico infatti sta vivendo un grande travaglio ideologico ad un bivio tra un “usato sicuro” e la “via pazzarella”, fatta di clamorosi salti in avanti, verso diritti civili, arcobaleni di varia foggia e natura e chi più ne ha ne metta.

E quale carta ti va a calare l’avvocato del popolo?

La più importante, quella che strappa ancora lacrimoni ai vecchi militanti, e cioè quella di Bianca Berlinguer, la famosa “Bianchina”, rilanciata da Maurizio Corona in “Cartabianca” sempre (e solo) su Rai Tre, marchio di fabbrica della “sinistra che piace”.

Conte – presago - ha cominciato a corteggiarla già lo scorso maggio quando per una vicenda legata agli inviti nel suo programma a Nadana Fridrikhson, giornalista della Tv Zvezda legata secondo alcuni al ministero della difesa russo, l’ha difesa dagli strali di Carlo Fuortes con un imperioso: «Il Movimento dice giù le mani da Bianca Berlinguer», che fece ingelosire non poco il simpatico montanaro Corona.

Da allora si capì che lo scaltro avvocato stava lavorandosi Bianca che nel frattempo ha sempre glissato e non si è mai esposta più di tanto.

La Berlinguer ha un grande nome sulle spalle. Timida, introversa, tedofora di un austero giornalismo militante di curziana memoria, non sembra particolarmente adatta per l’agone politico, soprattutto quello attuale.

Ma in un eventuale accordo quello che ci guadagnerebbe sarebbe Conte più che “Bianchina” perché all’avvocato pugliese interessa il nome e non la funzione, e si tratta di un nome pesante, capace ancora di svegliare i sopiti sensi atavici dei militanti comunisti che del padre hanno fatto una figurina, un santino inattaccabile.

Una volta che l’ex premier ottenesse un endorsement di tale portata la strada per la conquista del Pd, o almeno per una bella fuga di voti, sarebbe tutta in discesa.

Naturalmente questo avrebbe un prezzo politico per quello che fu il Movimento che non si estingue ma si trasforma per una sorprendente eterogenesi dei fini nel suo contrario.

Una volta fu chiesto a Gianroberto Casaleggio che avrebbe fatto se i Cinque Stelle si fossero alleati con il Pd e lui rispose: “me ne andrei”.

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conte pd bianca berlinguer





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