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Politica
Copasir, Urso: "Più spese per la difesa servono anche alla cybersecurity"
Adolfo Urso

Spese militari, Adolfo Urso (Copasir): “Quell’impegno assunto dieci anni fa assume valore a maggior ragione oggi, con un’invasione armata nel cuore dell’Europa”

“Innanzitutto si parla di incremento non di spese militari, ma di spese per la difesa, che è quanto l’Italia si è da tempo impegnata a realizzare entro il 2024. Un impegno preso già 10 anni fa e conclamato da tutti i presidenti del Consiglio che si sono succeduti, inclusi i due Governi guidati dal M5s”. A metterlo subito in chiaro con Affaritaliani.it è il presidente del Copasir, Adolfo Urso. Mentre il dibattitto sul tema rimane acceso con l’ordine del giorno, speculare a quello approvato alla Camera, che Fratelli d’Italia ha presentato al Senato, il numero uno del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica si sofferma sul valore che quell’impegno “assume a maggior ragione oggi, con un’invasione armata nel cuore dell’Europa”. Ma soprattutto, intervistato dal nostro giornale, chiarisce come tale incremento di spesa non si traduca solo in armamenti in senso stretto: “E’ bene ricordare che l’Alleanza atlantica accanto ai tre domini bellici - che storicamente sono sempre stati terra, mare e cielo - ha inserito lo spazio e quindi pure lo spazio cibernetico. Dunque, quando parliamo di difesa ci riferiamo certamente anche a questo”.

Presidente, perché l’impegno sulle spese per la difesa, adesso, con l’invasione russa dell’Ucraina, è così importante?
Bisogna chiedersi cosa c’è di nuovo oggi rispetto ad allora.
 
Glielo chiedo: cosa c’è di nuovo?
La cosa diversa è che ciò che nessuno mai immaginava - e cioè l’invasione contro l’indipendenza e la libertà di un popolo europeo - è avvenuto. Quindi, se quest’impegno fu assunto in un contesto del tutto diverso da quello attuale, a maggior ragione dovrebbe valere oggi, a fronte di una minaccia chiara.

Lei ha detto che difesa significa anche spazio e quindi spazio cibernetico.
In diverse Relazioni abbiamo documentato al Parlamento come la Russia fosse diventato un Paese molto attrezzato nella sfera cibernetica e quanto fosse importante la difesa cyber. La prima Relazione in questa legislatura era non a caso proprio su questo. E in essa sono già contenute indicazioni e proposte che poi in parte sono state realizzate in questi tre anni e in parte nell’attuale contesto di emergenza. Alcune sono ancora da condurre in porto e mi auguro lo si faccia in tempi congrui.

Facciamo il punto. Dove siamo arrivati?
Avevamo indicato la necessità di estendere il golden power al sistema delle telecomunicazioni e di realizzare un perimetro nazionale sulla sicurezza cibernetica. Questi due obiettivi sono stati raggiunti già da qualche tempo. A giugno scorso, invece, è stata realizzata l’Agenzia nazionale cibernetica. Un risultato purtroppo cui siamo arrivati con dieci anni di ritardo rispetto a Paesi come la Francia e la Germania.

Quali sono gli obiettivi ancora da realizzare?
Sempre in quella Relazione evidenziammo la necessità che si introducesse uno specifico reato informatico. Oggi ancora più urgente pure per perseguire crimini a fini estorsivi come quelli che si sono verificati di recente, penso al caso della Regione Lazio o delle Ferrovie dello Stato. Ma su questo tutt’ora c’è una carenza legislativa. Sarebbe bene, inoltre, anche alla luce di quanto accaduto e di ciò che potrebbe accadere, configurare un attacco cibernetico su vasta scala alla stregua di un attacco terroristico, così come sarebbe opportuno specificare in capo alla presidenza del Consiglio la possibilità di attivare meccanismi di reazione in caso di un attacco simile.

Parte delle future risorse, invece, su cosa andrebbero investite?
Sicuramente va incrementato presso la Difesa l’aspetto della difesa cibernetica. A prescindere dall’invasione russa dell’Ucraina, che ci fa tornare in mente modalità di conflitto antiche, non possiamo assolutamente trascurare la cosiddetta guerra ibrida che i sistemi autoritari di fatto hanno ingaggiato contro le democrazie occidentali. E che si manifesta sotto diversi aspetti, uno dei quali è certamente l’attacco cyber.

Intanto, però, il Movimento cinque stelle dice un secco no all’incremento delle spese militari fino al 2 per cento del Pil. Che pensa di questa posizione?
Non commento le posizioni politiche. Mi limito a fare una considerazione, però.

Quale?
Il Movimento sociale italiano, che era - come si diceva - una forza di alternativa al sistema, ha sempre votato a favore dell’Alleanza atlantica e di tuti gli strumenti che servissero alla difesa dell’Occidente e dell’Italia, pur stando all’opposizione. Stare in maggioranza o in minoranza, infatti, è un aspetto che in questo momento conta poco. Quello che conta è la convinzione e cioè condividere la difesa. E’ emblematico, tra l’altro, che poche settimane fa proprio la Germania abbia deciso di raggiungere e superare l’obiettivo del 2 per cento con un investimento straordinario di 100 miliardi di euro. Evidentemente lì ci si è resi conto - come si dovrebbe fare anche in Italia, altro Paese fondatore dell’Unione europea - di quanto sia importante difendere e tutelare le nostre nazioni.

A tal proposito, tra l’altro, si torna a parlare di Difesa comune.
Credo che sia importante il passo successivo che ci attende e cioè razionalizzare le risorse in investimenti europei. I Paesi Ue oggi hanno progetti diversi e spesso competitivi piuttosto che complementari sugli strumenti di difesa. Penso sia opportuno che si giunga a una condivisone di tali strumenti, anche per realizzare un necessario risparmio. Se lo si vorrà, si potrà fare molto in questo campo.

 

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