Coronavirus, "Weimar italiana dietro l’angolo. Poi un uomo della provvidenza" - Affaritaliani.it

Politica

Coronavirus, "Weimar italiana dietro l’angolo. Poi un uomo della provvidenza"

di Cecilia Sandroni

Intervista di Affaritaliani.it a Alessandro Politi, Global Strategic Analyst Europa, Germania ed Italia

 

 

Alessandro Politi è un analista politico e strategico globale con trent’anni d’esperienza. Direttore della NATO Defense College Foundation, l'unico centro studi affiliato per statuto alla NATO. Insegna geopolitica alla Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale a Roma ed analisi strategica allo IASSP di Milano. È stato consigliere politico nella KFOR e consigliere di quattro ministri della Difesa. Il suo ultimo e-book è Shaping Security Horizons - Strategic Trends (2012-2019). Ha preparato per la divisione Emerging Challenges della NATO un documento di raccomandazioni sull’integrazione tra prevenzione e lotta al terrorismo (CVE/CT)

Dottor Politi cosa ne pensa del momento che stiamo vivendo?

Siamo in uno di quei grandi momenti di crisi che tirano fuori il meglio ed umanamente purtroppo, il peggio di noi. Sgombriamo subito il campo dalle chiacchiere vane che il binomio Savona-Solenghi abbraccia, insieme a quel patriottardo sentirsi italiani che una certa élite politica nazional-trasversale rispolvera tranne quando bisogna pagare le tasse, essere solidali con il Meridione, combattere le mafie e rispettare le regole.

Il piano del gerarca nazista Funk, citato da Savona, è molto simile al piano dell’economista britannico Keynes più lo sganciamento del dollaro dalla garanzia dei depositi aurei fatto da quel grande presidente americano che fu Richard Nixon nel 1971 (al netto di Watergate). È in sostanza l’economia dei Mondo Libero durante la Guerra Fredda con tassi fissi di cambio, libero mercato e controllo sui flussi di capitali. Non bisogna stupirsi: l’economia è come la missilistica, teste diverse arrivano spesso a soluzioni simili.

Quello che Savona menziona, ma come un dettaglio insignificante, è che l’Europa non è una creazione tedesca militare e non è stata fatta dai soli tedeschi. Chiunque abbia negoziato in un ambito europeo sa che non esce una virgola di trattato o regolamento che non sia stata concordata da tutti i governi europei: vale per i britannici, nonostante le balle di BoJo, e vale per noi italiani, nonostante il mantra “È l’Europa che ce lo chiede”.

Cosa ne pensa dell’intervento di Solenghi, delle vignette che sono uscite?

Solenghi è un comico e beneficia ovviamente della licenza poetica e di beffa di un artista. Sta al pubblico capire dove finisce la battuta e comincia la realtà. Il piano Marshall non fu un’opera di carità, ma un intelligente calcolo che quell’ottuso razzista di Morgenthau (sterilizzare i tedeschi e ridurli all’età della pietra) non capiva. Spendere nella ricostruzione europea, a partire precisamente da quella tedesca, significava un investimento nel mercato delle majors americane e nella locomotiva regionale tedesca.

No locomotiva, no treno. Questo è il senso della cancellazione del debito tedesco, più l’amara esperienza politica della democrazia tedesca di Weimar, schiacciata da riparazioni di guerra francamente stupide, perché nazionaliste. Politica dunque, fredda, ma lungimirante, come De Gasperi, che non era neomelodico. Guarda caso nel 2018 l’interscambio Germania-Italia tocca il massimo storico di 128,4 miliardi di euro: sono soldi veri per imprese vere dal primario al terziario in tutte le sfumature.

Tralascio per brevità le diverse vignette tedesche controverse sull’Italia (Salvini al palo è una bufala) e le boiate sul paese di cicale fannullone (ricordano le stesse scempiaggini lumbard prima di chiedere solidarietà sul coronavirus). Vengo invece al problema essenziale: Was ist Europa für Deutschland heute und morgen?

Non mi interessano le dichiarazioni politicamente corrette, ma pongo due questioni ai nostri amici europei (inclusi i britannici più concreti): la Germania ha tentato tre volte nella storia europea la sfida dell’egemonia con von Bismarck, von Bethmann Hollweg e con Hitler. Dei tre, con tutti i limiti della sua prussianità, Otto era il migliore; perché? Perché al Congresso di Berlino seppe trovare un punto d’equilibrio.

Ci parla di Angela Merkel?

Angela Merkel, con tutti i suoi difetti possibili, ha quel grande patrimonio politico democristiano che è la ricerca di un punto d’equilibrio tra diversi interessi. Per ora sulla questione delle asimmetrie interne all’Europa non ha saputo trovarlo e la Grecia, culla del classicismo tedesco, è stata sottoposta ad un trattamento indegno di un europeo. In nome di un’ortodossia indiscutibile perché negoziata e concordata, l’Italia sarà la prossima? Bene, una Weimar italiana è dietro l’angolo e tra i tanti Revoluzzer verrà fuori un nuovo uomo (o donna) della provvidenza che farà impallidire gli autocrati ai margini dell’Europa.

La Germania non vuole giustamente essere più un egemone, ma sa di avere i mezzi per una funzione di guida in Europa. Se perde i pezzi in un qualche social distancing monetario sarà sola davanti ai dazi arbitrari, alle autocrazie muscolari ed ai grandi battaglioni orientali che se ne infischiano della corte costituzionale di Karlsruhe e che potrebbero imporre un’altra guerra mondiale, se l’Europa avrà perso la coesione per qualche spreadsheet. Suonerebbe allora assai ironico il brano nazista in forma stringata “heute Deutschland und morgen die ganze Welt“.