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Politica
Conte non è più premier per caso. A Bruxelles la sua epifania
(fonte Lapresse)

Conte?  Un po' Craxi, un po' De Gasperi. I punti di forza: ars oratoria e diplomazia gentile

Il governo lavora eccome con il favore delle tenebre, ma soprattutto il premier Giuseppe Conte dà il meglio di sé nelle ore notturne. E i quattro giorni e le quattro notti di trattativa serrata a Bruxelles per portare a casa un accordo vantaggioso per l’Italia sul Recovery fund ne sono solo l’ultima prova. Di certo, la più importante per la sua portata storica, sia in seno alla stessa Europa, che cambia volto, abbandonando l’austerity e imboccando la strada politica della solidarietà, sia nel recinto dei nostri confini. I 209 miliardi che il presidente del Consiglio ha incassato potrebbero rivelarsi, sempre che il governo si dimostri all'altezza, infatti, una solida leva per risollevare il Paese colpito con veemenza dal Covid-19 e per mettere in campo finalmente quelle riforme che l’Italia attende da tempo e che potranno rendere la sua economia finalmente competitiva e solida. Ma questo bottino, bisogna riconoscerlo, è anche un’”assicurazione” sulla vita politica del primo ministro. Da premier per caso a figura centrale della classe dirigente del Paese: questa è la parabola di quello che a tutti gli effetti si è rivelato il fenomeno Conte.

La destrezza con cui si è districato al tavolo europeo e con cui ha tenuto sulla corda fino all’ultimo il riluttante premier olandese Rutte, l’ars oratoria e la diplomazia gentile, grazie alla quale è entrato in sintonia sia con Merkel che con Macron, ne fanno il protagonista indiscusso di questo Consiglio europeo straordinario, ma anche una risorsa indispensabile in patria. Galeotta proprio la dimestichezza con il foro. La sua esperienza di avvocato d’affari, la capacità nel destreggiarsi tra clausole e cavilli legali, insomma, gli sono tornati utile. Forse il suo passato professionale si è rivelato l’arma vincente. Al punto che lo stesso ministro Amendola, al suo fianco a Bruxelles per tutto il tempo della trattativa, non ha potuto tacere dell’abilità sfoderata dal presidente del Consiglio. Questo sentirsi perfettamente a suo agio nei corpo a corpo può far tornare alla mente, in alcuni frangenti, l’esperienza di governo e il piglio decisionista di Bettino Craxi. Anche se, pescando nel pantheon della prima Repubblica, in Conte e nel suo richiamo alla dignità del nostro Paese, sbandierato con orgoglio a Bruxelles, qualcuno potrebbe vederci anche un po’ di De Gasperi. Ma volendosi attardare in parallelismi col passato, c’è da registrare pure che al presidente del Consiglio, con il governo giallorosso, sembrano riuscite quelle “convergenze parallele” attribuite ad Aldo Moro. D’altronde, fu lo stesso Conte, ai tempi dell’esecutivo gialloverde, a dire che il suo modello di premier era proprio lo statista di Maglie.

Comunque, tornando all’appuntamento di Bruxelles, questo Consiglio europeo è solo l’ultima prova del fenomeno Conte. Una epifania che, in controluce, per chi ha avuto lo sguardo lungo, già si era intravista il 20 agosto dello scorso anno, quando in Parlamento l’avvocato del popolo ha rimesso il suo mandato. In quella mano posata sulla spalla di Salvini e in quel “caro Matteo” si cominciava a intravedere la pasta di cui è fatto un uomo che via via prendeva consapevolezza delle proprie possibilità. Dicevamo che di prove se ne contano parecchie, ma per rendere l’idea basta citare per esempio un’altra trattativa che ha visto Conte protagonista sempre a Bruxelles e cioè la mediazione sul 2.4 per cento di deficit, in vista della presentazione della legge di Bilancio. Nei confini italici, invece, senza andare troppo indietro nel tempo, è sufficiente ricordare il dossier Autostrade. Ancora un Cdm notturno, ore di tira e molla fino all’alba per poi alla fine riuscire a far capitolare Aspi, come si era prefissato di fare. Un decisionismo elegante, insomma. Proprio quello che ha sfoderato al Consiglio europeo e che ieri lo ha riportato a Roma da vincitore. Il presidente del Consiglio aveva puntato tutte le sue fiche sul Recovery fund. Ci aveva scommesso, ma anche creduto. Senza ignorare, al tempo stesso, di correre un grande rischio. Anche perché, se l’intesa fosse stata al ribasso, ad attenderlo al varco ci sarebbero state non solo le opposizioni, sempre allerta nell’invocare le urne, ma pure la maggioranza scalpitante che lo sostiene, pronta a processarlo. E, invece, è tornato più forte di prima. Al punto da poterlo sbandierare in Parlamento, oggi, nel corso dell’informativa per riferire appunto degli esiti di questo Consiglio europeo, e dire a gran voce che il risultato raggiunto “non era affatto scontato” a marzo. E poi ancora: “Quello che consideravo un auspicio oggi è certezza”. Non senza, mostrando ancora una volta tutto il suo standing, ringraziare tutti i ministri, la maggioranza e le forze di opposizione, ma soprattutto gli italiani per comportamento tenuto sin dall’inizio della pandemia, “quel senso di comunità”, ha detto il presidente del Consiglio in Aula, che ha rafforzato “l’autorevolezza del governo” nella trattativa.  

Per come si sono messe le cose, quindi, il premier in questo momento sembra svettare. Altro che partito suo. L’avvocato di Volturara Appula non ne ha bisogno. Anche perché nel Pd e nel M5s una personalità così carismatica al momento non c’è. La stessa figura di Mario Draghi, spesso in questi mesi evocata come guida solida, competente e con le entrature giuste nel panorama internazionale, dopo questa trattativa andata a buon fine, appare più sfocata. Di sicuro, non più indispensabile. Ma la gestione contiana del dossier Recovery fund ha prodotto ancora un altro effetto, anch’esso dirompente: spaccare il centrodestra e, soprattutto, complice il forte sentimento patriottico su cui il premier ha fatto leva in Ue, prosciugare l’acqua in cui nuota Salvini. Un dettaglio che, infatti, non è sfuggito a Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d’Italia ha dovuto dare atto al presidente del Consiglio di essere uscito in piedi dal negoziato, al contrario del segretario del Carroccio che invece è rimasto da solo a gridare alla fregatura.

Certo, il bello deve ancora venire. La vera prova del fuoco comincia ora con il fiume di risorse da gestire e indirizzare sulle riforme giuste. E’ qui che si misurerà davvero la capacità di Giuseppe Conte che, dal canto suo, non sembra avere alcuna intenzione di mancare un simile appuntamento con la storia. Prova ne è il suo annuncio a caldo di una task force per gestire questo piano Marshall. Una mossa che ha subito messo sul chi vive Luigi Di Maio. L’ex capo politico M5s vorrebbe infatti una cabina di regia che coinvolga i ministri. Qualunque sarà il punto di caduta, comunque, c’è da scommettere che alla fine Conte si riserverà la supervisione e l’ultima parola. Con buona pace del ministro degli Esteri. E, mutatis mutandis, invece, con il placet del movimentista Alessandro Di Battista. L’ex parlamentare M5s, vissuto quale nemico giurato di questo governo, oltre a salutare con soddisfazione l’intesa raggiunta a Bruxelles - in un post sui social ha parlato di “risultato eccellente” -, ha anche fornito un grande assist al premier: “E’ stato Conte ad ottenere miliardi di euro per l'Italia? Sì, quindi è bene che sia lui ad avere la responsabilità della gestione di queste risorse. È una questione di giustizia e anche di interesse generale”. La responsabilità della gestione, appunto: una prova difficile. Il vero esame di Stato per conquistare davvero il titolo di avvocato del popolo. Perché, appunto, Conte dovrà dimostrare che la bussola sarà sempre e solo l’interesse generale, il bene del Paese. Dalla sua, però, ha uno strumento importante: l’indipendenza. Un’autonomia che può consentirgli di portare a casa le riforme urgenti che servono all’Italia. Per carità, questa indipendenza può anche rivelarsi un’arma a doppio taglio. Non avendo partiti alle spalle, non dovendosi piegare ad alcuna logica clientelare, libero dai legacci di favori da rendere, infatti, non è da escludere che il premier si imbatterà in una lunga teoria di ostacoli, frapposti dall’establishment e dalle consorterie dei poteri forti. Ma di questo Conte ne è consapevole. Riuscirà nell’intento titanico? Un intero Paese,  provato dagli accadimenti, ci spera e lo aspetta al varco. Sta a lui, quindi, misurarsi con questa prova e dimostrare di non essere stato soltanto un incidente, seppure positivo, della Storia.

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