Dino Giarrusso, europarlamentare M5S, in un paio di post nei quali si paragona ai martiri diffamati con metodo mafioso - e scomoda persino Falcone e Borsellino - annuncia una querela nei confronti di Repubblica per un articolo che si occupa dei contributi da lui ricevuti per il finanziamento della campagna elettorale del 2019. Giarrusso parla di "killeraggio, insinuazione folle, diffamazione purissima". Accusa Repubblica di essersi fatta strumento delle "persone più squallide della terra, delle mafie, delle dittature, delle peggiori espressioni della storia umana".
Sono dichiarazioni che - si legge su Repubblica.it -, per la loro evidente scollatura con il comune senso della misura e del pudore, non meriterebbero alcun commento, se non per respingere un goffo tentativo di limitare la libertà di informazione facendo leva ancora una volta sulla gogna dei social e sull'insulto da far condividere acriticamente ai propri seguaci. Metodo violento, questo sì, che prende di mira l'esercizio del diritto di cronaca e ne fa oggetto di un insulso plotone d'esecuzione. Per fortuna, poi ci sono i fatti, incontestabili. Nell'articolo al quale Giarrusso fa riferimento, ci siamo limitati a riferire quanto è all'attenzione, da alcuni giorni, degli organismi di garanzia del M5S. L'eurodeputato è sotto "processo" da parte dei probiviri per avere incassato alcuni contributi, che per misura (oltre i 3 mila euro) e natura (sono stati fatti da lobbisti) violerebbero regole scritte e principi fondanti del Movimento. Nell'ambito di questo procedimento si sta verificando anche il rapporto fra Giarrusso e la società Irbm di Pomezia, che si occupa di biotecnologie: questa società, nel periodo in cui l'attuale deputato europeo lavorava nello staff del sottosegretario al Miur Lorenzo Fioramonti, ha beneficiato di una convenzione con il Cnr (ente vigilato dal ministero) per l'affidamento senza gara del progetto di realizzazione di una tv scientifica, del valore di oltre 9 milioni di euro. Quando Giarrusso ha lasciato il ministero per candidarsi alle Europee, la moglie e un'altra persona vicina al titolare della società gli hanno dato un contributo complessivo da quasi 10 mila euro per le spese elettorali.
Questa, in sintesi, la storia. Nell'articolo abbiamo rimarcato che non c'è alcuna prova di un ruolo attivo di Giarrusso nella concessione dell'appalto e abbiamo sentito tutte le parti in causa: abbiamo chiamato il presidente dell'Irbm, che con estrema disponibilità ha dato la sua versione dei fatti, dicendo di aver voluto finanziare l'ex inviato de Le Iene solo perché "persona di valore" e difendendo una "legittima attività di lobbying". Abbiamo cercato di parlare con lo stesso Giarrusso. Che ha chiesto, prima ancora di conoscere le nostre domande, di rileggere preventivamente l'intero articolo (e non solo le sue dichiarazioni), poi si è rifiutato di rispondere a qualsiasi richiesta di informazioni, passando al telefono una avvocatessa che non si è qualificata e che ha minacciato più volte querele. L'articolo è stato, com'è ovvio, ugualmente pubblicato sul web e ciascuno può farsi la propria idea sulla vicenda che riguarda Giarrusso. Repubblica ha solo raccontato un aspetto di un fatto (il "processo" interno all'eurodeputato) che ha avuto spazio su tutti i media. E senza prendere posizione. Com'è giusto che sia: ma forse Giarrusso, malgrado le sue esperienze televisive, non ricorda bene cosa sia la deontologia professionale.
IL COMUNICATO DEL CDR DI REPUBBLICA
Il Cdr di Repubblica esprime la solidarietà di tutti i giornalisti di Repubblica al collega Emanuele Lauria attaccato in maniera violenta e scomposta dal parlamentare europeo grillino Dino Giarrusso per un articolo sul suo deferimento ai probiviri del Movimento Cinque Stelle. Come sempre Repubblica continuerà raccontare notizie ed eventi e non sarà alcuna minaccia ad intimorire il lavoro dei giornalisti, caposaldo di ogni società democratica.
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