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Politica
Economicamente il Mes conviene. Risparmio di 700 milioni di euro all’anno

 

Un dibattito ideologico. Alla vigilia del voto in Senato sulla mozione Bonino, meglio chiedersi quali obiettivi sociali perseguire. Il punto di vista di un manager della sanità

 

Da diverse settimane si discute della possibilità che il governo Conte acceda ai fondi del cosiddetto “Mes sanitario”. Nelle prossime ore il Senato sarà chiamato a pronunciarsi in maniera netta, con un sì o con un no, su una mozione di Più Europa  di Emma Bonino. Un aut aut che rischia di mettere in difficoltà il governo e la maggioranza, che su questo tema è divisa.

Quanti si oppongono al Mes sostengono che farebbe scattare vincoli e condizionalità potenzialmente controproducenti.

Meglio fare chiarezza. Il documento approvato dall’Eurogruppo l’8 maggio scorso ha precisato le condizioni della nuova linea di credito mirata a finanziare esclusivamente le spese sanitarie dirette e indirette dovute all’emergenza Covid. L’accordo prevede anche la sorveglianza, non su come verranno spesi i fondi, ma sul fatto che i fondi siano indirizzati proprio ai settori indicati nella richiesta di credito.

Ciascun paese potrà ottenere un prestito fino al 2% del proprio Pil (circa 36 miliardi di euro per l’Italia), di durata decennale, a fronte di un piano dettagliato delle spese sanitarie che si intendono pianificare. Il tasso d’interesse del prestito sarà molto basso, probabilmente attorno allo 0.1 %.

Ora imperversa un dibattito in larga parte ideologico e condizionato dallo scontro tra le forze politiche. Credo invece che la domanda da porsi sia se all’Italia convenga richiedere i fondi del Mes.

Se confrontiamo i tassi che attualmente paghiamo sui titoli pubblici a 10 anni, circa il 2% contro lo 0.1% del Mes, la risposta è positiva. Se prendessimo a prestito 36 miliardi, si risparmierebbero fino a 700 milioni di euro all’anno di interessi, ovvero tra 7 miliardi in dieci anni.

Vero è che i prestiti Mes sono senior rispetto al debito nazionale, in altre parole quest’ultimo diventerebbe più rischioso, il che potrebbe spingere gli investitori a chiedere tassi più alti sulle prossime emissioni di titoli di Stato.

Ma nel 2012, Draghi ha varato l’OMT (outright monetary transaction) cioè l’acquisto illimitato di titoli pubblici di un paese per contrastare gli attacchi speculativi su i titoli pubblici emessi dagli stati deboli dell’area euro;

tra l’altro l’OMT non è entrato nel mirino della recente sentenza della corte costituzionale tedesca, rendendo lo strumento utilizzabile;

Inoltre è in corso  l’ingente programma di acquisti varato dalla Bce sta facendo da scudo e tenendo a bada i mercati, molto dipenderà anche dalla concomitante, e ormai imminente, approvazione del Recovery Fund per la ripresa economica;

OMT e Recovery Fund  che insieme potrebbero allentare la eventuale  pressione dei mercati sui tassi dei nostri titoli.

Appurata la convenienza economica, sarebbe opportuno quindi discutere su come utilizzare al meglio le eventuali nuove risorse disponibili, attraverso progetti concreti ispirati a pragmatismo e visione di lungo periodo.

Evito di elencare qui le sfide per il nostro Sistema Sanitario Nazionale, di cui mi sono occupato in miei precedenti articoli qui su Affari Italiani.

Voglio invece approfittare di questo spazio per lanciare un’idea a cui ogni investimento futuro dovrebbe ispirarsi, riassumibile nella formula “la medicina sempre più vicina al paziente”. Sia nel senso di una medicina maggiormente empatica e consapevole dei bisogni dei cittadini, sia nel senso di un’assistenza medica non più erogata solo centralisticamente, ma portata fino a casa, con l’assistenza domiciliare e con l’ausilio degli strumenti digitali.  

Non sarebbe solo un investimento economico, tecnologico e organizzativo.

Sarebbe prima di tutto un investimento sociale capace di rinforzare il senso di appartenenza a una comunità che protegge, cura e rassicura.

La vicinanza dovrebbe diventare il valore guida delle nostre scelte in materia sanitaria, tanto più se si decide di accedere a risorse finanziarie fresche, non assorbite dalla spesa corrente, ma da destinare a investimenti che modernizzino il nostro sistema e facciano sentire i cittadini/pazienti parte di un grande Paese che non li abbandona.

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    mes sanitario





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