Europa sì, Europa no. Meloni torna all'attacco di Bruxelles - Affaritaliani.it

Politica

Europa sì, Europa no. Meloni torna all'attacco di Bruxelles

La strategia della premier per cercare di ottenere tre risultati in uno

di Antonio Mastrapasqua

Meloni torna all'attacco di Bruxelles

Europa sì, Europa no. Qualche anno fa il ritornello era: Italia sì, Italia no. Non vorremmo che la terra dei cachi si fosse estesa a tutto il Vecchio Continente. Oggi il sì e il no per l’Europa sembra essere una utile via di fuga per cercare il solito capro espiatorio. E in questo la premier Giorgia Meloni dimostra una riconosciuta abilità.

Dopo un turno elettorale insoddisfacente rimette mano agli argomenti anti-europei per cercare di ottenere tre risultati in uno. Primo: blandire gli industriali italiani – il nuovo sussulto contro Bruxelles è avvenuto durante l’assemblea di Confindustria – in cerca di semplificazioni; che cosa c’è di meglio che ribadire le accuse all’Ue come “super-struttura burocratica”, che arrivando alla “iper-regolamentazione” ha soffocato il nostro sviluppo?

Secondo: strizzare l’occhio a Trump, che durante i negoziati da poker, per i dazi, ha formulato di fatto la stessa accusa agli uffici di Bruxelles: inconcludenti. Terzo: ricompattare la maggioranza di Governo, dopo il contraccolpo elettorale; che cosa c’è di meglio che tornare ai grandi temi anti-europei della campagna elettorale del 2022?

L’intemerata anti-europea di Giorgia Meloni all’assemblea di Confindustria è stata ruvida, con parole dure su diversi fronti. Per dire che l'Europa “deve avere il coraggio di rimuovere i dazi interni”; per dire che “il rilancio del mercato unico europeo è una priorità”; per dire che la burocrazia europea è insopportabile, con il suo eccesso di produzione normativa: con “quasi 400 chilometri lineari di Gazzette ufficiali dell'Ue” che contengono “norme assurde che ci dicono che un fagiolo non è un fagiolo europeo se ha un diametro inferiore a un centimetro”.

L’Europa così com’è temo che piaccia a pochi, tra cittadini e imprenditori – compresa la sua ondivaga svolta belligerante impressa dalla guerra in Ucraina – ma sarebbe ingiusto considerarla una creatura senza padri. Alle origini ci sono gli Stati fondatori, tra cui l’Italia tra i primi. Poi ci sono stati autorevoli rappresentanti italiani con crescenti responsabilità di governo e di rappresentanza parlamentare: da Romano Prodi a Emma Bonino, ma anche dall’altra parte della politica italiana non possiamo dimenticare Franco Frattini o Antonio Tajani, fino al vicepresidente esecutivo espresso dall’attuale Commissione, nella persona di Raffaele Fitto.

Insomma, l’Europa non è nata sotto un cavolo, e non è cresciuta senza il contributo di tutti. Tutti gli Stati, tutti gli schieramenti politici. Un esempio insigne – anche se opinabile – di lottizzazione che tende alla perfezione. Più Nord che Sud? Forse. Più centro-sinistra che centro-destra? Anche. Ma sempre secondo schemi rigorosamente cencelliani (per dirla all’italiana).

Anche le scelte più pittoresche – ce ne sono state, intendiamoci, l’Europa non ha sempre fatto grande sfoggio di sé – sono state sempre bilanciate e condivise. Per restare alle cose che hanno a che fare con casa nostra potremmo rammentare l’incredibile “caso Di Maio”. La ex stella nascente del Movimento 5 Stelle, venne nominato “rappresentante speciale dell’Unione europea per il Golfo Persico”, come se fosse un debito contratto dalla maggioranza che perse le elezioni nel 2022; ma poi è stato confermato nell’incarico con la nuova legislatura e la nuova maggioranza. Equilibrismi perfetti, almeno nelle forme. Sulla sostanza sospendiamo il giudizio.

Ma sulla sostanza non si può essere credibili quando si alternano giudizi favorevoli e contrari in tempi troppo ravvicinati. Già prima del rinnovo della Commissione europea a presidenza Ursula von der Leyen - cioè nella stagione dell’Ursula prima, o almeno nel finire del suo governo della precedente legislatura europea – Giorgia Meloni ha dimostrato e ostentato una sintonia che varcava ampiamente la complicità femminile.

La nostra premier ha speso grandi sforzi, attraverso il suo ufficio stampa, per farsi immortalare a fianco di Ursula, in fitti colloqui e smorfie di simpatico consenso. Ma di che cosa parlavano? Su cosa consentivano, per che cosa stavano tessendo una relazione così ostentata? Di Europa, no?

LEGGI TUTTE LE ULTIME NOTIZIE DI POLITICA