Politica
Europa sì, Europa no. Meloni torna all'attacco di Bruxelles
La strategia della premier per cercare di ottenere tre risultati in uno

Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen
Meloni torna all'attacco di Bruxelles
Europa sì, Europa no. Qualche anno fa il ritornello era: Italia sì, Italia no. Non vorremmo che la terra dei cachi si fosse estesa a tutto il Vecchio Continente. Oggi il sì e il no per l’Europa sembra essere una utile via di fuga per cercare il solito capro espiatorio. E in questo la premier Giorgia Meloni dimostra una riconosciuta abilità.
Dopo un turno elettorale insoddisfacente rimette mano agli argomenti anti-europei per cercare di ottenere tre risultati in uno. Primo: blandire gli industriali italiani – il nuovo sussulto contro Bruxelles è avvenuto durante l’assemblea di Confindustria – in cerca di semplificazioni; che cosa c’è di meglio che ribadire le accuse all’Ue come “super-struttura burocratica”, che arrivando alla “iper-regolamentazione” ha soffocato il nostro sviluppo?
Secondo: strizzare l’occhio a Trump, che durante i negoziati da poker, per i dazi, ha formulato di fatto la stessa accusa agli uffici di Bruxelles: inconcludenti. Terzo: ricompattare la maggioranza di Governo, dopo il contraccolpo elettorale; che cosa c’è di meglio che tornare ai grandi temi anti-europei della campagna elettorale del 2022?
L’intemerata anti-europea di Giorgia Meloni all’assemblea di Confindustria è stata ruvida, con parole dure su diversi fronti. Per dire che l'Europa “deve avere il coraggio di rimuovere i dazi interni”; per dire che “il rilancio del mercato unico europeo è una priorità”; per dire che la burocrazia europea è insopportabile, con il suo eccesso di produzione normativa: con “quasi 400 chilometri lineari di Gazzette ufficiali dell'Ue” che contengono “norme assurde che ci dicono che un fagiolo non è un fagiolo europeo se ha un diametro inferiore a un centimetro”.
L’Europa così com’è temo che piaccia a pochi, tra cittadini e imprenditori – compresa la sua ondivaga svolta belligerante impressa dalla guerra in Ucraina – ma sarebbe ingiusto considerarla una creatura senza padri. Alle origini ci sono gli Stati fondatori, tra cui l’Italia tra i primi. Poi ci sono stati autorevoli rappresentanti italiani con crescenti responsabilità di governo e di rappresentanza parlamentare: da Romano Prodi a Emma Bonino, ma anche dall’altra parte della politica italiana non possiamo dimenticare Franco Frattini o Antonio Tajani, fino al vicepresidente esecutivo espresso dall’attuale Commissione, nella persona di Raffaele Fitto.
Insomma, l’Europa non è nata sotto un cavolo, e non è cresciuta senza il contributo di tutti. Tutti gli Stati, tutti gli schieramenti politici. Un esempio insigne – anche se opinabile – di lottizzazione che tende alla perfezione. Più Nord che Sud? Forse. Più centro-sinistra che centro-destra? Anche. Ma sempre secondo schemi rigorosamente cencelliani (per dirla all’italiana).
Anche le scelte più pittoresche – ce ne sono state, intendiamoci, l’Europa non ha sempre fatto grande sfoggio di sé – sono state sempre bilanciate e condivise. Per restare alle cose che hanno a che fare con casa nostra potremmo rammentare l’incredibile “caso Di Maio”. La ex stella nascente del Movimento 5 Stelle, venne nominato “rappresentante speciale dell’Unione europea per il Golfo Persico”, come se fosse un debito contratto dalla maggioranza che perse le elezioni nel 2022; ma poi è stato confermato nell’incarico con la nuova legislatura e la nuova maggioranza. Equilibrismi perfetti, almeno nelle forme. Sulla sostanza sospendiamo il giudizio.
Ma sulla sostanza non si può essere credibili quando si alternano giudizi favorevoli e contrari in tempi troppo ravvicinati. Già prima del rinnovo della Commissione europea a presidenza Ursula von der Leyen - cioè nella stagione dell’Ursula prima, o almeno nel finire del suo governo della precedente legislatura europea – Giorgia Meloni ha dimostrato e ostentato una sintonia che varcava ampiamente la complicità femminile.
La nostra premier ha speso grandi sforzi, attraverso il suo ufficio stampa, per farsi immortalare a fianco di Ursula, in fitti colloqui e smorfie di simpatico consenso. Ma di che cosa parlavano? Su cosa consentivano, per che cosa stavano tessendo una relazione così ostentata? Di Europa, no?