Forconi, fenomenologia di un disagio collettivo
Di Francesco Girau per ItaliaFutura
Sui cosiddetti “Forconi” o “Movimento 9 dicembre” abbiamo sentito dire da tutti un po’ di tutto. Ma proviamo ad analizzare questo fenomeno con una certa pragmatica.
E’ indubbio che la situazione sociale ed economica del Paese sia ormai giunta a livelli insostenibili per gran parte dei lavoratori e delle categorie produttive e che i sintomi del malessere iniziassero a manifestarsi a cominciare, per esempio, dalla disaffezione dalla politica. Tant’è, che nel giro di pochi anni la partecipazione al voto è letteralmente crollata mentre è esploso il consenso verso i movimenti che si fanno portatori di un voto di protesta.
Tutto questo ci fa capire quanto il Paese sia in sofferenza e in subbuglio ed era logico, quindi, che prima o poi scoppiasse qualcosa di inevitabile e di incontrollabile. Infatti, abbiamo assistito nell’arco di tre giorni alla mobilitazione in piazza di agricoltori, autotrasportatori, artigiani, commercianti, piccoli imprenditori, disoccupati, studenti, semplici cittadini ecc. Tutti scesi in piazza per manifestare rabbia e indignazione nei confronti di una classe dirigente e politica, responsabile, a sentir loro, di aver portato alla miseria migliaia di incolpevoli famiglie.
Le proteste che in queste ore stanno infiammando il Paese, attenzione, ci devono far capire che non sono mosse dal fuoco dell’ideale politico o da quello della rivendicazione sindacale, ma gli uomini e le donne che oggi provano a farsi sentire sono mossi unicamente da esigenze di primaria necessità quali il cibo o più genericamente la necessità di sopravvivenza.
Inquadrare questo fenomeno attraverso diverse altre letture, per quanto anch’esse presenti nello scenario degli eventi, significherebbe distogliere lo sguardo dal vero problema che muove questo fenomeno, sottovalutarne la portata, alimentando una reazione ancora più esasperata ed estrema, destinata a montare e a trascinare il malcontento ovunque, travolgendo tutto e tutti.