Politica
Giorgia Meloni vuole un grande partito conservatore: fermento nel centrodestra

Non è solo la prospettiva di poter essere decisivi nella corsa al Quirinale ad agitare le acque nel rapporto tra FDI, Lega e Forza Italia
Il Governo Draghi ha creato una frattura nel campo del centrodestra, accelerando un percorso che era già stato delineato diverso tempo fa
C’è un grande fermento nel campo politico del centrodestra. Non solo per le imminenti elezioni del prossimo Presidente della Repubblica, in cui mai come ora il Centrodestra potrebbe avere il pallino del gioco in mano, ma anche per l'attesa che si sta creando in tutti e tre i partiti che formano la coalizione. Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia per diversi motivi stanno cercando di trovare una sorta di via d’uscita dall’impasse, in cui il governo Draghi ha sicuramente creato non solo nel centrodestra. Ma il fatto che nella coalizione ci siano due partiti al governo ed uno, FDI, all’opposizione, certamente contribuisce a creare una qualche discrasia sull'atteggiamento e sulla condotto politica da portare avanti.
Salvini-Meloni: sfida per la leadership
La Lega e Forza Italia inevitabilmente si trovano su posizioni spesso divergenti da quelle di Fratelli d'Italia. Il risultato deludente delle recenti amministrative, come ammesso dalla stessa Meloni, è stato in parte anche frutto di questa anomalia. Salvini, alle prese con i suoi bei problemi fra ala governista e ala movimentista, ha provato la carta della federazione del centrodestra, chiaramente a guida leghista, prima in Italia ed ora con lo stesso schema anche in Europa. Ma in ambedue i casi le sue ambizioni sembrano scontrarsi con chi quel ruolo lo rivendica a buon diritto per sé: Giorgia Meloni, che oltre ad essere la leader di Fratelli d’Italia è anche da qualche mese presidente del gruppo Ecr in Europa. Forse proprio sulla scorta dei tentativi del suo alleato di allargarsi verso il campo conservatore liberale, e per liberarsi una volta per tutte dalle accuse di commistioni con i gruppi neofascisti e nostalgici, la leader di FDI in occasione di un incontro con i candidati milanesi al teatro Dal verme, ha espresso il desiderio di voler “aggregare energie nuove”.
I precedenti della DC e di Forza Italia
Nello specifico la Meloni ha chiarito che è sua intenzione di portare avanti il progetto di unire tutte le forze conservatrici e liberali, che comprendano la società civile, le forze politiche e quelle del mondo accademico ed intellettuale, in unico grande contenitore. Per la prima volta quindi si aprirebbe la prospettiva di arrivare a quel grande partito conservatore, che tutti i grandi paesi occidentali hanno, ma che nel nostro paese ha per ora sortito solo dei cloni mal riusciti. A cominciare dalla Democrazia Cristiana, troppo legata a logiche e consensi trasversali a tutto campo per potersi definire un vero e proprio partito conservatore, per arrivare all’ibrido berlusconiano, che non si poteva certo definire partito conservatore tout court, per le sue troppe commistioni con interessi di parte e logiche che poco avevano da spartire con lo spirito liberale conservatore. Molti sostengono che per il centrodestra quello potrebbe e dovrebbe essere il naturale approdo per superare la logica di coalizioni che faticano a trovare uno spirito comune che li possa meglio aggregare ed amalgamare (stesso identico, sia chiaro, può essere fatto per il campo progressista). Come recentemente affermato dal politologo Alessandro Campi sulle colonne de Il Giornale, “bisognerebbe provare a fare un partito conservatore di massa. Una cosa che in Italia non c'è stata mai e che sarebbe dirompente nel nostro panorama politico.” Concetto che già nel lontano settembre del 2018, in tempi non sospetti, aveva già espresso la stessa Meloni affermando: “Siamo pronti per ricostruire il centrodestra, non un’operazione di restyling pre-elettorale, ma la fondazione di un grande movimento conservatore e sovranista che metta al primo posto la Patria e l’identità”.
Da Roma all'Europa
Molta acqua è passata sotto i ponti ed ora la leader di FDI sembra pronta ad un passo ulteriore, per rendere reale e più concreto questo progetto. Magari liberandosi dagli ultimi rigurgiti di sovranismo, concetto ormai svuotato da molti dei suoi significati e spesso ormai sbandierato come un totem dalla sinistra, per rappresentare come unico comune denominatore il presunto antieuropeismo della destra. E per farlo si pensa a coinvolgere le fondazioni, come Farefuturo di Adolfo Urso, i think tank, le organizzazioni della società civili ed intellettuali, personaggi pubblici e liberi pensatori, che hanno aderito a settembre scorso a quel “manifesto dei conservatori per Roma”, che non a caso la Meloni ha citato espressamente nel suo recente intervento a Milano. Per fare ciò la Meloni sembra non volersi limitare al solo perimetro italiano, ma guarda sia all’Europa, grazie al suo ruolo di presidente del partito conservatore dell’Ecr, e sia oltreoceano, grazie ai rapporti stretti costruiti in questi anni con i repubblicani e ultimamente con l’autorevolissimo think thank IRI (International Republican Institute).
L'IRI e la crisi del PPE
Il 10 settembre scorso, il think tank americano, che ha una sede a Parigi ed una a Bruxelles e strette connessioni con le principali istituzioni europee, ha organizzato proprio in collaborazione con la fondazione Farefuturo, un seminario a porte chiuso al Senato sulla situazione geopolitica internazionale e il ruolo dell’Europa nello scacchiere internazionale. Il fatto che l’IRI sia uno dei più ascoltati pensatoi della destra conservatrice americana e che sia da sempre un punto di riferimento dei popolari europei rappresenta in maniera plastica come la Meloni stia diventando, anche a livello internazionale, una leader sempre più credibile e spendibile per quella parte politica. Il think tank americano, come riportato da alcune fonti presenti al seminario a porte chiuse, vedrebbe con preoccupazione la profonda crisi di identità e di leadership in cui versa il PPE europeo. Una crisi che evidentemente pone perciò riflessioni anche nel campo conservatore oltreoceano, che vuole quindi sondare nuove possibili alleanze e scenari nel vecchio Continente.
L'esperienza del PDL e la spinta data da Draghi
L’idea di un grande partito conservatore italiano che possa unire anche forze magari non così attigue od organiche all’attuale Fratelli d'Italia, potrebbe essere quindi la chiave di volta per rompere quello schema ormai stantio, creato dalla discesa in campo di Berlusconi venti anni fa, e donare alla Meloni una più ampia ed autorevole leadership anche a livello internazionale. La formazione del governo Draghi con il suo dirompente impatto sui partiti, ha sicuramente contribuito ad accelerare un processo, a cui si sta lavorando da tempo. Quello che insegue la Meloni non è tanto, o non è solo, il partito unico di centrodestra che vorrebbero Berlusconi e Salvini (forse un pò meno i loro parlamentari o meglio una buona parte di essi), ma un partito che possa essere un vero aggregatore di idee, progetti e valori comuni, proprio quello che mancò al progetto al Popolo delle Libertà, e che fu alla base del suo fallimento. In poche parole, quel partito conservatore che il nostro paese non ha mai avuto.