"Il Governo Draghi, è un'opportunità ma anche un rischio. Ecco perché" - Affaritaliani.it

Politica

"Il Governo Draghi, è un'opportunità ma anche un rischio. Ecco perché"

Di Emiliano Morrone

Intervista a Giuseppe De Mita, avvocato, già vicepresidente della Regione Campania, esponente di Popolari in rete

La discussa “missione” di Salvini in Polonia è una riprova che il Centro moderato può avere più successo elettorale, dopo due anni di pandemia e una guerra che sta producendo morti e tragedie umane, anche mettendo in evidenza i limiti del processo di unificazione europea?

La missione di Salvini prova principalmente il fallimento della seconda Repubblica, a cosa si sia stata ridotta la politica in Italia e quale sia il grado di comprensione della rilevanza della politica estera sulla politica interna di un Paese. In sé la missione è patetica e grottesca, quello che è tragico è il pressapochismo con il quale sono stati espressi elogi a Putin in passato, ignorando le questioni che la sua politica avrebbe posto all’Italia.

Certo il suo comportamento, come quello di altri politici in queste ore drammatiche, rinvia al senso di smarrimento di intere aree sociali del Paese, prive di riferimenti politici che possano offrire loro una spiegazione delle cose e una soluzione a problemi complessi. In modo impietoso la realtà ci sta dicendo quanto populismo e demagogia siano una via pericolosissima. L’Europa, come ci stanno dimostrando i fatti, non andava abbattuta, ma costruita nella sua completezza con due tasselli dei quali in queste ore si avverte l’urgenza: debito comune e difesa comune.

Credo però che questo smarrimento sociale sia una domanda che non contiene in sé una risposta scontata ed automatica: il Centro moderato. Si tratta di un disagio che va organizzato. Forse anche evitando formule geometriche, come la parola “Centro”, e termini inattuali, come la parola “moderato”.

 

Con la guerra e il conseguente inasprimento della crisi economica, che cosa cambia nella geografia politica italiana, anche in rapporto all’evoluzione dell’Unione europea?

C’è da attendersi che emerga, anche se in maniera non ancora maggioritaria, un umore sociale che guardi con sospetto e diffidenza l’approssimazione di contenuti, la superficialità di analisi e l’eccitazione dei problemi senza offrire risposte precise. È un moto sociale fisiologico, già registrato con Ciampi e con Monti prima di Draghi. Questa istanza ha bisogno di non essere tradita o strumentalizzata. Non escludo infatti che nell’immediato avremo una resistenza delle posizioni di radicalismo populista a destra come a sinistra. Ma sarà il terreno della realtà ad imporre una selezione. E probabilmente la mondializzazione dei problemi renderà la questione europea un vero discrimine. Adesso non si può rinunciare all’Europa. Nemmeno la si può continuare a subire nella sua costruzione sghemba e iperburocratica. Occorre un’Europa dei popoli e delle persone.

Come si pongono i Popolari rispetto al governo Draghi e all’ipotesi degli Stati uniti d’Europa?

Personalmente ritengo l’esperienza del governo Draghi un’opportunità ed un rischio, a seconda di quello che sarà lo sviluppo degli eventi.

È un’opportunità, nella misura in cui, grazie alla sua autorevolezza, ha aperto il varco per la messa in discussione dei vincoli di bilancio del Patto di stabilità e l’introduzione di strumenti per la condivisione del debito.

È un rischio, nella misura in cui dovesse consolidarsi la tendenza a ritenere che quando i problemi diventano seri siano i tecnici e non la politica a doverli affrontare: ma questo, sia chiaro, dipende dalla scarsa qualità della politica.