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Politica
Governo, Conte prepara la strategia per il "draghicidio" ma Mario va avanti
Giuseppe Conte 

Governo, Conte cerca il pretesto per buttare giù Draghi

Incontro chiarificatore? Ma per l’amor del cielo! Quello tra Mario Draghi e Giuseppe Conte è stata solo la consacrazione pubblica di un’infinita (quanto sfiancante) resa dei conti “personali” che va in scena da mesi e che - c’è da giurarlo - condizionerà il percorso futuro dell’esecutivo anche nella redazione della manovra 2023. E di conti in sospeso tra i due ce ne sono, eccome!

Dal cambio della guardia a Palazzo Chigi quando un Mister-Bce sulla rampa di lancio defenestrò un Conte esangue, prigioniero degli scivoloni compiuti sulle misure anti-pandemia: sgarbo che l’avvocato del popolo non ha mai dimenticato e non intende affatto perdonare; fino alla battaglia per il Quirinale dove - a parti invertite - la corsa di Mario Draghi verso il Colle fu sbarrata proprio dal principale partner di governo.

Ruggini rinvigorite dalla recente vicenda della scissione grillina: un autentico “complotto” ordito da Palazzo Chigi secondo i contiani, che ha tolto dalle mani di Giuseppe Conte la golden share (ovvero i numeri per avere in pugno le sorti) del Governo relegando il Movimento pentastellato a secondo gruppo parlamentare di maggioranza con un potere contrattuale - a dir poco - dimezzato.

Bastone e carota, come farebbero intendere le parole del Premier pronunciate alla vigilia dell’incontro (poi saltato per la tragedia della Marmolada) secondo cui “non può esserci un governo senza il Movimento 5 Stelle”. Giuseppe Conte sa bene di essere caduto dalla padella nella brace, in un vero cul de sac e, come un pesce nella rete, tenta di dimenarsi per trovare una via d’uscita che neppure Beppe Grillo (consumato e raffinato politico al di là dei vaffa) ha potuto assicurargli.

Ma Draghi, anche questa volta, non ha voluto stravincere. È troppo arguto, astuto e ben consigliato per umiliare l’avversario. Assieme all’onore delle armi (tributo concesso agli sconfitti) il Premier non poteva che (almeno a parole) apprezzare molte delle richieste avanzate dal “Presidente dei portavoce del popolo” affinché, lo stesso, abbandonato ormai anche da Grillo (che si è ben guardato da accompagnarlo), potesse politicamente “salvare la faccia”.

Il copione è rispettato. La pace a favore di telecamere è sancita (e non poteva essere altrimenti). Ma le ruggini restano tutte e - per Conte - la separazione è ormai una scelta d’onore, un passo ineludibile, un'esigenza di sopravvivenza politica. Servirà una scusa; quel pretesto che Draghi non gli offrirà mai!

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