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Politica
Governo, deleghe ai sottosegretari. Dopo 5 mesi ne mancano due terzi

La precarietà, si sa, è anche uno stato d’animo e la precarietà è un po’ il mood di questo governo. Nato “d’emergenza” e non “balneare”, nonostante il parto agostano, tenta senza molto successo di darsi una prospettiva di legislatura vivendo di continue prove, cadenzate isterie e solite minacce che non si fanno mai realtà: si sta come d’autunno, insomma, anche se ormai è inverno pieno. Questa precarietà ontologica - scrive il Fatto Quotidiano -  ha pure i suoi simboli plastici e uno di questi ha la forma delle deleghe che i ministri devono assegnare a vice e sottosegretari: di quali settori si occupano, quali poteri hanno. Ecco, a cinque mesi dall’insediamento dell’esecu - tivo, solo pochi ministri – e quasi nessuno tra quelli di peso – hanno distribuito le loro deleghe e la cosa ha finito per infastidire persino un animale a sangue freddo come Giuseppe Conte, che se n’è lamentato con gli interessati.

L’invito, per ora, è caduto pressoché nel vuoto: gli ultimi a mettersi in regola, per così dire, sono stati a gennaio Dario Franceschini per i Beni Culturali e Nunzia Catalfo al L avoro, ma all’appello mancano ancora i mega-aggregati come l’Economia, lo Sviluppo economico, l’Interno e gli Esteri. Un plauso va dunque riconosciuto a Lorenzo Guerini – ti - tolare del grosso portafoglio della Difesa, che ha chiuso la questione il 10 ottobre – e ad Alfonso Bonafede, che ha distribuito le deleghe del ministero della Giustiziaa novembre. Quanto al ministero della Salute, altro mastodonte con cospicua capacità di spesa, la bozza del decreto con cui Roberto Speranza assegna le sue deleghe è pronta e aspetta solo il via libera formale. Può sembrare una questione secondaria, ma non lo è: intanto il governo, per legge, è un organo collegiale e come tale deve funzionare per essere efficace; in secondo luogo i sottosegretari hanno compiti fondamentali come presenziare ai lavori parlamentari, Dopo 5 mesi, mancano due terzi delle “deleghe” ai sottosegretari sovrintendere a pezzi della enorme macchina organizzativa dei ministeri e, ovviamente, gestire i rapporti con portatori di interesse e parti sociali per i dossier di loro competenza. Roba complicata da portare avanti senza poteri formali: se i numeri aiutano a capire, circa due terzi dei 43 sottosegretari del Conte 2 non hanno ancora deleghe e molti, dietro garanzia dell’anonimato, se ne lamentano (“è tutto bloccato”). Si pensi alla Farnesina: ad oggi per presenziare alle riunioni internazionali si procede con deleghe ad hoc e la cosa non contribuisce certo a dare peso ai sottosegretari inviati da Luigi Di Maio.

Le due viceministre e i tre sottosegretari aspettano ancora di sapere di cosa si occuperanno: pare che uno dei problemi sia la delega al Commercio estero, che Di Maio ha riportato alla Farnesina dal Mise, reclamata dal renziano Scalfarotto e che il grillino vorrebbe per il fido Di Stefano. Più in piccolo, anche agli Affari Ue ancora non si sono divisi i compiti: e dire che sono in due. Il potentissimo Sviluppo economico, titolare di dossier come l’ex Ilva, è guidato dal 5 Stelle Stefano Patuanelli: anche lì tutto fermo per una guerriglia interna persino ai singoli partiti. Di Telecomunicazioni, ad esempio, oggi si occupa la grillina Mirella Liuzzi, ma il Pd pretende la delega per Giampaolo Manzella visto che il M5S ha già il ministero dell’Innovazione. Sull’e n e rgia, invece, c’è una sorta di derby grillino tra Patuanelli, che vorrebbe tenere la delega per sé, e Stefano Buffagni. Anche al super-ministero dell’EconomiaRoberto Gualtieri non ha assegnato deleghe: il ministro, solo per dare un’idea, ha promesso entro aprile una impegnativa riforma fiscale e sulla delega Fisco c’è una certa maretta (in pole position c’è il dem Antonio Misiani, ma la rivendicano anche i 5 Stelle). Resta da definire pure chi gestirà la partita Banche e mercati finanziari (vedi Popolare di Bari) reclamata dal grillino Alessio Villarosa. Lo stallo coinvolge anche il Viminale, guidato dalla “tec - nica” Luciana Lamorgese, di mestiere prefetto: i partiti non si sono messi d’accordo, fanno sapere, e quindi si prosegue con fraterno volontarismo. La pietra dello scandalo è la delega alla Pubblica sicurezza, che il M5S vorrebbe per Crimi e il Pd per sé: finché non si risolve questa partita, rimangono in ostaggio anche agli Esteri. Bonaccia pure al ministero – doppio fin dal nome – delle Infrastrutture e Trasporti: la dem Paola De Micheli non ha assegnato poteri ai suoi tre sottosegretari e nel frattempo gestisce da sola la partita delle concessioni autostradali.

Persino Conte, come detto, è sbottato. Forse il premier, non bastasse la sparizione elettorale dei 5 Stelle che modifica gli equilibri, intravvede un’al - tra complicazione: che la guerricciola delle deleghe finisca per intrecciarsi con quella assai più complicata delle nomine che inizia tra poco. Tra precarietà esistenziale e appetito di potere, com’è noto, non c’è contraddizione.

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