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Politica
Governo Pd-M5S, Martina rischia il posto. Governativi Pd ko? Via il 'reggente'
Foto LaPresse

L'ipotesi di dialogo con i 5 Stelle rischia di travolgere il Partito Democratico che nel giro di una settimana rischia di trovarsi senza più nemmeno un reggente. Quando e se mercoledì in Direzione nazionale si consumerà infatti la prima vera resa dei conti su due linee contrapposte, quella dei 'governisti' e quella del 'no ai grillini', l’esito potrebbe essere quello di un partito senza testa. Visto che i renziani fanno sapere che le dimissioni di Martina potrebbero essere la logica conseguenza di una sconfitta dei 'governisti'. Di cui il reggente è il portabandiera. Specie a sentire le ultime parole da Vespa: dopo lo scontro al vetriolo con Orfini e Marcucci che l’altro giorno hanno stoppato la sua voglia di aprire ai grillini, oggi al secondo incontro con Fico, Martina vorrebbe andare a dire di "accettare la sfida di M5S" e che "il Pd deve giocare in attacco, anche con Renzi". Perché senza di lui non si può far niente. "Un’intesa con M5S? Ci proverò fino in fondo".

Ed ecco la novità del 25 aprile - scrive il quotidiano La Stampa -. Il viceministro Antonello Giacomelli, ora vicino a Luca Lotti, ha chiesto che «Renzi ritiri le dimissioni» per occuparsi in prima persona di questa fase, che richiede una leadership salda in grado di assumersi responsabilità. Un salto in avanti che, a sentire gli uomini dell’ex leader, non è stato concordato con Renzi. Il quale pare non abbia intenzione di fare marcia indietro. Anche se a sentire altre voci del giglio magico, Matteo ha di sicuro gradito questa suggestione, anche perché sui profili social dei falchi molti chiedono un suo rientro a gran voce. «Giacomelli comincia a dar voce ad una cosa che forse Matteo comincia a pensare. D’altra parte la reazione della base su Twitter l’altro ieri, della serie Renzi torna tu, fa capire che più la situazione si ingarbuglia, più verrà invocato il suo ritorno».

Questa settimana sarà quindi cruciale per il Pd. Che confida nella pazienza del Colle, che potrebbe dare una proroga a Fico e che forse sarebbe più contento se il Pd non si spaccasse come una mela in tale situazione. Renzi ha fatto convocare una riunione del gruppo al Senato mercoledì, stesso giorno in cui si terrà la Direzione, dove i numeri sono a suo favore. Ma dove la conta potrebbe appunto produrre disastri. Dario Franceschini, con i suoi, non nasconde la sua preoccupazione: non solo per il rischio del voto divisivo, quanto per il fatto che un partito che si unisce può gestire una situazione così difficile, se si divide è complicato.

Lo stallo, infatti, può comportare lo stop a qualunque percorso di dialogo. Perché se il Pd è spaccato non si va da nessuna parte, servendo tutti i voti dei gruppi di Camera e Senato per poter dar vita ad un governo. E se c’è chi non dispera in una mediazione tra i Dem per ammorbidire il «niet» di Renzi, nel governo c’è anche chi sospetta che l’ex segretario invece stia già trattando di nascosto con i vertici grillini, per rientrare in gioco in prima persona.

Quel che è certo è che le guarnigioni si posizionano già sul campo di battaglia. Un riscontro fatto da Lotti sui numeri in Direzione squaderna questa situazione: su 210 aventi diritto al voto, 117 sarebbero i renziani doc, 8 i voti di Orfini, 3 di Delrio; dall’altra parte ci sarebbero 9 voti di Martina, 2 di Veltroni, 20 di Franceschini, 32 di Orlando, 14 di Emiliano e poi 5 cani sciolti, gli altri non pervenuti. Ma la minoranza di Orlando non teme la conta, anzi crede che possa dare il via ad un cambio. «Neanche a Renzi conviene fare ostruzionismo, metterà dei paletti», prevede Cesare Damiano, vicino a Orlando. «Il punto nuovo sarà la frattura della maggioranza schiacciante che ha retto il partito fin qui e che ha permesso a Renzi di fare il segretario ombra. Ma se si vota a ottobre per il Pd sarà un bagno di sangue e a Renzi conviene pensarci bene».

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