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Politica

di Adriana Santacroce

Populista e demagogo. Sono i termini più consueti per descrivere Grillo. Anzi, per contestarlo. Da parte di molta stampa come degli avversari che, in questo modo, mettono un tappo sulle sue proposte rifiutando di discuterle e capirle fino in fondo.
Per non parlare poi delle ultime contestazioni. L'appellativo 'fascista' di Bersani e 'black bloc' di Berlusconi sono due facce della stessa medaglia. Due espressioni di chi non vuole capire che, oltre alla politica tradizionale, c'è dell'altro che va compreso prima di essere demolito. Un po' come quando è arrivata la Lega e quasi nessuno, a parte Giorgio Bocca, aveva intuito che quel movimento, a tratti un po' rozzo e folcloristico, avrebbe fatto tanta strada.

E il punto sta proprio qui. La noncuranza per un partito "diverso" ci può stare in un paese abitudinario e tradizionalista. Ma il disprezzo per gli elettori no. Questo è lo stesso errore che ritorna e che, alla fine, è pure controproducente. Dare degli ignoranti agli elettori di Grillo, come accadeva per quelli della Lega, significa far crescere il loro peso. Il corpo elettorale è molto complesso proprio perché non è inquadrabile in un'unica fenomenologia. Il suffragio universale garantisce a tutti il diritto di voto ma da' lo stesso peso a chi ha una laurea e a chi è ignorante, al ricco come al povero. Tutti uguali. E con questo occorre fare i conti. Bisogna rispettare chi vota e parlare a ogni elettore. Il primo che l'ha capito è stato Matteo Renzi che ha sdoganato i simpatizzanti del centrodestra considerati,  da sempre, ignoranti e un po' egoisti  dall'intellighenzia di sinistra. Sbagliato. Berlusconi ha stravinto per anni anche per questa presunta superiorità della sinistra che non capiva che il voto di un operaio vale quanto quello di un imprenditore o di un pensionato delle valli. E ora accade lo stesso.

Il 35% dei giovani pare voti per Grillo. La politica tradizionale ha stufato non solo per la corruzione e le tangenti ma anche per i metodi stantii. Perché appare sempre più autoreferenziale e non in grado di cogliere le esigenze reali e concrete del paese. La rete è una risposta, che può non piacere ma lo è. 
Senza contare che il governo Monti ha delle precise responsabilità. A metà 2011 i sondaggi davano Grillo al 4%.  Nel pieno del governo tecnico, la percentuale è arrivata al 10%. Il resto è storia recente ma, certamente, un governo non eletto (anche se sostenuto da una larga maggioranza) ha dato a molti l'impressione della sospensione della democrazia. Aggiungendo a questo i sacrifici imposti dai professori, e approvati dal 70% del parlamento, i giochi erano fatti. Perché fidarsi ancora dei partiti che o rubano o ci impongono lacrime e sangue senza mai rimetterci di tasca propria? Insomma, presi da uno snobismo e da un disprezzo superficiale, i partiti non hanno saputo impedire che il suo seguito crescesse. Sbagliando clamorosamente.

Ma a prescindere dal suo andamento, il M5S rimane un vulnus in democrazia, nel contenuto e nella forma. Intanto c'è una totale assenza programmatica che disorienta chiunque ne faccia un'analisi. Quando Grillo propone 1.000 euro al mese ai disoccupati per tre anni o quando afferma, in caso di vittoria, di voler mettere al ministero delle finanze una mamma di tre figli perché lei sì, che è capace di far quadrare un bilancio, fa preoccupare più che sorridere. L'onesta è senz'altro un requisito fondamentale ma non è l'unico. Ci vogliono competenza e conoscenze che il comico, accecato dalla sua guerra iconoclastica alla politica tradizionale, sembra dimenticare. La correttezza è una condizione necessaria ma non sufficiente. E questo Grillo e tutti suoi sembrano non considerarlo. Ma il vulnus non è solo questo. È anche il modo in cui Grillo e il suo movimento si presentano a essere antidemocratico. Chi non è con lui è in malafede e disonesto.

Il candidato che ieri diceva di umettare la matita ai seggi, per evitare i brogli, vede nemici dappertutto, non si ritiene in una competizione elettorale ma all'interno di una guerra dove le regole sono saltate. E quando Grillo dal palco urla: "arrendetevi, siete circondati" comunica, anche nella terminologia, l'esistenza di uno status bellico che, per fortuna, non esiste. Per il comico non ci sono diverse visioni del mondo da contrapporre. C'è la sua, che è la verità, e ci sono le altre, che sono frutto di imbrogli e corruzione. Ecco perché il confronto, a suo parere, è inutile. Ecco perché si ritiene in una guerra dove tutto è permesso e dove i termini destra e sinistra non hanno più significato. Perché la destra e la sinistra si oppongono ma si riconoscono reciprocamente. E questo Grillo non lo fa. Non riconosce gli altri in quanto avversari con idee diverse da contestare nel merito ma li bolla da subito con un giudizio di valore: sono venduti e in malafede. Non ha senso opporre la mia visone del mondo a un'altra se reputo la seconda corrotta in ogni caso. Se ritengo che tutti i giornalisti siano a libro paga dei poteri forti perché dovrei  rispondere alle loro domande? Gli altri sono, a priori, in malafede e disonesti quindi non mi interessano i loro contenuti. Io sono l'unica verità. Un'interpretazione della politica assolutistica che, anche se può affascinare nei metodi, è l'opposto del  confronto democratico. A prescindere da quanti voti prenderà il M5S il fenomeno va studiato e affrontato. Perché, altrimenti, rischia di saltare tutto. Destra e sinistra, con in mezzo la democrazia.

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