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Politica
Il reddito di cittadinanza va riformato, non abolito. Draghi freni Pd e Leu

Il fenomeno della povertà, per rispetto verso chi soffre, non puó sfuggire di mano, per evitare che oltre la sfiducia verso le istituzioni, si diffonda la rabbia.

Pensando al fallimento dei navigator e delle politiche attive, che non hanno funzionato, perchè andavano tenute separate da quelle assistenziali, si potrebbe pensare, qualora la forza lavoro non fosse più riqualificabile, ai lavori di pubblica utilità, che non possono certamente essere quelli del fattorino o dell’usciere, figure delle quali la nostra economia ha sempre meno bisogno, ma che potrebbero essere i lavori per manutenere le strade e il verde pubblico o per assistere gli anziani, tutte quelle attività alle quali i giovani non possono sottrarsi.

Nell’ipotesi in cui fosse ancora possibile una riqualificazione, credo che una virtuosa collaborazione tra istituti tecnici e imprenditori che veda formazione e inserimento in azienda strettamente legati dando direttamente le risorse agli attori interessati anzichè alle solite agenzie che sulla formazione non sono allineate alle richieste di professionalità che un mercato in così veloce e profonda trasformazione richiede, potrebbe essere una soluzione percorribile per dare avvio concreto alle politiche attive.

Insomma, misure che vanno nella direzione del puro assistenzialismo non imprimerebbero una sterzata vigorosa alla nostra società che, se non cambia rotta velocemente (forse non è troppo tardi con il premier Draghi), è destinata a trasformarsi in una “società parassita di massa”.

Auspicherei, pertanto, che Draghi frenasse le peggiori pulsioni del mondo comunista ed ex comunista, rappresentato da una parte del PD e Leu per evitare che confluiscano e si saldino con l’ideologia della decrescita felice propria di una parte dei 5 stelle e che attivasse velocemente partnership virtuose tra pubblico (di cui c’è bisogno nei periodi di crisi) e privato per creare nuovi posti di lavoro, accompagnare l’economia sulle due nuove transizioni, quella ecologica e quella digitale e sostenere il capitale umano, sia che si parli di imprenditori, sia che si parli di lavoratori, affinchè stringano un patto per condividere un nuovo modello di crescita e sviluppo, più sostenibile, più inclusivo, più equo, più produttivo, ma per nulla assistenziale, l’esatto contrario di quanto è stato fatto in Italia negli ultimi 15 anni.

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