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Politica

Se difendessi Ilda Boccassini in qualunque contesto, come giurista, come magistrato, come bella donna o in chissà quale altro campo, chi mi conosce rischierebbe di cadere dalla sedia. Ciò non impedisce che l’amore per la verità deve essere più forte dell’antipatia che si può sentire per qualcuno. E stavolta la Boccassini merita di essere difesa.

Innanzi tutto un avvocato gode dell’immunità, per tutto ciò che può dire durante l’arringa. Diversamente come farebbe il legale della parte civile a dare del delinquente, dell’assassino, del sadico e chi più ne ha più ne metta ad un imputato che magari dopo viene assolto, dalla Corte d’Assise? E lo stesso vale per l’avvocato dell’accusa chiamato Pubblico Ministero.

In secondo luogo, quando si parla per ore ed ore, non si può esercitare un ferreo controllo su ogni singola parola che si dice. E proprio per questo, a suo tempo, è stato di esecrabile cattivo gusto rimproverare a Silvio Berlusconi (laureato in giurisprudenza) di avere parlato di “Romolo e Remolo”. Questo è un semplice errore di pronuncia, non come un titolo del Corriere della Sera di oggi: “Chieti: Figlio strozza la madre e l’uccide”. Perché qui l’errore è concettuale, non si può uccidere due volte la stessa persona. E tuttavia nessuno tratterà il Corriere della Sera come la Gazzetta degli Analfabeti.

Dunque bisognerà perdonare alla Boccassini di avere detto che Ruby è “furba di quella furbizia orientale propria della sua origine”. Il magistrato è stato accusato con qualche eccesso di razzismo e di ignoranza in geografia, tanto che si avrebbe voglia di invitare i critici alla calma. Per l’accusa di razzismo, è lecito fare spallucce. Non ci si può attaccare a cose tanto insignificanti. Del resto, “levantino” non è forse sinonimo di “truffaldino, ingannevole, infido, sleale”?

Più interessante è l’accusa di ignoranza in geografia. Innanzi tutto è vero che la stessa parola Marocco corrisponde a Maghreb, che a sua volta significa “Occidente”. Ma nell’Ottocento, quando l’Oriente fu di moda, soprattutto in Francia e in letteratura, si convenne di chiamare “Orient” tutto ciò che era arabo, musulmano, levantino e presentasse i connotati folkloristici ed etnici di quel genere. Proprio per questo l’Oriente della letteratura comprendeva anche il Nordafrica. Flaubert ad esempio ha scritto un “Voyage en Orient” in cui è inclusa la visita all’Egitto. Senza dire che il romanzo Salammbô, orientaleggiante, è ambientato nell’attuale Tunisia. Nessuno può sapere se il lapsus della Boccassini dipenda da ignoranza di geografia o da questa sorta di tradizione di derivazione francese. Certo non c’è da farne un casus belli. Questa era forse l’unica cosa perdonabile della sua arringa.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

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