Mose/ "A Galan un milione di euro l'anno". Renzi furioso
"A Galan venivano consegnate, anche più volte all'anno, somme ingenti di denaro, parliamo di 100 mila euro o anche più. Questo mi è stato riferito da Baita (ex presidente della Mantovani, ndr) che si lamentava delle richieste esose, sia dello stesso Galan quando ne ero la sua segretaria...". Marzo 2013, Claudia Minutillo decide di voltare le spalle al suo presidente, Giancarlo Galan, del quale fu storica segretaria prima di avventurarsi nel mondo dell'imprenditoria con Adria Infrastrutture, senza tuttavia mai abbandonare le vecchie conoscenze del Consorzio Venezia Nuova. Con questo interrogatorio, dopo l'arresto per la vicenda delle false fatturazioni, Minutillo ha rotto gli argini dell'inchiesta toccando il livello politico. "Era un pagamento costante dei politici?", le chiede il pm. "Pagamenti regolari", risponde lei. "Di fatto come se fosse uno stipendio". Sulla cifra hanno parlato in molti convicendo gli inquirenti che Galn da governatore del Veneto (1995-2010) prendeva uno stipendio extra di circa un milione di euro l'anno. Non solo, secondo i pm "si faceva ristrutturare l'abitazione di Cinto Euganeo dall'impresa Tecnostudio...".
TANGENTOPOLI VENEZIA, L'IRA DI RENZI
Quando la notizia dello scandalo tangenti del Mose è arrivata sulle agenzie Matteo Renzi non voleva credere ai suoi occhi. Il premier - come si legge sul Corriere della Sera - era a colloquio con Raffaele Cantone per definire il problema legato al ruolo del commissario anticorruzione nella vicenda delicatissima dell’Expo, ed ecco arrivare quest’altra tegola. «Sono cose raccapriccianti, che fanno malissimo all’immagine dell’Italia e mai come in questo momento questo è controproducente», è stato poi lo sfogo del presidente del Consiglio. E ancora: «Ma come, io sto lavorando come un pazzo per convincere gli investitori esteri a venire nel nostro Paese e finalmente c’è un interesse da questo punto di vista. Si vede muovere qualcosa, anzi più di qualcosa. Però ecco che il passato sembra voler tornare».
Non ci sta, l’inquilino di Palazzo Chigi, a sopportare oltre questo stato di cose. Si è trovato coinvolto suo malgrado nella vicenda dell’Expo, con i cantieri in ritardo, e poi gli arresti e gli avvisi di garanzia. Per cercare di risollevare la situazione ha dovuto «per l’ennesima volta» dire che ci metteva «la faccia», ed ecco arrivare una nuova cattiva novella. Ma ora è l’Expo l’urgenza: «Sarà la vetrina dell’Italia nel mondo: non possiamo sbagliare». Il che significa che non si possono nemmeno bloccare gli appalti delle aziende coinvolte nelle inchieste giudiziarie: vorrebbe dire rallentare tutto, e già la situazione va per le lunghe di per sé perché è partita tardi ben prima che Renzi andasse a Palazzo Chigi. Si potrebbe commissariarle.
«Bisogna muoversi», è l’imperativo del premier. Il che, tradotto in soldoni, significa dare attuazione ai poteri dell’autorità Anticorruzione. Il premier spera di riuscirci già nel Consiglio dei ministri di venerdì, ma non è affatto detto. Comunque su un punto il presidente del Consiglio è chiaro: non si può creare una super struttura nuova e super poteri che sconfinino da quelli previsti dalla legge che istituisce l’autorità Anticorruzione. Non è questa la strada. La via giusta, piuttosto, è quella di affidare a Cantone la supervisione della gestione dell’Expo, senza bisogno di creare attorno a lui nuovi organismi. Lo stesso Cantone, del resto, nell’incontro di ieri non ha chiesto questo. Il magistrato vuole però che venga data attuazione alla legge. Il che significa, ha spiegato al presidente del Consiglio, «che mi siano date le persone che dovrebbero affiancarmi nel mio lavoro, per esempio. Ma i quattro commissari che dovrebbero far parte con me dell’Anticorruzione non ci sono ancora. E poi dobbiamo aumentare i controlli». «Insomma - è stata la risposta di Renzi - sono tutte cose già previste dalla legge».
Vero, verissimo. Purché si facciano, è la raccomandazione di Cantone, che con Renzi sembra aver chiarito ogni problema, ma che non sembra fidarsi troppo della politica. «Bisogna stare attenti - è il succo del suo ragionamento - perché ormai quasi sempre dietro le grandi opere si cela la corruzione». Ed è proprio per evitare che continui il dilagare di questo fenomeno - perché, ribadisce Renzi, «deve essere chiaro a tutti che questa ormai è una roba che appartiene al passato dell’Italia, il nostro Paese non sarà mai più quella cosa là» - che si sta pensando anche ad altro. Oltre a rendere operativa la legge Severino, in modo che si definiscano una volta per tutti i poteri di Cantone, il governo sta valutando l’opportunità di elaborare il testo di un nuovo ddl anticorruzione da presentare in Senato, anche questo come un segnale «forte» per «far capire che si sta facendo sul serio». Comunque, pure Cantone fa «sul serio» e prima che il provvedimento che lo riguarda arrivi in Consiglio dei ministri vorrebbe «vederlo» ed «essere consultato».