Lega, a Pontida non c’è stata una “vannaccizzazione”. Ma sono emerse le quattro anime del Carroccio - Affaritaliani.it

Politica

Ultimo aggiornamento: 16:11

Lega, a Pontida non c’è stata una “vannaccizzazione”. Ma sono emerse le quattro anime del Carroccio

L'analisi socio-politica tra birre e salamelle a volontà

di Alessandro Amadori, politologo e sondaggista

Il risultato? Non una mutazione genetica, ma una convivenza forzata e ancora instabile tra queste anime

Che Pontida è stata, quest’anno? A mio parere, anche osservando sul campo l’andamento dell’evento, quello di domenica 21 settembre è stato un raduno meno euforico del passato, segnato da un clima più riflessivo che trionfale, ma anche da una forte densità simbolica. Sul “pratone” della Bergamasca, la Lega ha celebrato il suo rito identitario, tra bandiere regionali, slogan storici e nuovi ospiti internazionali, ma soprattutto ha messo in scena la complessità della sua fase attuale.

Il dato politicamente più rilevante, a mio parere, è che non c’è stata una “vannaccizzazione” della Lega. Il generale Roberto Vannacci, nuovo vicesegretario federale, ha sì catalizzato l’attenzione mediatica e una parte degli applausi, ma non ha monopolizzato né il palco né la narrazione del partito. La sua presenza, tra citazioni del “giuramento di Pontida” e crociate anti-Islam, ha rappresentato solo una delle anime oggi in campo. Lo ha detto chiaramente Luca Zaia: “Vannacci può essere un valore, se si schiera con la Lega. Ma la Lega è ricca di talenti e i leader si scelgono nei congressi”.

Sempre in termini politologici, Pontida 2025 ha reso visibili le quattro anime della Lega. Innanzitutto, l’anima territorial-populista delle origini, evocata dal richiamo alle radici nordiste, all’autonomia differenziata e alla difesa delle filiere produttive locali. Il federalismo resta un totem, anche se oggi declinato in chiave nazionale.

Poi, l’anima movimentista e “social” di Salvini, che ha rilanciato i cavalli di battaglia identitari (“Liberi e forti”, “Padroni a casa nostra”), ma con toni più prudenti, forse segnati anche da una presenza fisica meno energica del solito. In terzo luogo, l’anima governativa di Giorgetti e Zaia, che guarda alla stabilità, al dialogo con le istituzioni e alla gestione delle Regioni chiave. Qui si gioca la partita delle candidature e della continuità amministrativa, soprattutto in Veneto e Lombardia.

Infine, l’anima “trumpiana” del generale Vannacci, che interpreta la domanda di radicalità, di rottura e di “valori forti”, in sintonia con una parte della base e con i nuovi alleati internazionali (Bardella, Vox, Fidesz, Bolsonaro jr.). 

Il tutto nella cornice tradizionale dell’evento, con quegli elementi anche di folclore popolare (qualche look “celtico”, vari stand con libri ma anche oggetti di artigianato, birre e salamelle a volontà, tantissime bandiere soprattutto con il Leone di San Marco) che rendono unica e a suo modo  decisamente “vibrante” la manifestazione leghista.

Il risultato? Non una mutazione genetica, ma una convivenza forzata e ancora instabile tra queste anime. Il raduno ha mostrato tensioni interne (malumori tra i colonnelli, qualche freddezza tra i governatori e i nuovi “duri”), ma anche la capacità della Lega di restare, almeno per ora, un contenitore plurale.

In definitiva, Pontida 2025 ci dice che la Lega è in cerca di una nuova sintesi. Non è più solo il partito del Nord, né solo quello del “Capitano”, né tantomeno una copia italiana del trumpismo. È un partito in transizione, che cerca di tenere insieme identità, governo e protesta. La vera sfida, nei prossimi mesi, sarà trasformare questa pluralità in una forza coesa, capace di parlare sia al Nord produttivo sia all’elettorato nazionale in cerca di rappresentanza.

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