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Politica

"Il mio obiettivo è tornare al governo a occuparmi di sicurezza. Ero un po' lontano ma ci tenevo ad essere presente questa sera a Martellago (Venezia) al raduno della Federazione Sindacale di Polizia, per dire grazie: aver fatto per 14 mesi il ministro della Polizia è stato il più grande onore che Dio e gli italiani mi potessero concedere. Ne sono fiero. E, dato che sono testardo, non mi fermo finché non potrò tornare al governo a occuparmi della sicurezza di questo Paese". Hanno suscitato non pochi interrogativi le parole pronunciate da Matteo Salvini a Martellago, Venezia.
 


In sostanza il leader del Carroccio lascia intendere in maniera abbastanza esplicita di non ambire a Palazzo Chigi, malgrado il nome del partito sia Lega Salvini Premier, bensì al ritorno alla guida del ministero dell'Interno. Anche tra i parlamentari leghisti le affermazioni del Capitano hanno fatto riflettere. La prima interpretazione che viene data, quella a dire il vero meno probabile, vede l'ipotesi Salvini presidente del Consiglio (ovviamente in caso di elezioni politiche e vittoria del Centrodestra) che si tiene anche la delega della sicurezza e della gestione dei flussi migratori. Un po' come ha fatto - ricorda un deputato lombardo del Carroccio - Giuseppe Conte nel precedente esecutivo con la deleghe agli Affari europei tenuta per molti mesi dopo il passaggio di Paolo Savona alla guida della Consob. Però un accentramento di poteri probabilmente difficile da accettare da parte del presidente della Repubblica.

E infatti la lettura più probabile che viene data delle parole di Salvini in Veneto è che il segretario voglia davvero tornare al Viminale anche nel caso di un governo di Centrodestra. Primo perché è il ruolo che gli si addice maggiormente - come spiega un senatore leghista -, e secondo perché per Palazzo Chigi la figura ideale sarebbe quella di un leghista più gradito all'establishment, ovvero Giancarlo Giorgetti. L'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha certamente un profilo più gradito sia al Quirinale sia Oltretevere, ma anche e soprattutto a Washington (GG è stato a lungo membro della delegazione parlamentare italiana alla NATO) e nelle cancellerie europee, Berlino e Parigi in testa.

Non solo, a differenza di Salvini che nel 2014 insieme a Claudio Borghi girava l'Italia con il BastaEuroTour, Giorgetti non ha mai fatto una dichiarazione a favore dell'uscita dell'Italia dall'Unione europea e dalla moneta unica e ha sempre avuto un profilo molto più moderato del Capitano sul rapporto con Bruxelles e le istituzioni finanziarie internazionali. E come dimenticare la storica amicizia tra il numero due di Via Bellerio e l'ex presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi, il cui numero di cellulare è tra i contatti di GG.

Giorgetti sarebbe certamente una figura più rassicurante per i cosiddetti poteri forti, italiani ed europei. E' vero che non sempre tra Salvini e il suo vice regni la piena sintonia, anzi in qualche occasione pare proprio che sia calato il gelo. Ma alla fine con questa ipotesi il Capitano potrebbe coronare il sogno di tornare al Viminale a occuparsi di sicurezza e fare, come ha detto, "il ministro della Polizia", lasciando la gestione diretta dei rapporti con i vari Macron, Merkel, von der Leyen e Trump a Giorgetti. Il tutto si potrebbe bilanciare con l'elezione di Draghi al Quirinale nel 2022 caldeggiata proprio dall'ex sottosegretario a Palazzo Chigi del Conte I e più volte non esclusa da Salvini con un diplomatico 'Why not?'.

Questo quadro però prevederebbe una sorta di riscrittura del Manuale Cencelli che solitamente in un governo di coalizione vieta che Palazzo Chigi e Viminale (dicastero indubbiamente più pesante) vadano allo stesso partito. Nella Lega ne sono ben consapevoli ma rispondono all'obbiezione in due modi: il primo obiettivo è quello di evitare che Giorgia Meloni si prenda il ministero dell'Interno, intestandosi così la lotta contro l'immigrazione clandestina e per garantire una maggiore sicurezza per i cittadini (temi storici della Lega); in secondo luogo valgono i rapporti di forza che - sondaggi alla mano - vedono attualmente il Carroccio al 33-35% e Fratelli d'Italia intorno al 10, con Forza Italia non pervenuta al 5-6%, giustificando così lo schema Giorgetti premier e Salvini ministro dell'Interno.

E comunque - spiega un senatore ex padano di lungo corso - ci sono anche tanti modi per compensare gli alleati: la Lega avrebbe pochissimi altri dicasteri e soprattutto Economia, Esteri, Difesa, Lavoro e Sviluppo Economico andrebbero a FdI e FI. Senza dimenticare il ruolo chiave di sottosegretario alla presidenza del Consiglio e la presidenza dei due rami del Parlamento. Nel Carroccio ci credono e l'ipotesi cresce avvalorata dalle parole di Salvini che rimpiange il Viminale e non aspira a Palazzo Chigi.

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