Pragmatico. Concreto. Preciso. Puntale. Il discorso del capogruppo alla Camera della Lega Riccardo Molinari, in occasione della fiducia al governo Draghi, non è stato da presidente dei deputati, ma da leader. Nato ad Alessandria il 29 luglio 1983 ed ex consigliere della regione Piemonte, Molinari ha scalato in fretta le gerarchie leghiste, fino a diventare oggi volto televiso e uno degli esponenti più ascoltati da Matteo Salvini. Il capogruppo del Carroccio, che non abbandona mai il suo sigaro, è un leghista diverso dagli altri, considerato un "compagno" dal Pd e "uno di sinistra" da Fratelli d'Italia.
Non alza mai i toni, entra sempre nel merito della questione con puntualità e competenza. Nel discorso sulla fiducia a Draghi ha toccato tutti i temi, dalla prescrizione ai vaccini, dal Recovery all'Europa. Con la svolta europeista e moderata di Salvini, in molti hanno pensato ai "vecchi" Luca Zaia o Giancarlo Giorgetti come futuri leader, in caso di cambio ai vertici di Via Bellerio. Ma in realtà in Parlamento è opinione diffusa, sia tra i leghisti sia negli altri partiti, che sarà proprio Molinari il nuovo segretario del Carroccio, sempre se e quando Salvini deciderà di fare un passo indietro.
Stimato nel Pd, dove qualcuno sussurra "magari fosse lui il leader così faremmo un'alleanza organica", temuto nel partito della Meloni, Molinari è per la base leghista il punto di contatto, il trade union tra l'ala ormai ex sovranista di Borghi e Bagnai (e fino a non molto tempo fa anche di Salvini) e quella europeista del neo ministro dello Sviluppo economico e del Governatore del Veneto. D'altronde Molinari, supertifoso della Sampdoria, sa che cosa significa lottare fino all'ultimo secondo. E' giovane e sa attendere, ma la strada verso la segreteria della Lega è tutta in discesa...
Politica
Commenti