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Politica
Legge elettorale proporzionale: cosa cambia. Diritto di tribuna, preferenze...

L'accordo tra Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e Italia Viva sulla riforma della legge elettorale si basa su tre capisaldi, tre linee guida contenute nel testo-cornice depositato dal presidente della Commissione Affari Costituzionali alla Camera Giuseppe Brescia. Al Parlamento e al dibattito tra le forze politiche vengono poi lasciati tutti i nodi ancora da sciogliere. I tre punti fermi sono: proporzionale, sbarramento al 5% e diritto di tribuna. Di fatto, spiegano dalla maggioranza, si tratta di un misto tra sistema spagnolo e sistema tedesco con circoscrizioni abbastanza grandi (la Lombardia potrebbe essere ripartita in tre aree: Milano e provincia, fascia Nord e fascia Sud della Regione).

Tra i nodi da dirimere in Parlamento c'è soprattutto quello delle preferenze, come esistono nelle elezioni europee. In linea di principio il Pd è favorevole, anche se esiste l'oggettivo problema della possibile infiltrazione della criminalità organizzata, soprattutto nel Mezzogiorno. I 5 Stelle per ora non si sono espressi, sebbene Luigi Di Maio e i suoi fedelissimi probabilmente preferirebbero le liste bloccate, per controllare maggiormente chi andrà alla Camera e al Senato, ed evitare così brutte sorprese a urne chiuse. Preferenze o liste bloccate, comunque, nelle circoscrizioni i candidati, per ogni singolo partito, non saranno più di 6 o 7, massimo 8. La soglia di sbarramento al 5% significa una piccola e implicita correzione maggioritaria nel senso che il calcolo dei seggi non verrà fatto sul 100% ma sulla somma delle forze politiche che hanno superato la soglia di ingresso. Ad esempio un partito che ottiene il 30% dei voti potrebbe avere una rappresentanza parlamentare pari a circa il 32% dei seggi.

C'è poi il diritto di tribuna, che nel dettaglio verrà precisato con il dibattito in Aula ma che in sostanza significa che, le formazioni politiche che non raggiungono il 5% a livello nazionale e che in una o più circoscrizioni riusciranno ad eleggere uno o più rappresentanti, otterranno uno o più seggi a Montecitorio o a Palazzo Madama. Anche in questo caso è possibile fare un esempio per spiegare bene di che cosa si tratta: se il Partito Comunista di Marco Rizzo dovesse fermarsi a livello nazionale al 2%, non avrebbe diritto a parlamentari, ma se in Toscana raggiungesse il 5% e in quella Regione avesse i numeri per eleggere un deputato o un senatore, il seggio gli verrebbe comunque attribuito. Un sistema simile a quello in vigore in Germania, dove i partiti che non superano la soglia nazionale del 5% ma che vincono anche un solo Bezirk (il cosiddetto mandato diretto) hanno comunque quel seggio (o più di uno) nel Bundestag. Il diritto di tribuna non riguarda però le minoranze linguistiche.

In Valle d'Aosta non cambia nulla e la Regione più piccola d'Italia resta un unico collegio uninominale dove di fatto a vincere è sempre l'Union Valdôtaine. In Alto Adige a Palazzo Madama non cambia nulla, anche perché vale l'accordo di Parigi che prevede la garanzie della rappresentanza delle minoranze linguistiche. Alla Camera, sempre per l'Alto Adige, la soglia regionale per accedere in Parlamento viene fissata al 15%. Aspetti tecnici a parte, comunque rilevanti, ci sono poi le conseguenze politiche. Non tutta Libera e Uguali si è schierata contro l'intesa tra M5S, Pd e Italia Viva. Ad esempio chi in LeU proviene dal Pd ha dato un sostanziale via libera, anche perché sulle orme di Laura Boldrini, il ritorno verso il Nazareno è praticamente certo. Ad opporsi sono stati i componenti di LeU che arrivano da Sinistra Italiana come Loredana De Petris, Nicola Fratoianni e Francesco Laforgia.

E' evidente che per Sinistra-Articolo 1-Liberi e Uguali la soglia del 5% è quasi irraggiungibile e quindi non resta che copiare quanto accaduto alle Europee del maggio 2019 e trovare ospitalità nelle liste del Pd. Così come i partiti minori del Centrodestra dovranno confluire in una delle tre maggiori forze politiche. Come potrebbe accadere ai nascenti Popolari di Lorenzo Cesa e Gianfranco Rotondi con Forza Italia e a Cambiamo! di Giovanni Toti con la Lega (clicca qui per ulteriori dettagli). Resta il fatto che con il proporzionale vengono meno le coalizioni, ognuno corre per sé e le alleanze si fanno solo dopo il voto in Parlamento. Ecco spiegata la crescente tensione tra la Lega e Fratelli d'Italia...

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