Legge finanziaria, Letta verso la fiducia
Di Tommaso Cinquemani
@Tommaso5mani

Tirato da una parte e dall'altra, il premier Enrico Letta è sull'orlo di una crisi di nervi. La coperta è corta, le cose da fare molte, e i partiti che lo sorreggono, con l'esclusione di Scelta Civica, non fanno altro che rilasciare dichiarazioni di fuoco contro l'esecutivo, i suoi componenti e i partiti avversari. Sull'Imu si è trovati un punto d'accordo, mentre sull'Iva è ancora tutto in alto mare, con il ministro Saccomanni che ha minacciato le dimissioni. Un gesto estremo per cercare di non finire ostaggio dei veti incrociati.
Il vero scoglio ora è l'approvazione della legge di stabilità. Il varo della finanziaria è da sempre il momento di massima tensione tra le forze politiche. Momento critico in situazioni di normalità (tutti ricordano l'assalto alla diligenza di Tremonti), in questa situazione può diventare una bomba che farà deflagrare il governo. Ecco allora spuntare una idea: tornare in Aula con un aut aut. Il premier Letta, secondo quanto è in grado di rivelare Affaritaliani.it, starebbe pensando di chiedere una nuova fiducia al Parlamento per affrontare con forza e maggiore stabilità lo scoglio della finanziaria e le successive riforme.
"Mi auguro che il Governo imponga un chiarimento politico ai tre partiti di maggioranza", chiede Francesco Boccia, lettiano doc. "Anche nel Pd c'è qualcuno che pensa di fare l'anima bella perché siamo in una fase congressuale". A rilanciare un momento di chiarimento è anche Alessia Mosca, fedelissima del premier, che ad Affaritaliani.it spiega: "Non so se Letta chiederà la fiducia, certo non è normale che in un Paese colpito da una crisi così drammatica, ogni giorno il governo è minacciato. Anche il miglior esecutivo in queste condizioni non può riuscire a fare nulla. La legge di stabilità sarà il banco di prova del governo".
Un programma, in verità, ci sarebbe. E i partiti lo hanno votato pochi mesi fa. "Ci sono alcune questioni che hanno bisogno di un minimo di tempo per essere realizzate", spiega Mosca. "Un tempo che noi abbiamo votato: 18 mesi, ma che non ci stanno dando. La responsabilità dei partiti deve essere quella di attenersi a ciò che è stato espresso 150 giorni fa. Abbiamo votato un programma, lasciamo che il governo lo assolva".
Se gli attacchi al premier arrivano soprattutto dal Pdl, anche i democratici non risparmiano bordate all'esecutivo. L'avvicinarsi del Congresso riscalda gli animi e nel mirino dei candidati alla segreteria finisce inevitabilmente l'esecutivo. "Se i candidati pensano di fare il congresso confondendo il paino interno con quello del governo sbagliano di grosso", spiega Mosca ad Affari. "Non fa bene all'Italia e al Pd". Un monito rivolto a tutti: Pippo Civati, Gianni Pittella, Gianni Cuperlo, ma soprattutto a Matteo Renzi. Il sindaco di Firenze è il vero 'uomo forte' di questo congresso. Ma il suo obiettivo non è la segreteria, quanto la premiership. 'Mors tua vita mea', direbbe qualcuno.