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Politica
"Lo sblocco dei cantieri? Un primo passo timido"

Semplificazioni? Le questioni più gravi purtroppo sono ancora tutte sul tavolo. Lo sblocco dei cantieri? Un timido primo passo pure quello: le opere ferme restano tantissime, ed altre ancora si incaglieranno se non si interviene con coraggio, efficacia e decisione.

Ha pochi dubbi, Antonio Lombardi, presidente nazionale di FederCepi Costruzioni (che rappresenta 10.200 PMI del settore Edile), sull’azione che il Governo sta svolgendo in questi ambiti. Bisogna fare di più. Più rapidamente, ma anche con più coraggio.

L'INTERVISTA

Presidente: si è detto da più parti che l’edilizia doveva rappresentare il fulcro della ripresa economica dopo il durissimo lockdown. L’epicentro della Fase 2. È stato così?
“Al momento purtroppo non sembra. L’Istat ha appena certificato, a maggio, una impennata della produzione, nel comparto delle costruzioni, del 168% rispetto ad aprile: ma è un dato che non deve fuorviare. Non basta neppure a compensare le perdite del lockdown. Siamo insomma ancora molto lontani dai binari di una vera ripartenza. Se ci fermiamo al dato di maggio, rispetto allo scorso anno il comparto registra una flessione delle attività nei cantieri del 16,8%. Altro che ripresa, quindi…”.

Cosa si poteva e doveva fare, di più e meglio? Il Governo è partito dallo sblocco delle opere ferme…
“Non ha senso parlare di sblocco delle opere incagliate se non si pone seriamente mano alle ragioni che ne hanno determinato il blocco. È un modus operandi inefficace, perché porta inevitabilmente alla riproposizione del problema di qui a qualche mese. E con cadenza costante e sistematica. È sulla causa che tocca intervenire, una volta per tutte, affinché le opere non si incaglino più”.

E qual è la causa del problema?
“La lentezza e la farraginosità della burocrazia. Per la realizzazione delle infrastrutture finanziate dalle politiche di coesione in Italia occorrono 15,7 anni per le grandi opere oltre i 100 milioni di euro. Un tempo enorme. Per lavori da 5 a 10 mln di euro occorrono 4 anni e 4 mesi. L’eccessiva burocrazia genera costi diretti e indiretti per le imprese. Con il Ponte Morandi, a Genova, abbiamo dimostrato che si può intervenire efficacemente per migliorare questo stato di cose. Tocca farlo, ma in maniera diffusa e organica, strutturale. Sappiamo bene che i ritardi si accumulano soprattutto nei tempi di attraversamento, nel passaggio da una fase all’altra dei lavori (progettazione preliminare, definitiva, esecutiva, affidamento ed esecuzione dei lavori) per i motivi più diversi: attese di finanziamenti, di decisioni o di pareri da parte di altri enti, di pronunciamenti dell’autorità giudiziaria, di incidenti di percorso, ecc. Ecco è su questo che tocca intervenire, presto e subito, riducendo le fasi, accelerando i tempi, evitando il blocco delle opere anche per un banale ricorso. È sulla burocrazia che bisogna intervenire, perché è questo il freno più grave che, mai più di ora, sta condizionando la ripresa”.

In che modo?
“Semplificando, accentrando competenze, digitalizzando, cancellando duplicazioni procedurali. L’eccessiva burocrazia oggi genera costi diretti e indiretti per le imprese. Risorse drenate al rilancio economico, agli investimenti e all’occupazione. Gli imprenditori sono costretti a rimanere impelagati spesso per settimane e mesi in pratiche burocratiche, permessi, tasse, autorizzazioni, mentre il paese affonda. Si stima che le pratiche burocratiche in Italia pesino per il 4% sul fatturato delle piccole imprese e per il 2,1% sul fatturato delle medie, per un costo complessivo di 32,6 miliardi l’anno. Si immagini una seria ed efficace sburocratizzazione quali e quanti investimenti possa sbloccare”.

Il Governo ha appena approvato un Decreto che si muove in questa direzione.
“Diciamo che il movimento di cui parla lei è ancora appena percettibile. Occorre più coraggio e, ripeto, un’azione efficace e strutturale. Una rivoluzione copernicana, perché oggi ogni idea rimane inevitabilmente impelagata nelle pastoie della farraginosità burocratica. Pensi ad esempio al Bonus per le ristrutturazioni del 110%. Un’ottima idea, una straordinaria opportunità. Ma allorquando si è delegato a decreti e circolari il compito di chiarire i passaggi più complessi, tutto si è bloccato, ed ancor oggi molti dei passaggi non sono chiari. Non si possono adottare provvedimenti legislativi che poi ne delegano la concreta attuazione e regolamentazione a 150 decreti. Così si favorisce il caos, e si vanifica il ruolo del legislatore, demandando tutto nelle mani dei funzionari. Un controsenso, un’assurdità. Del resto basta analizzare quanto è avvenuto con la riforma degli appalti: il Codice avrebbe dovuto semplificare e accelerare. Cosa è avvenuto, invece?”.

Cosa è avvenuto?
“Quello che avrebbe dovuto rappresentare uno strumento di semplificazione di una materia così vasta ed articolata, si è rivelato motivo di ulteriore incertezza e confusione. L’attesa degli innumerevoli Decreti correttivi ha bloccato il settore degli appalti pubblici per oltre un anno; per non parlare delle correzioni, delle modifiche e delle integrazioni. Dell’avviso di rettifica monstre con ben 167 correzioni. Ad oggi sono già intervenute oltre 500 modifiche in quasi tutti gli articoli; segno evidente che si è intervenuti male. Anzichè semplificare, com’era nelle intenzioni, si è complicato. Per di più perdendo, strada facendo, elementi fondamentali come la cancellazione dell’appalto integrato, la riduzione delle stazioni appaltanti, il ritorno dell’aggiudicazione con il prezzo più basso”

Tante critiche, quindi. Ma qualche proposta?
“FederCepi ha già presentato alla Presidenza del Consiglio, per il tramite del Sottosegretario Sen. Mario Turco, un articolato documento con tutte le indicazioni ritenute strategiche per il settore. Prevede tra le altre cose correzioni al Codice degli Appalti che prevedano una procedura di approvazione dei progetti mediante semplificazione delle Conferenze dei Servizi, senza quelle attese o quei rinvii per pareri; che ne hanno vanificato il senso e l’importanza strategica; una modifica dei sistemi di aggiudicazione degli appalti e riduzione dei tempi di gara. L’introduzione di un sistema di aggiudicazione che, onde evitare e penalizzare ribassi anomali, preveda il taglio automatico di tutte le offerte con ribasso superiore al 30%. La possibilità di appaltare il progetto definitivo, dotato di tutti i pareri e le autorizzazioni, evitando di attendere il progetto esecutivo, che può essere realizzato in corso d’opera: ciò favorirebbe anche l’appalto integrato con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa. La liberalizzazione del subappalto così come previsto dalla sentenza CGUE C63/2019. Ed infine modifiche allo split payment, eliminando l’IVA sugli acquisti e sulle vendite relativi a contratti di lavori, servizi e forniture”.

In questo contesto, qual è il ruolo che può svolgere una nuova Associazione?
“FederCepi Costruzioni ha ormai tutte le carte in regola per non essere più considerata una nuova associazione. La nostra confederazione, la CEPI, rappresenta oltre 32.000 imprese. La Federcepicostruzioni rappresenta 10.200 PMI del settore edile. Più che nuova, quindi, innovativa: anche in termini di servizi offerti. Guardiamo infatti alle Pmi, al nerbo vitale della nostra economia, offrendo non solo mera rappresentanza, ma azioni di supporto vero per le difficoltà quotidiane, promuovendo anche sinergie e partnership che aiutino i più piccoli a crescere, anche in nuovi mercati e nuovi contesti. Il mondo è cambiato, non si può più rappresentare ancora le aziende come si faceva vent’anni fa. E poi ricordi che il settore delle costruzioni è l’unico in grado di rimettere velocemente in moto l’economia del Paese nel suo complesso, generando per ogni mln di euro investito, sul sistema economico, una ricaduta positiva di 3,3 mln di euro, distribuiti tra settore delle costruzioni, settori collegati e settori attivati dalla spesa”.

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