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Politica
Caos M5S, firme false: otto indagati
Beppe Grillo si affaccia verso l’Aula dagli spalti di Montecitorio

"Chiediamo a tutti gli indagati nell'inchiesta di Palermo di sospendersi immediatamente dal MoVimento 5 Stelle non appena verranno a conoscenza dell'indagine nei loro confronti a tutela dell'immagine del Movimento e di tutti i suoi iscritti".  E' quanto chiede il blog di Beppe Grillo in un post scriptum appena pubblicato. "L'avvenuta sospensione - viene chiarito sul blog - deve essere comunicata attraverso una mail all'indirizzo listeciviche@movimento5stelle.it". Nel pomeriggio il primo effetto concreto: la deputata regionale Claudia La Rocca, che ha collaborato con i pm autoaccusandosi di avere copiato le firme, si è autosospesa.

Ormai è a una svolta il caso delle firme false del movimento 5 stelle. Bocche cucite in Procura ma che ci siano diversi indagati, fra parlamentari e attivisti, è ormai un fatto certo. Così come è un fatto certo che gli stessi indagati saranno interrogatì la prossima settimana, probabilmente da lunedì, alla presenza degli avvocati. Non trova conferma a palazzo di giustizia il numero: seconda una ricostruzione potrebbero essere otto. In realtà la cifra potrebbe anche essere superiore. E Matteo Renzi va all'attacco: "Pensate a quelli che volevano scardinare tutto e ora - dice il premier - sono a difendere le firme false. Gridavano 'onestà, onestà' e ora hanno cambiato due lettere: omertà, omertà'".
 
L'accusa nei confronti degli indagati a 5 stelle è quella di falso, ovvero di violazione del testo unico 570 del 1960, per la vicenda delle sottoscrizioni fasulle a sostegno della lista presentata nel 2012 alle elezioni comunali di Palermo. L'inchiesta è in mano a un pool coordinato dall'aggiunto Dino Petralia e dal pm Claudia Ferrari, che si avvalgono delle indagini svolte dalla Digos. E' stato l'incrocio delle dichiarazioni dei tre testimoni poi divenuti indagati - la deputata regionale Claudia La Rocca, che ha ampiamente collaborato, e due attivisti, che hanno fatto una serie di ammissioni - con quelle del superteste Vincenzo Pintagro e con il disconoscimento delle firme da parte di coloro che avevano appoggiato la lista, a far compiere alla Procura un passo avanti decisivo. E a indurre i magistrati a sentire le versioni di coloro che materialmente avrebbero coordinato le operazioni di ricopiatura, la notte del 3 aprile 2012, dopo che gli attivisti grillini si erano resi conto dell'errore materiale su un luogo di nascita di un candidato.

Nel timore che tutto si perdesse e che la lista fosse respinta dal Tribunale, competente a vagliare la regolarità formale degli atti, fu decisa la sostanziale falsificazione delle firme, cosa ammessa da numerosi dei presenti. Chi indaga, visto che la lista non ottenne nemmeno un consigliere comunale, ipotizza però che una serie di persone si sarebbero giovate comunque dei falsi, perchè la candidatura alle elezioni comunali, secondo le regole dettate dal leader e garante politico del Movimento, Beppe Grillo, consentiva di candidarsi successivamente alle elezioni regionali e politiche, in cui il sistema elettorale ha consentito a una serie di militanti di diventare deputati e senatori.

La Rocca ha chiamato in causa chi avrebbe copiato assieme a lei: fra gli altri, Claudia Mannino, Samantha Busalacchi (accusati da Pintagra) e  Loredana Lupo. La La Rocca ha detto che il candidato sindaco di Palermo, Riccardo Nuti, sapeva. Dalla sua e dalle altre audizioni sono venuti fuori pure, come presenti o più o meno partecipi e consapevoli, fra gli altri, i nomi di Giulia Di Vita e Chiara Di Benedetto. Tutti, a parte la Busalacchi, sono stati eletti nel Parlamento nazionale. La consapevolezza e l' "uso" degli atti falsificati possono giustificare la contestazione del reato. Intanto è giallo sul fatto che Grillo fosse stato o meno informato delle intenzioni della La Rocca di parlare con gli inquirenti: secondo fonti dirette, la parlamentare dell'Assemblea regionale siciliana ha telefonato al leader prima di andare dai pm. Il fondatore dei 5 Stelle ha negato però la circostanza.

Tra i candidati al Comune di Palermo e che poi, proprio grazie a questa candidatura, fu inserita come gli altri nella lista presentata nel 2013 alla Camera, c' era anche Azzurra Cancelleri, sorella del leader siciliano Giancarlo Cancelleri. La donna fu poi eletta alla Camera, nel 2013. Al leader siciliano del M5S, vicino a Luigi Di Maio, mercoledì sentito come testimone in Procura, è stato chiesto se la sorella fosse a Palermo, nei convulsi giorni della presentazione della lista e della ricopiatura delle firme. E lui ha risposto di no: "Noi viviamo a Caltanissetta". Ma questa vicenda, ora, rischia di ostacolare - e non poco - il cammino del movimento verso le Comunali di Palermo dell'anno prossimo (le selezioni on line dei candidati sono congelate da due mesi) e verso le Regionali: fra i candidati governatori più accreditati, per M5S, c'è proprio Giancarlo Cancelleri, che fu in corsa per Palazzo d'Orleans già nel 2012.

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